A rischio di intrallazzarsi malamente con alcuni degli stereotipi comici più banali e triti di sempre– la cui responsabilità non è da attribuire interamente al mondo della comicità, in quanto sono stati divulgati e resi accettabili dall’industria dell’intrattenimento nella sua interezza –, questa settimana presentiamo uno degli speciali di stand-up caricati più di recente da Netflix: Sweet & Juicy di Sheng Wang, comico 42enne americano di origini taiwanesi, non esattamente di primo pelo ma all’esordio con uno speciale tutto suo.

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Sheng Wang

Lo stereotipo banale e trito con cui c’è il rischio di intrallazzarsi di cui sopra è anche uno dei preferiti dagli americani, lassù con le donne bianche che chiedono sempre di parlare con un responsabile, i neri che mangiano solo pollo fritto e non sanno nuotare, gli uomini pallidi che non sono in grado di ballare nemmeno se ne andasse della loro vita. In America, le persone di origine asiatica sono automaticamente stereotipate come computer umani, etnicamente (?!) superiori nell’apprendimento delle scienze matematiche e più in generale delle specie di androidi inespressivi guidati esclusivamente dalla logica. Tutto questo in uno scenario culturale dove a cercare bene – il Signor Sulu di Star Trek interpretato da George Takei, tanto per dire – non era nemmeno così difficile trovare rappresentazioni meno macchiettistiche di così. Eppure si sa, gli stereotipi attecchiscono facile e vendono bene. Ci si possono fare le magliette e le tazze, con gli stereotipi.

Ma perché parlare di Sheng Wang rischierebbe di farci intrallazzare con quelle banalità qui? Alla fine i primi due spezzoni del suo speciale scherzano su Costco (giganorme catena di ipermercati all’ingrosso) e sulla classifica delle migliori barrette di cioccolato in circolazione; difficile pensare a qualcosa di più americano, a meno di non coinvolgere una sparatoria o una forma più o meno grave di diabete. Wang è indiscutibilmente statunitense, è cresciuto a Houston – ci tiene a far presente di aver frequentato lo stesso liceo di Beyoncé – e ha avuto il suo primo successo professionale come sceneggiatore di Fresh Off the Boat, sitcom fatta apposta per raccontare l’esperienza degli immigrati di seconda generazione agli americani progressisti, utilizzando un linguaggio che questi ultimi possano facilmente comprendere.

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Sheng Wang

Sheng Wang è un americano super umile (per quello ha la gobba da tutta la vita), che gioca molto con un’autoironia asciutta in cui tenta di fare lo smargiasso, atteggiamento che non c’azzecca molto con la sua fisicità e il suo tono di voce monocorde, baritonale e soffuso, quasi mellifluo. Ma è anche una mitraglia di battute assurde più o meno collegate fra loro, e che non si possono del tutto ascrivere al genere del non sequitur o del nonsense. A un certo punto si esibisce, sempre con la stessa calma dei giusti che forse non abbandonerebbe nemmeno in caso di incendio, in una filologia semantica dell’anulare, il dito soft per eccellenza che non serve né per scaccolarsi, né per indicare, né per mandare a quel paese, ma solo per fare una promessa di matrimonio e per mettere la cremina sugli occhi.

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Sheng Wang

Niente di insensato, insomma. Le sue sono, non più semplicemente né banalmente rispetto ai non sequitur, conclusioni inaspettate – statisticamente improbabili, diciamo così – e punchline creative in risposta a premesse generiche. Come quando racconta della fidanzata che si sottopone a una mammografia e senza volerlo reagisce a colpi di flatulenza – a scanso di equivoci, è una battuta scritta con grande grazia e quasi con gentilezza. Il punto forte della sua comicità è la delivery, il modo in cui consegna la battuta, il tono di voce pacato, la postura, l’espressione imperturbabile. Tutto il suo stand-up è così. Parte da premesse di banale osservazione (gli affitti di New York sono molto alti e soprattutto vengono aumentati a ogni rinnovo del contratto) e raggiunge conclusioni che, come detto, non sono particolarmente nonsense; ma sicuramente sono peculiari («Ho la sensazione di dover rendere orgoglioso il mio padrone di casa di New York, dal momento che ogni anno devo guadagnare il 10% in più per permettermi il suo affitto. Non sto più facendo carriera per far felici i miei genitori, ma per rendere orgoglioso il proprietario di casa mia e per potergli permettere di comprare un altro appartamento». O quando scopre che il suo ingaggio per una serata vale meno del biglietto del treno che lo porta da New York a Boston: «Cacchio. Forse dovrei fare il treno. Sicuramente mio nipote sarebbe più felice di vedermi, sarei lo zio preferito per almeno un anno».).

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Sheng Wang

E sempre a proposito di un altro bambino: «Zio, il tuo alito sa di volatili». «E adesso sono consapevole che il mio alito potrebbe essere talmente puzzolente da aver costretto il mio figlioccio a imparare a usare le metafore». Ecco cos’è Sheng Wang, ed ecco perché parlare della sua comicità rischia di essere scivoloso. Wang è un comico analitico. Osserva una situazione, la analizza quasi scientificamente e poi ne estrapola le conseguenze, a suo modo di vedere, più strane o buffe, pur rimanendo logicamente collegate alla premessa e senza mai sforare (troppo) nel nonsense. Come quando dice di essere una persona a cui non piacciono le energie negative, e per questo non si arrabbia mai. L’ultima volta che si è arrabbiato era in una stanza d’albergo e per sfogarsi ha scagliato un paio di tappi per le orecchie da una parte all’altra della camera. «Se avete una minima conoscenza della rabbia, o delle leggi della fisica, sapete che scagliare della gommapiuma non dà alcuna soddisfazione. Non sfoghi nessuna tensione. Stai solo confermando a te stesso che sei arrabbiato, e che al momento sei molto stupido».

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per FilmTv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.