Un inverno in Corea, film diretto da Koya Kamura, è un adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Elisa Shua Dusapin. Ambientato nella città costiera di Sokcho, in Corea del Sud, durante la stagione invernale, mette al centro una giovane donna, Soo-Ha, e l’arrivo di un disegnatore di fumetti francese, Yan Kerrand. In uno scenario sospeso, segnato dal freddo e dalla lentezza, la narrazione si concentra sulle dinamiche silenziose che si instaurano tra i due personaggi e sull’impatto che questo incontro ha sull’equilibrio personale della protagonista.
Soo-Ha ha ventitré anni e lavora in una pensione. Vive tra la routine quotidiana, le visite a sua madre – una pescivendola – e la relazione con il fidanzato Jun-oh. L’arrivo di Kerrand nella pensione introduce un elemento di discontinuità. Attraverso un rapporto fatto di distanza e osservazione reciproca, la presenza dell’uomo sembra aprire nella giovane interrogativi più profondi su sé stessa e sul proprio passato familiare.
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Tra due rive
Soo-Ha, interpretata nel film Un inverno in Corea da Bella Kim, è un personaggio segnato da un’identità mista: madre coreana, padre francese mai conosciuto. Questo vuoto nella genealogia paterna si riflette nel modo in cui percepisce sé stessa, il proprio aspetto fisico e il posto che occupa nella società che la circonda. La tensione tra ciò che è visibile all’esterno e ciò che resta indefinito all’interno attraversa il suo modo di abitare il mondo.
Yan Kerrand, interpretato da Roschdy Zem, è un autore di fumetti in viaggio. La sua presenza non è invasiva, ma lascia tracce: è attraverso i suoi silenzi, i suoi gesti e il suo sguardo che si attivano nuovi processi riflessivi nella protagonista. Il loro rapporto non evolve in una direzione univoca, ma resta uno spazio di osservazione e confronto.
Attorno a loro si muovono altri personaggi. La madre di Soo-Ha (Mi-Hyeon Park) è legata a un sistema di valori tradizionali, e il suo silenzio sul passato familiare contribuisce all’opacità che circonda la figura paterna. Jun-oh (Doyu Gong), il fidanzato, appare come un riferimento stabile nella quotidianità di Soo-Ha, ma anche espressione di un modello sociale ben definito. La zia, interpretata da Kyung-Soon Jung, e altri personaggi secondari completano il quadro relazionale della protagonista, offrendo spunti di lettura sulle dinamiche familiari e sociali.
Il corpo, la norma e l’invisibile
Il tema dell’identità passa anche attraverso il corpo. In un contesto come quello sudcoreano, dove l’estetica è fortemente normata, l’aspetto fisico di Soo-Ha diventa elemento di esposizione e conflitto. I suoi tratti, non pienamente riconosciuti come “coreani”, generano insicurezze e fanno emergere dinamiche interiori legate al senso di appartenenza.
Il film Un inverno in Corea affronta anche la questione della chirurgia estetica, diffusa nella società sudcoreana, e il suo impatto sul modo in cui i personaggi si relazionano al proprio corpo. Nel caso di Soo-Ha, il controllo passa attraverso l’alimentazione: non come scelta estetica consapevole, ma come forma di controllo personale in un contesto che impone modelli rigidi. Questa tensione si manifesta anche in forme visive specifiche, con sequenze animate che rappresentano stati emotivi difficilmente esprimibili attraverso il linguaggio verbale.

Cibo, linguaggio e appartenenze opache
Un altro elemento centrale nella narrazione è il cibo. La cucina, trasmessa dalla madre a Soo-Ha, è al tempo stesso attività quotidiana e modalità di espressione. Attraverso il gesto del cucinare, si mantengono vive connessioni affettive e culturali. In una Sokcho invernale, apparentemente immobile, la preparazione dei pasti assume un significato ulteriore: spazio di continuità e protezione, ma anche potenziale atto di affermazione.
Il film Un inverno in Corea pone attenzione anche al linguaggio e ai suoi limiti. Soo-Ha non parla il francese del padre. Kerrand si muove in un ambiente linguistico che non gli è familiare. I silenzi, le incomprensioni e i tentativi di comunicare oltre le barriere linguistiche diventano parte della dinamica relazionale tra i due protagonisti. In questa difficoltà comunicativa si riflettono anche le ambiguità identitarie: ciò che non può essere detto resta sospeso, ma continua ad agire.
Le domande che restano
Un inverno in Corea si concentra su percorsi di definizione personale in un contesto segnato da assenze, silenzi e tensioni culturali. Al centro c’è una giovane donna che attraversa un momento di sospensione e trasformazione, osservata da chi le sta accanto ma anche da sé stessa. L’incontro con l’altro non porta a una risoluzione, ma apre una frattura da cui emergono interrogativi profondi.
Il regista Koya Kamura, che condivide con la protagonista un’origine mista – francese e giapponese – trasmette nel progetto elementi della propria esperienza personale. L’ambientazione invernale e le atmosfere trattenute contribuiscono a delineare uno spazio narrativo in cui l’identità si costruisce non per accumulo, ma attraverso ciò che manca, ciò che sfugge, ciò che non si dice.
Disclaimer
Questo testo è stato redatto sulla base di informazioni e note di regia condivise dalla produzione, supportate dalla visione di interviste e materiali promozionali, ma senza avere visto il film. In alcun modo, quindi, questa presentazione di Un inverno in Corea può essere intesa come una recensione o una critica cinematografica.
Filmografia
Un inverno in Corea
Drammatico - Francia 2024 - durata 104’
Titolo originale: Hiver à Sokcho
Regia: Koya Kamura
Con Roschdy Zem, Bella Kim
Al cinema: Uscita in Italia il 11/12/2025


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