Cosa accade quando una figura rassicurante, quasi invisibile, si insinua nella vita di una famiglia e lentamente ne prende il controllo, agendo nell’ombra, manipolando, separando e distruggendo, è ilo il cuore pulsante di Malice, serie in sei episodi disponibile dal 14 novembre su Prime Video che segna un punto di svolta nella carriera di Jack Whitehall. Famoso per la sua vena comica e il suo volto sempre pronto allo sketch, qui l’attore britannico ribalta ogni aspettativa e dà vita a un personaggio spiazzante: Adam Healey, un “manny” colto, affascinante e… profondamente disturbato.


Girata tra le atmosfere da cartolina dell’isola di Paros e gli interni ovattati delle case altoborghesi londinesi, Malice costruisce un racconto psicologico teso e disturbante. Il fulcro non è solo la vendetta personale, ma anche la maschera sociale, l’ambiguità delle relazioni, e la vulnerabilità delle famiglie contemporanee.

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David Duchovny e Jack Whitehall nella serie Prime Video 'Malice'.

L’intruso perfetto

Nella serie Prime Video Malice, Adam Healey entra in scena con la precisione di un predatore calcolatore. È assunto come tutor per i figli di Jules e Damien, una coppia ospite nella villa estiva dei Tanner, una potente e facoltosa famiglia guidata dal patriarca Jamie. Da subito, Adam si presenta come l’uomo ideale: colto, gentile, capace di cucinare, ballare il sirtaki, preparare cocktail e raccontare mitologia greca ai bambini. La sua versatilità, però, non è un semplice tratto caratteriale: è uno strumento. Ogni talento è un uncino per conquistare fiducia e spazio.


Quando la tata australiana dei Tanner si ammala gravemente, Adam coglie l’occasione e si inserisce nella loro vita londinese. È qui che l’uomo comincia a mostrare la sua vera natura: non più un aiutante disponibile, ma un manipolatore freddo e strategico. Divide la coppia, mina le certezze, si muove silenzioso, pronto a colpire. Il motivo? Una vendetta personale che verrà svelata solo nel corso della serie, lasciando spazio a una domanda angosciante: quanto conosciamo davvero chi entra nelle nostre case?

Il volto nuovo dell’ambiguità

Il punto di forza della serie Prime Video Malice è Adam stesso. Whitehall lo costruisce come un ossimoro vivente: affabile ma inquietante, capace ma pericoloso, sempre presente ma mai davvero “visto”. Il suo fascino non è da latin lover, bensì da uomo qualunque con una risposta pronta, un sorriso disarmante, e una pazienza infinita.


Ma dietro quella calma si cela una rabbia glaciale e organizzata. La performance di Whitehall funziona proprio perché gioca sul contrasto: ci si fida di lui proprio perché non si comporta mai da villain esplicito. È l’uomo che tutti accoglierebbero in casa e questo rende il tutto ancora più disturbante.

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Il cast della serie Prime Video 'Malice'.

Famiglie brillanti, fondamenta fragili

I Tanner rappresentano la facciata perfetta della famiglia privilegiata: Jamie (David Duchovny) è un imprenditore potente, sicuro di sé, ma incline alla sopraffazione. Nat (Carice van Houten), sua moglie, è elegante e affettuosa, madre devota ma forse troppo accomodante. A loro si aggiungono Jules (Christine Adams), vecchia amica di Nat e datrice di lavoro di Adam, e Damien (Raza Jaffrey), marito remissivo e disinteressato alla carriera.


Questi personaggi non sono semplici comparse: sono ingranaggi di un sistema che Adam sfrutta e avvelena. La serie Prime Video Malice suggerisce che ogni famiglia, per quanto solida, ha crepe invisibili. Basta la persona giusta o sbagliata per farle crollare.

Quando il pericolo è già dentro casa

La serie Prime Video Malice si inserisce nella tradizione dei thriller psicologici che ruotano attorno all’“altro” che diventa parte del quotidiano. Ma qui la tensione non nasce da eventi spettacolari o crimini eclatanti, bensì dalla progressiva manipolazione emotiva. La serie esplora il bisogno umano di fidarsi, soprattutto quando si tratta dei figli, e il rischio che comporta affidarsi a chi si presenta come risolutore.

Adam è lo specchio deformante di una società che esternalizza tutto, anche l’affetto o la curam e finisce per perdere il controllo su ciò che ha di più prezioso.


Il racconto è anche un’indagine su come la vendetta possa mascherarsi da premura, e su come il dolore passato, se lasciato fermentare, possa trasformarsi in veleno. L’ossessione di Adam non è cieca: è lucida, chirurgica, mirata a smantellare l’identità di chi lo ha (forse) ferito. E quando la verità si avvicina, è già troppo tardi.

Un monito per tutti

Malice non è solo un esperimento riuscito per Jack Whitehall, ma anche un esempio di come il thriller psicologico possa ancora dire qualcosa di nuovo. La serie non punta sull’effetto shock fine a sé stesso, ma costruisce lentamente una tensione fatta di parole, silenzi, gesti. È la dimostrazione che il vero pericolo, spesso, non viene da fuori ma dall’interno. Dalla fiducia mal riposta. Dalla convinzione che chi ci sorride non possa farci del male.


In un’epoca in cui ci si affida con leggerezza a babysitter, badanti e collaboratori domestici, Malice arriva come un monito sottile ma potente: anche le vite più blindate possono essere violate, se chi entra sa come restare invisibile.

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Redazione

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