Nell’affollato panorama del cinema horror britannico, il film I Play Mother – Il gioco del male si ritaglia un posto speciale. Diretto da Brad Watson e scritto da Libby Adam a partire da un soggetto di Ben Charles Edwards, non si accontenta di spaventare: scava, a fondo, nella psiche, nei traumi e nelle crepe microscopiche che possono frantumare un’idea tanto idealizzata quanto fragile come il diventare genitori. Al cinema dal 10 luglio con Adler Entertainment.

Erin Ainsworth
I Play Mother - Il gioco del male (2024) Erin Ainsworth

Il volto oscuro dell’adozione

Al centro del film I Play Mother – Il gioco del male ci sono Michelle (interpretata da Susanne Wuest) e Cyrus (Shubham Saraf), una coppia che ha attraversato un vero e proprio calvario burocratico e psicologico per essere ammessa al programma di adozione. Due anni di ispezioni, giudizi e attese li conducono finalmente all’incontro con due fratellini rimasti orfani dopo la morte della madre biologica. Ma quello che inizia come un nuovo inizio si trasforma presto in una discesa nell’incubo.


Quando il più piccolo dei due bambini crea una “finta mamma” (un manichino assemblato con oggetti trovati in soffitta) qualcosa si spezza nell’equilibrio già precario della nuova famiglia. La presenza inquietante del pupazzo, lo sguardo vigile dell’assistente sociale, e una serie di eventi inspiegabili mettono alla prova la stabilità mentale di Cyrus e Michelle. La tensione sale quando compaiono lividi misteriosi sui bambini, e il sospetto che la morte della madre biologica non sia stata del tutto naturale getta un’ombra definitiva su ogni cosa.

Anime in frantumi

Nel filmI Play Mother – Il gioco del male, Michelle è una figura profondamente ambivalente: determinata, ma consumata da un senso di inadeguatezza. Susanne Wuest la interpreta con una grazia inquieta, capace di passare dal calore materno al gelo dell’alienazione in un respiro.


Cyrus, invece, è il personaggio che forse subisce il cambiamento più radicale. La sua caduta nella paranoia e nel dubbio è raccontata con una delicatezza tragica. La performance di Saraf è centrata su piccoli gesti, su silenzi, su sguardi che raccontano molto più delle parole.


I bambini, pur rimanendo in gran parte avvolti dal mistero, non sono mai semplici pedine narrative. La loro sofferenza, la loro ambiguità, sono il vero cuore perturbante della storia.

scena
I Play Mother - Il gioco del male (2024) scena

L’orrore tra le mura domestiche

Al centro del film I Play Mother – Il gioco del male c’è un’esplorazione inquieta della genitorialità, concepita non come traguardo rassicurante, ma come un terreno impervio e minato. Il film induce a riflettere sulla paranoia che accompagna la responsabilità di crescere dei figli: quel timore costante di non essere all’altezza, di combinare guai irreparabili, trasforma la casa solitamente simbolo di sicurezza in una prigione mentale.


Il tentativo del bambino di ricostruire una madre fittizia parla di una sofferenza che non trova pace, un lutto che diventa ossessione, capace di risvegliare fratture su cui la coppia costruita faticosamente non poggia saldamente.


Ma l’orrore non è solo nei muri, è dentro i personaggi stessi: i traumi che hanno spinto Michelle e Cyrus ad adottare non vengono cancellati con un timbro ufficiale, restano vivi, sottili come fenditure, pronte a trasformarsi in crepe che mettono a rischio il legame con i figli. E mentre l’assistente sociale osserva e giudica dall’esterno, lo spettatore percepisce che nulla in quella casa è veramente sotto controllo. Quella famiglia appare perfetta agli occhi della società, ma si rivela un equilibrio precario che richiede sacrifici, silenzi e compromessi.


L’ossessione per il ruolo di genitori, l’amore che si mescola a una sorta di lotta per il possesso, il confine sfumato tra protezione e possesso: I Play Mother – Il gioco del male solleva tutte queste domande, svela le contraddizioni di un sentimento mitizzato e mostra come, talvolta, l’istinto di cura può trasformarsi in un atto di autodifesa disperata.

Silenzi, ombre e una colonna sonora straziante

La regia di Watson non indulge in jump scare facili. Preferisce costruire tensione con dettagli apparentemente insignificanti: un’ombra che si muove, un rumore fuori posto, una stanza che cambia leggermente da una scena all’altra. Il lavoro del direttore della fotografia Dennis Madden si muove tra luci soffuse e palette fredde, mentre la colonna sonora di Adam Langston agisce come un personaggio a se stante.


Il culmine è raggiunto nella cosiddetta “scena dell’impiccato”: una decorazione natalizia interrotta da un gioco infantile che sfocia nell’orrore, accompagnato da una partitura che intreccia carillon natalizi e tensione crescente. Una doppia partitura, quella della festa e quella dell’incubo, che esplode in un climax emotivamente devastante.

Oltre il genere

I Play Mother – Il gioco del male non è solo un film horror. È un’indagine brutale e necessaria su cosa significhi prendersi cura, accogliere, e cosa si è disposti a sacrificare per avere una “famiglia”. Come suggerisce Ben Charles Edwards, il film si chiede senza mezzi termini: fin dove ci si può spingere pur di diventare genitori?


È un film che osa toccare tabù: l’inadeguatezza materna, l’ambiguità dell’amore paterno, la violenza possibile in chi vuole solo “fare del bene”. Libby Adam firma una sceneggiatura tagliente, in cui ogni dialogo è carico di sottotesti, e ogni scena è una mina emotiva.


I Play Mother – Il gioco del male
 non è per tutti. Ma è proprio questo il suo valore. È cinema che non consola, ma mette in discussione. Che trasforma il calore domestico in un luogo di pericolo e che fa del manichino più innocuo il totem di una verità scomoda: l’istinto materno non è automatico, la famiglia non è un rifugio, e, a volte, quando i fantasmi del passato si siedono a tavola, l’amore può diventare un atto di sopravvivenza.


Guardatelo se siete pronti a non dormire: non per paura dei mostri, ma per paura di voi stessi.

Filmografia

locandina I Play Mother - Il gioco del male

I Play Mother - Il gioco del male

Horror - Regno Unito 2024 - durata 108’

Titolo originale: I'll Play Mother

Regia: Brad Watson

Con Jo Martin, Megan Lockhurst, Shubham Saraf, Susanne Wuest, Jax James, Erin Ainsworth

Al cinema: Uscita in Italia il 10/07/2025