«Quando salite sul palco dovete ricordarvi che fate schifo» dice l’unicorno Maurizio mentre insegna le regole della stand-up a un gruppo di comici poco ispirati, incaricati di riportare in auge Il Baracchino, vecchio tempio della comicità ora bettola dai drink annacquati condannata al fallimento. Come diceva Beckett, «non c’è niente di più comico dell’infelicità» e Prime Video lo sa bene. Perché dopo la caduta dei generalisti e antologici Zelig e Colorado non si è limitata a farsi oasi, garante e amministratrice di un’intera generazione comica, ma un territorio in cui il gag sembra dialogare sempre più spesso con il triste disagio della “vita vera” dell’umorista (Sconfort Zone, Pesci piccoli – Un’agenzia. Molte idee. Poco budget, Sono Lillo).

Ecco, la serie animata d’esordio del giovane duo palermitano formato da Nicolò Cuccì e Salvo Di Paola (anche doppiatore), in arte Megadrago, ha come protagonista un’assemblea di fantasmi da palcoscenico, bestiario comico in disuso che ricorda tanto quello di Kamikazen - Ultima notte a Milano di Gabriele Salvatores, doppiato da un cast che, integrando un po’ di “Prime Cinematic Universe” (Lillo, Matano), un po’ di dramedy odierna (Fogliati, Sermonti), tanta stand-up su social, televisione e podcast (Giraud, Ferrario, Tinti, Ravenna e Rapone) e tanti topic caldi (“non si può più dire nulla”, i pericoli del cringe, la comicità svenduta alla tv), diventa un osservatorio sulla comicità di oggi e domani.

Nel pitch, invece, ci sono formule e influenze debitrici dei culti: non solo la “melan-comedy” urbana alla Zerocalcare e lo sguardo alla vita privata fuori dal palco di La fantastica signora Maisel e Hacks, ma anche i confessionali mockumentary e l’ambientazione fissa come in The Office e quella disillusione ironica verso la finzione che è tipica di chi è cresciuto con Boris (nella serie, Sermonti è una sorta di Stanis pennuto e spiritato). Una ricchezza corale ed esuberante di riferimenti, toni, repertori e performance che a volte rischia di scambiare il ritmo per un diktat, concedendo poco respiro alla rotondità non solo umoristica dei caratteri, alle cupezze delle loro backstory, ma che che ben si traduce nella complessità caotica dall’animazione in bianco e nero che mixa stop motion, disegni, pupazzi.

Le figure sono realizzate con tecniche diverse, integrate nella medesima immagine attraverso il software Blender (lo stesso utilizzato in Flow - Un mondo da salvare). Come in BoJack Horseman (altra parabola animata sul declino di un perfomer), i personaggi appartengono a specie differenti di umani e animali, ma anche di ciambelle, scheletri, spettri, meme. Ognuno ha la sua figura, il suo stile, la sua estetica, la sua texture, la sua voce riconoscibile, addirittura la sua tecnica d’animazione; ognuno, come nella stand-up, scrive la sua personalissima autofiction. Ecco perché, pur divertente, Il Baracchino ha il merito di riuscire a tradurre in immagine ciò che la scrittura spesso copre con gag incalzanti: non tanto l’infelicità del comico di cui parlava Beckett, quanto la sua tragicomica solitudine. Promettente.
La serie tv
Il Baracchino
Animazione - Italia 2025 - durata 17’
Titolo originale: Il Baracchino
Con Pilar Fogliati, Pasquale Petrolo, Stefano Rapone, Edoardo Ferrario, Luca Ravenna, Daniele Tinti
in streaming: su Prime Video
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