Da discorso socioculturale a merce il passo è breve. Anche per la mascolinità tossica. Soprattutto su Netflix, terra promessa di inclusività e gender balance, che, però, contemporaneamente, da un lato, esibisce l’über-masculo dal ceffone facile Michele Morrone di 365 giorni e, dall’altro, lo stalker più amato dalle donne di You, con in mezzo il torbido acquitrino di novelas del mondo latino iper sessualizzate ma con la foglia di fico dello spicy per signore. Lì in mezzo, Machos Alfa, serie spagnola all’origine di Maschi veri, ci stava a meraviglia, abile a mettere sulla graticola i cascami del patriarcato incarnati da quattro amici di oggi incapaci di liberarsene davvero, nonostante frequentino un corso di decostruzione della mascolinità, ma insieme a prendere per i fondelli pure gli eccessi del politicamente corretto e della cultura woke.

Questa sottile ambiguità latita nella versione italiana prodotta da Groenlandia che, come spesso in questi casi, copia e incolla molto dell’originale nei suoi otto episodi (contro i dieci di partenza), ma, quando cambia qualcosa, non lo fa quasi mai in meglio. Premesse e personaggi restano più o meno quelli: quattro amicissimi ex compagni di università oltre-quarantenni, Massimo (Martari), dirigente tv licenziato perché sessista, Riccardo (Montanari), ristoratore sposato e infedele seriale, Luigi (Sermonti), autista di bus e marito sessualmente inappetente, e Mattia (Lastrico), guida turistica appena separata, sono tutti in difficoltà nel rapporto con il femminile, nelle forme rispettivamente di una compagna influencer (Adriani) in rampa di lancio, di una moglie (Felberbaum) che vuole aprire la coppia, di un’altra (Thony) che si consola con il giovane personal trainer e di una lunga teoria di donne con le quali cancellare la memoria corporea della ex.

Non ha probabilmente torto chi fa notare come certi aspetti della società spagnola, più moderna e al passo con i tempi della nostra, suonino stranianti portati pari pari nella realtà italiana (il rapporto senza peli sulla lingua tra Mattia e la figlia diciassettenne, per esempio), anche se in più occasioni con eufemismi e pruderie, spesso con una certa pigrizia e pure con qualche scivolone (Ilary Blasi maestra di emancipazione in un cameo indigesto che sa di promozione incrociata con la sua docuserie su Netflix). Poteva essere una buona idea affidarsi alle penne di C’è ancora domani, Furio Andreotti e Giulia Calenda (più Ugo Ripamonti), e certo i quattro maschi veri sono un po’ pronipoti dei maschi in b/n di quel film, ma si doveva probabilmente lasciarle più libere di annusare l’aria di casa nostra (oltre il Pigneto e i Parioli, e oltre Netflix pure). Così, invece, l’esito non è né carne né pesce, e a soffrire sono soprattutto i personaggi femminili, a rischio costante di stereotipo (quando va bene) e di macchietta (quando no), fin quasi all’inconsapevole autogoal, inclusa Selvaggia Lucarelli in modalità Erinni contro Massimo diventato per reazione neo-guru del patriarcato. Un’occasione mancata, nonostante la simpatia dei protagonisti (Sermonti e Lastrico più di Martari, troppo torvo, e di Montanari, troppo caricaturale), oltretutto con un passo da sketch comedy sempre di corsa che non aiuta.
La serie tv
Maschi veri
Commedia - Italia 2025 - durata 30’
Titolo originale: Maschi veri
Con Maurizio Lastrico, Matteo Martari, Francesco Montanari, Pietro Sermonti
in streaming: su Netflix Basic Ads Netflix
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