Hard Truths, è il titolo originale. “Verità dure”. Difficili. Un po’ più di - “semplicemente” - scomode. Naturalmente: dure e difficili da sopportare, elaborare, finanche articolare (a parole). E infatti Pansy (Marianne Jean-Baptiste), casalinga, moglie e madre insoddisfatta, inquieta, stanca, anzi sfinita, non è capace di ordinarle, esprimerle, pronunciarle, le ragioni del suo scontento. E allora, sempre cupa, sempre asociale, azzanna, morde, punge, taglia con un’attitudine che è la reazione più immediata di una depressione ormai incistata e un abito-corazza fatto su misura. Tutti sono bersagli, il marito idraulico Curtley (David Webber), il figlio obeso Moses (Tuwaine Barrett), i passanti, i negozianti. Ma forse la sola a capire, o quanto meno a intercettare la profondità di un malessere ormai dato dalla famiglia per scontato, è la sorella parrucchiera Chantelle (Michele Austin). Qual è dunque la dura verità dietro la misantropia di Pansy? Possibile che si tratti unicamente di un remoto passato materno ancora non superato? O c’è di più? Importa? Non è in fondo una violenza, una prepotenza, cercare ossessivamente un motivo, una spiegazione?
Mike Leigh, in questo film che è tra i suoi capolavori, sembra chiederci di non insistere. E di lasciare che i sentimenti, anche i più sgradevoli, facciano il loro corso. Restando magari inesplorati, indeterminati, innominati. E ciò, Leigh lo sa bene, è ancora più straziante: la scena della Festa della mamma nell’appartamento di Chantelle è a questo proposito quasi insopportabile per imbarazzo e tensione. Significa, quindi, permettere al dubbio non di governare il presente, piuttosto di registrarlo, nel senso di prenderne le misure. Lontano dall’arroganza dell’infallibilità e dalla comodità della convinzione. Un dubbio che fa rima con insicurezza, perplessità, costante indecisione, e il cui nemico numero uno è la necessità, opprimente però inevitabile, di una responsabilità, in quanto persona, parte di una famiglia, di una collettività, di un tutto.

Un nichilismo sconfinato? No, e lo dimostra il finale, prima dei titoli di coda, che non riveliamo, ma che lascia intendere che la vita, tutto sommato, va avanti, deve andare avanti. Leigh si ricorda da quali luoghi viene il suo cinema, dai sobborghi londinesi di Belle speranze e di Dolce è la vita, dalla geografia umana di Bleak Moments e di Naked - Nudo, da un livore che è spirito indomito per sconfiggere l’apatia, tuttavia in Scomode verità non è mai né nostalgico, né ombelicale, è al contrario vivissimo e contemporaneo, semplice e immediato nello stile perché quello della semplicità immediata è il solo sguardo possibile per una tale sofferenza indefinita. Pansy non è per Leigh il capro espiatorio di niente, non è lo specchio di alcunché, e non è neppure il simbolo di chissà che cosa. Impariamo ad accogliere e ad accettare la verità di una condizione, la verità di una sensazione, la verità di una sensibilità, senza il bisogno imperativo di dar loro un cartellino, una designazione. Accogliamo la riserva.
Il film
Scomode verità
Drammatico - Regno Unito, Spagna 2024 - durata 97’
Titolo originale: Hard Truths
Regia: Mike Leigh
Con Marianne Jean-Baptiste, Michele Austin, David Webber, Tuwaine Barrett, Ani Nelson, Sophia Brown
Al cinema: Uscita in Italia il 29/05/2025
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