Ewald è un pedofilo. Il dato ineliminabile, scandaloso, volutamente provocatorio (come tutto il cinema di Ulrich Seidl) di Sparta (2022), è semplicemente questo. Tutto il film è un continuo rimestare, rimarcare e dipanare questo misero (e pensatissimo) dato. Ewald è un pedofilo. Attenzione: non un molestatore di bambini, ma solo un pedofilo: ha l’istinto, ha tutti i segni della parafilia, ma non ha mai “messo in pratica” i suoi desideri. L’altro dato, direttamente conseguente dal primo, è un paradosso: il desiderio di Ewald forse non è abbastanza forte da spingerlo a commettere un reato ma lo è fin troppo se l’uomo non riesce proprio a vivere la sua vita lontano dal frutto della sua tentazione: addirittura organizza una palestra di judo per giovani maschi minorenni pur di circondarsi dell’affetto (e dei corpi, dei quali è ossessionato e che rivive costantemente tramite fotografie) della moltitudine di ragazzini con cui vorrebbe avere un rapporto.

Si affeziona a loro, li protegge, perfino, dalle loro famiglie disfunzionali; in un immaginario bilancio utilitarista tra azioni benefiche e malefiche nei confronti di questi giovani probabilmente Ewald ne uscirebbe moralmente vittorioso, quasi eroico, proprio perché agisce “bene” nonostante i suoi istinti. Quella di Ewald è una continua lotta tra natura e cultura, e – come suggerisce in parte il finale – forse coi demoni di un turpe passato, rappresentato dal padre affetto da demenza senile, che piange rievocando i fasti del nazismo.

Subito dopo vediamo Ewald che si aggira per uno stabile vuoto, come a controllare che sia tutto a posto, e in seguito distribuisce volantini. Sembra un’immagine innocente, ordinaria. Ma noi sappiamo che l’attività di Ewald ha insospettito i villici del paesino austriaco in cui si è rifugiato ed è dovuto “emigrare”.

Dolorosamente consapevole dei suoi problemi ci aspettiamo forse che a questo punto consulti uno specialista. Invece è altrove, in un altro paesino, alla ricerca di una nuova palestra da affittare e di nuovi alunni. Forse Ewald non passerà mai quel confine (anche se ci è difficile pensarlo visto quante volte ci va vicino, e quanto il suo istinto lo spinga a giocare col fuoco) ma non si vuole liberare della sua ossessione, del suo demone.

La sua intera esistenza, e la sua felicità, sono forse il frutto di tale demone interiore: Ewald è condannato all’orrore perché è un pedofilo e non può dirlo, né “praticarlo”, ma Ewald è felice perché la sua perversione è tutto, definisce la sua vita, il suo lavoro, il suo operare: quel poco di bene che fa lo fa restando nei pressi del suo demone, mentre nella sua vita ordinaria precedente (la convivenza con la sua compagna, il suo lavoro operaio) era solo apatico e inane.

La provocazione primaria di Seidl si spinge fino in fondo: all’apparenza il finale ci indica solo la persistenza dell’ossessione di Ewald, e ce lo fa vedere come una vittima di sé stesso (coerentemente col resto del film, piuttosto compassionevole verso il suo protagonista); ma più in profondità ci presenta un’esistenza che va avanti solo grazie a un’ossessione, una vita il cui motore principale è l’attrazione verso i bambini. Disgustoso, impossibile da accettare, ma proprio per questo reale. E per questo ineliminabile.
Il film
Sparta
Drammatico - Austria, Francia, Germania 2022 - durata 101’
Titolo originale: Sparta
Regia: Ulrich Seidl
Con Georg Friedrich
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