L’attrice, diceva Ferreri, è «un corpo nello spazio»: proprio per questa sua visione “materica” dell’interprete, il regista milanese è stato tra i pochi a rendere giustizia alle peculiarità del corpo attoriale di Francesca Rivelli, in arte Ornella Muti, al loro incontro appena ventenne ma già diva.

Ferreri fece di lei (anche in Storie di ordinaria follia e Il futuro è donna) il simbolo di un femminile vitale da contrapporre al maschio insalvabile e fallocentrico, qui incarnato da un Depardieu sempre nudo e affamato, versione sovradimensionata del bebè. E lei, Ornella, è corpo materno e accogliente, pervaso di un erotismo passivo, docile, che Ferreri filma sfruttando la naturale opacità della sua interprete, il suo imperturbabile posizionarsi nell’inquadratura senza muoversi.

Muti abita il personaggio con la consueta mancanza di sforzo, con sensuale arrendevolezza, imponendo nel film null’altro che la sua pura presenza, «un bagliore d’occhi e una tumescenza di forme» (Stefano Reggiani). Valeria è carne, seni pieni, sesso scoperto, labbra occupate da pelle, cibo, sangue; ma, così statica e bella, è anche un’immagine, bidimensionale come la foto in cui Giovanni cerca di catturarla, intoccabile come la Marilyn su un cartellone. E dunque è inconoscibile, incomprensibile: l’uomo non la capisce, la sua disperata scelta finale è frutto della frustrazione che il corpo di lei, inappagabile, gli arreca.
Il film
L'ultima donna
Drammatico - Italia/Francia 1976 - durata 108’
Regia: Marco Ferreri
Con Gérard Depardieu, Ornella Muti, Michel Piccoli, Renato Salvatori
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta