L’ultimo turno di Andrew Cohn, in onda su Tv2000 la sera del 1° maggio, è un piccolo film dal cuore spaccato e le mani sporche di ketchup. Non è una parabola edificante, né una favola di redenzione. È una tragedia americana raccontata sottovoce, ambientata in un’area grigia tra i resti di un sogno lavorativo e le tensioni razziali mai sopite. Un film semplice nell’impianto, ma che scava senza pietà dentro due vite segnate dall’inerzia e dall’ingiustizia.

Due mondi in collisione
Nel film di Tv2000 L’ultimo turno, Stanley, detto Stan (Richard Jenkins, meravigliosamente contenuto), ha passato 38 anni dietro al bancone di Oscar’s Chicken and Fish, una catena di fast food in una fittizia Albion, nel Michigan. È il re del turno di notte, orgoglioso del suo manuale aziendale e della capacità di indovinare i gusti dei clienti - il “sussurratore di salse”. Vive in una stanza affittata, non ha una macchina, e i suoi amici sono fantasmi del passato. Il suo unico piano? Ritirarsi in Florida per accudire la madre malata.
Ma, prima di mollare tutto, deve formare il suo sostituto: Jevon (Shane Paul McGhie), un ragazzo nero brillante, arrabbiato, e appena uscito di prigione per piccoli reati legati a un gesto politico. Jevon ha un figlio piccolo, una compagna stanca delle sue promesse, e una lingua affilata pronta a decostruire ogni forma di autorità, specialmente quella che Stan rappresenta.
Quello che all’inizio sembra un buddy movie tra due opposti - il vecchio bianco stanco e il giovane nero brillante - prende presto una piega più cupa. Tra hamburger bruciati, battute sul razzismo e confessioni a metà, i due si scontrano su tutto: lavoro, dignità, ingiustizie sistemiche, e il senso stesso della parola “privilegio”. Una notte, un errore (o forse no) cambia tutto, e ognuno paga un prezzo.
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Fantasmi vivi
Lo Stan del film di Tv2000 L’ultimo turno non è un “simpatico perdente”. È un uomo svuotato, convinto di aver fatto tutto giusto. Ha sacrificato tutto per un lavoro che gli ha restituito solo una paga misera e un senso di identità fittizio. Ma il vero dramma è che non capisce di essere stato fregato. Si aggrappa al manuale del dipendente come fosse una Bibbia, anche se è servito solo a renderlo invisibile.
Jevon, invece, è pieno di parole e privo di direzione. Intelligente, acuto, sarcastico, non riesce a stare in un sistema che lo giudica ancora prima che parli. È troppo sveglio per rassegnarsi, ma troppo disilluso per agire. La sua rabbia è lucida, ma non lo salva.
E poi c’è Dale, l’unico amico di Stan, interpretato con glaciale sincerità da Ed O’Neill: un personaggio secondario che dice più in una battuta (“Non sarebbe morto se non parlava così tanto”) di quanto certi film interi riescano a comunicare.

Il fast food del disincanto
L’ultimo turno, in onda su Tv2000, è prima di tutto un film sul lavoro, su quello invisibile, sottopagato, che consuma le persone. Stan è il volto di un’America bianca che si sente dimenticata e derubata, ma che non riesce a vedere come ha contribuito al sistema che la opprime. Jevon è il volto di un’America nera che ha sempre saputo di non avere le stesse opportunità e che si ribella a un destino scritto da altri.
Il film affronta privilegio, razzismo silenzioso, amicizie impossibili, sogni sconfitti. Ma non dà risposte. Anzi, si rifiuta di farlo. Nessuno “cresce”, nessuno “guarisce”. Stan resta chiuso nel suo mondo, Jevon resta incastrato nel suo.
Il gesto finale di Stan (un furto meschino, un tradimento) è il colpo di grazia. Non solo perché danneggia Jevon, ma perché rivela quanto la sua consapevolezza sia arrivata troppo tardi, e in modo troppo distorto. La sua ultima espressione, catturata nella scena finale, è la vera morale del film: un misto di pentimento, paura e incapacità di cambiare.
Difetti e meriti
Il film di Tv2000 L’ultimo turno ha certamente dei limiti. Alcuni dialoghi, soprattutto quelli di Jevon, suonano troppo scritti, quasi didattici. Cohn a volte sembra usare i personaggi come portavoce più che come esseri umani. E la regia, pur efficace, non ha una vera identità visiva. Ma c’è un equilibrio fragile e bellissimo che regge tutto: l’empatia per due vite rotte che non riescono a comunicare, nemmeno quando si capiscono.
L’ultimo turno è un film piccolo, imperfetto, ma forse necessario. Non racconta solo due vite in bilico, ma tutto un Paese che non sa più parlarsi. È una storia su ciò che ci separa - razza, età, classe - ma anche su quello che condividiamo: la paura di aver sprecato il tempo, la rabbia di non contare niente, il bisogno disperato di sentirsi visti.
Non cerca consensi facili né lacrime gratuite. È un film che fa male senza fare rumore. E, per questo, merita di essere visto, discusso e, perché no, ricordato.
Filmografia
L'ultimo turno
Commedia - Usa 2020 - durata 90’
Titolo originale: The Last Shift
Regia: Andrew Cohn
Con Richard Jenkins, Shane Paul McGhie, Ed O'Neill, Allison Tolman, Da'Vine Joy Randolph
in streaming: su Apple TV Amazon Video Timvision Google Play Movies Rakuten TV
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