Replicare un successo è complicato e Mike White lo sa meglio di chiunque altro. La sua soluzione vincente per la terza stagione dell’Anche i ricchi piangono del terzo millennio è chiara: insistere sulle nefandezze recondite dei privilegiati angloamericani, giocando sulla linea grigia con il morboso e l’indicibile, e sfruttare al massimo la nuova location scelta per le vicende che ruotano attorno al resort “del loto bianco”. Anche perché il traino a livello di marketing turistico è ormai non trascurabile: i ricchi che seguono The White Lotus e che non si riconoscono nei personaggi trattati (a prescindere da quanto poi effettivamente assomiglino loro) prenotano in massa vacanze nei luoghi immortalati dalla serie, certi di portare a casa il bello ma di non vivere il brutto (ché quella è finzione, dai, mica capiterà anche a noi, no?).

Da questo punto di vista la Thailandia è una scelta esemplare. Patria del Muay thai e del cinema di arti marziali più estremo ed elettrizzante (se non conoscete Panna Rittikrai, rimediate subito), di horror truculenti basati su una mitologia oscura, di bellezze locali spesso sfruttate e reificate da sordidi avventori e, infine, di una musicalità che alle nostre orecchie coloniali suona naïf come una litania bimbesca e contribuisce a un gioco di contrasti suggestivo. Su quest’ultimo White costruisce il mood della stagione, a partire dall’arazzo dei titoli di testa, che procede gradualmente da immagini idilliache verso morti violente e mostri marini.

Il perfetto corrispettivo è il personaggio di Sam Rockwell, che compare negli ultimi episodi e sussume tutti i peggiori pregiudizi su Thailandia, turismo sessuale e suoi derivati. Straordinario, ça va sans dire, anche se rimane spalla di pregio per un gigantesco Walton Goggins, che forse trova qui il sospirato ruolo del definitivo accesso nell’empireo dei Grandi: quello del tormentato Rick, killer con un cuore e mille dubbi, scisso come Anakin Skywalker tra amore e rabbia, tra la devozione di un’anima gentile che farebbe di tutto per lui e una sete di vendetta inesauribile, anche se reca una scritta al neon di pericolo impossibile da ignorare. Attorno a Rick ruotano altre storie, più o meno riuscite e più o meno risapute, che talora traggono in inganno fingendosi centrali per lo svolgimento della vicenda.

Da un lato la repellente famiglia Ratliff, sorpassata a destra in ipocrisia solo dal trio di amiche-nemiche capitanato da Michelle Monaghan; dall’altro i local che per l’occasione includono la K-popstar Lisa delle Blackpink (una prova migliore di quanto si sarebbe potuto temere). Ancor più fosco che nelle precedenti stagioni, White mette in scena un mondo di solitudini consegnate al fato, senza che ci sia una risposta facilmente leggibile del karma. C’è chi è ricompensato e chi è punito, ma attraverso un disegno spesso imperscrutabile, raramente condivisibile. Di fatto gli otto episodi restano godibili fino all’ultimo sorso di frutto velenoso, fino a un crescendo memorabile - che naturalmente rispetta lo schema giallo-noir consolidato del morto annunciato dall’incipit e rivelato nell’epilogo.
La serie tv
The White Lotus
Drammatico - USA 2021 - durata 63’
Titolo originale: The White Lotus
Creato da: Mike White
Con William Ragsdale, Praya Lundberg, Murray Bartlett, Paolo Camilli, Mike White, Brad Kalilimoku
in streaming: su Sky Go Now TV Amazon Video
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