Il migliore al mondo: Il film Netflix, una carezza tra padri e figli

Il migliore al mondo è il titolo italiano del nuovo film Netflix disponibile dal 9 aprile, remake in chiave messicana del riuscito dramedy argentino Oggi sistemiamo tutto. Diretto con sensibilità e ritmo da un team creativo che sceglie la strada dell’equilibrio tra commozione e umorismo, il film Netflix Il migliore al mondo segue Gallo, produttore televisivo all’apice della carriera ma in bilico emotivo dopo una tragedia che cambia radicalmente la sua vita: scopre che Benito, il figlio che ha cresciuto, non è suo figlio biologico.

Invece di lasciarsi travolgere, Gallo sceglie l’azione. Spinto da una promessa fatta e da un bisogno più profondo di verità e appartenenza, intraprende un viaggio con Benito e Diana, vecchia amica di famiglia. Il road trip sentimentale che ne segue attraversa non solo il Messico, ma anche la storia personale e familiare dei protagonisti. Tra incontri inaspettati, confronti intensi e momenti di dolce leggerezza, padre e figlio esplorano il passato e rinegoziano il senso stesso della loro relazione.

Volti e sfumature

Nel film Netflix Il migliore al mondo, Michel Brown interpreta Gallo con un misto di cinismo disilluso e vulnerabilità trattenuta. È un uomo abituato al controllo, alla narrazione degli altri (in quanto produttore) che deve ora fare i conti con la propria storia e con il caos dell’imprevisto. Martino Leonardi nei panni di Benito regala spontaneità e tenerezza, incarnando un adolescente in bilico tra rabbia e desiderio d’amore, tra identità e disillusione.

Diana, interpretata da Fernanda Castillo, è l’anello di congiunzione tra passato e presente: più di una semplice compagna di viaggio, è coscienza morale, archivio emotivo e bussola del gruppo. Il cast di contorno, che include volti noti della scena messicana, tra cui Arath de la Torre, Angélica Vale ed Eduardo Santamarina, arricchisce il film di camei che alleggeriscono i momenti drammatici e amplificano l’effetto realistico del racconto.

Biologia, legami e ridefinizione della paternità

Il film Netflix Il migliore al mondo parla di paternità, ma lo fa evitando i toni retorici. Non si tratta di una difesa a oltranza del legame biologico né di una facile idealizzazione della figura paterna. Piuttosto, il film indaga la costruzione della genitorialità come relazione, come scelta quotidiana e come atto di amore consapevole.

Il viaggio di Gallo e Benito diventa un processo di riconoscimento reciproco: entrambi devono accettare che ciò che li unisce va oltre il DNA. In un’epoca in cui il concetto di “famiglia” si ridefinisce costantemente, Il migliore al mondo offre una riflessione attuale senza scivolare nella predica. Le emozioni funzionano perché sono sincere, le battute perché arrivano nei momenti giusti.

Un remake con identità propria

È inevitabile confrontare Il migliore al mondo con Oggi sistemiamo tutto, il film argentino diretto da Ariel Winograd, sempre disponibile su Netflix. Lì il protagonista, interpretato da Leonardo Sbaraglia, affrontava la medesima scoperta in un contesto argentino, con sfumature più agrodolci e un registro a tratti più malinconico.

La versione messicana prende il cuore della storia e lo rilegge con colori diversi. Più dinamica nei dialoghi, più calda nella fotografia, più pop nella colonna sonora, questa nuova iterazione si rivolge chiaramente a un pubblico internazionale, mantenendo però una forte identità culturale. Non è solo un copia-incolla: è un adattamento pensato, che sa dove affondare e dove alleggerire, dove modernizzare e dove restare fedele.

Con i suoi 83 minuti, Il migliore al mondo non perde tempo. Racconta una storia semplice, ma non banale. Affronta temi universali - la verità, la perdita, la genitorialità, il senso di appartenenza - e li confeziona in un prodotto accessibile, emozionante, ben recitato.

Non cambierà la storia del cinema, ma potrebbe cambiare il modo in cui qualcuno guarda al proprio padre, al proprio figlio, o a ciò che davvero significa “famiglia”. E questo, forse, è già abbastanza per meritarsi il titolo che porta.

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