Vincitore (non inaspettato) dell’Oscar come miglior film d’animazione, Flow è la prima produzione ad alto budget dell’animatore lettone Gints Zilbalodis e a dispetto del messaggio ecologista di fondo (è ambientato in un mondo in cui dell’uomo sono rimaste solo tracce e vestigia, il pianeta si sta ribellando e gli animali – ormai unici abitanti – devono trovare il modo di sopravvivere ai repentini cambiamenti che si susseguono) è innanzitutto un apologo sullo spirito di gruppo e il valore della vita, come risulta lampante proprio dal finale. Dopo aver lottato con il costante innalzamento del livello dell’acqua, che pian piano inghiotte qualunque forma di vita non sia marina, il timoroso e solitario gatto nero protagonista del film, che ha imparato a convivere con animali diversi da lui nonostante un’iniziale riluttanza, percepisce qualcosa di solido sotto le zampe, mentre nuota (o per meglio dire arranca), come se la terra stesse riemergendo.

E così è: il terreno, con tanto di piante e insenature, si erge al di sopra dell’acqua e punta dritto al cielo. Il micio è scampato al pericolo di annegare, il pianeta ha ‘salvato’ i suoi animali riequilibrandosi. Ma è davvero così? Correndo trafelato alla ricerca dei suoi compagni di viaggio, il gatto ritrova la scialuppa sulla quale lui, un cane, un uccello, un capibara e un lemure hanno attraversato questo pianeta apocalittico; la barca è sospesa su un grosso tronco, i suoi amici sono ancora tutti lì dentro e sotto di loro il vuoto.

La natura è cieca e indifferente, la terra riemerge senza curarsi di chi salva e di chi condanna. Ma il piccolo gatto ha imparato a cooperare per sopravvivere e quindi con l’aiuto di altri animali riesce a salvare gli amici prima che l’imbarcazione si frantumi a terra. Perdipiù nel tentativo di trarli in salvo, rischia egli stesso la vita, dimostrandosi disposto perfino al sacrificio. Sembrerebbe allora che il messaggio del film sia di speranza: collaborare, e prima ancora imparare a conoscere l’altro, a empatizzare ed affezionarsi (dalla diffidenza iniziale i compagni di viaggio hanno sviluppato legami amicali basati sulla protezione reciproca) può essere un viatico per la salvezza individuale e la redenzione collettiva di fronte a un mondo che costantemente muta, anche a causa della cecità di una specie dominante (si presume) estinta, gli esseri umani.

Il gatto però si accorge di qualcosa, annusa un mutamento ulteriore: corre a perdifiato e raggiunge un mostro marino, un ibrido tra un capodoglio e un Kraken, mastodontico, che aveva talvolta incontrato nel suo viaggio in barca rimanendone terrorizzato: la visione del grosso pesce, dalle fattezze quasi dragonesche, sembrava sancire il definitivo predominio dell’elemento acquatico su quello terrestre. Egli era il nuovo Re del mondo, da temere e venerare.

Ma ora è bloccato sulla terra, emerso insieme alle maree, ansima e sta morendo. Il gatto gli si avvicina, non lo teme più e si guardano a vicenda negli occhi; lo coccola perfino. Di nuovo, ha imparato ad accogliere l’altro, a non aver paura degli estranei, perfino se sono giganteschi mostri. Ma, di nuovo, questo finale crudo e amarissimo ci dimostra che la natura è davvero indifferente, che salva alcuni e condanna altri senza un piano prestabilito; decapita i re e incorona i deboli, per poi rovesciare ancora i ruoli e così via. All’infinito.

Così al micio, indifeso e inadatto alla navigazione, spetta di vivere (forse unico membro della sua specie rimasto, peraltro), mentre al “forte”, colui che cavalca le onde e sonda le profondità marine meglio di chiunque altro, tocca soccombere. Il gatto, e lo spettatore con lui, ha forse imparato che quanto di positivo possa fare per sopravvivere non può nulla dinanzi al caso e all’entropia e può ancor meno contro le esigenze del pianeta che lo ospita. Il percorso di formazione di questo animaletto molto poco antropomorfo (soprattutto per la media dei film d’animazione a cui siamo abituati) ha forse qualcosa di “umano”.

Lui e i suoi amici imparano dal viaggio e dai loro errori e – nell’inquadratura finale – quando finalmente si riuniscono e si specchiano in una pozza d’acqua, sembrano riconoscere se stessi: specchiarsi è avere un’identità, e non è ancora chiaro in biologia quanti e quali animali, a parte l’uomo, siano in grado di farlo. Flow, nel restituire alla Natura il suo ruolo di cieca livellatrice, suggerisce anche che gli animali, in assenza dell’opprimente dominio umano, possano evolvere nel confronto con essa fino a sviluppare capacità cognitive insperate e, con esse, un embrionale concetto di famiglia e il preludio ad una società di pari.
Il film
Flow - Un mondo da salvare
Animazione - Belgio, Lettonia, Francia 2024 - durata 83’
Titolo originale: Flow
Regia: Gints Zilbalodis
Al cinema: Uscita in Italia il 07/11/2024
in streaming: su Apple TV Google Play Movies Amazon Video Timvision Rakuten TV Mediaset Infinity
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