Il finale di Ferro 3 – La casa vuota (2004), forse il film più famoso del regista coreano Kim Ki-duk (morto di Covid nel 2020), viene spesso percepito come il coronamento di un sogno d’amore romantico, o in alternativa come un bizzarro momento surreale, in cui realtà e desiderio tendono a confondersi. Se ciò che accade sia sogno o realtà non cambia molto la sostanza di ciò che vediamo, e il suo significato: il giovane Tae-suk esce di prigione (è dentro perché occupa abusivamente case altrui quando i legittimi inquilini sono via), smanioso di rivedere l’amata Sun-hwa, la quale nel frattempo lo attende ansiosa, sopportando stoicamente le angherie e i soprusi del marito violento e vendicativo.

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Ferro 3

In prigione Tae-suk si è esercitato a lungo per poter letteralmente “sparire”: ha inventato una tecnica che permette di sfruttare i 180 gradi di cecità della visuale umana per rendersi invisibile agli occhi degli altri, riuscendo a nascondere perfino la sua ombra. In breve Tae-suk c’è ma nessuno può vederlo, anche se spesso qualcuno riesce a percepirne la presenza. Di fatto in molte scene lo vediamo in soggettiva, al posto della macchina da presa, e si potrebbe inizialmente ipotizzare che si sia sostituito a essa: presenza ingombrante ma invisibile all’occhio umano durante la visione di un film, l’obiettivo della cinepresa sembra il candidato ideale come referente del simbolismo del film di Kim. Ma non è così semplice (o complesso) il discorso.

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Ferro 3

Tae-suk, ormai convinto di aver perfezionato la sua tecnica al punto da poter rischiare, si introduce in casa di Sun-hwa col marito presente. Quando lui è assente pone il suo corpo in un’angolazione che permette a lei di vederlo, mentre quando non sono soli si rende cieco agli occhi del rivale. In realtà non è chiaro quanto e come lei possa vederlo, ma non importa. Sun-hwa guarda verso Tae-suk e gli dice che lo ama, ingannando il marito, il quale di fronte a lei pensa di essere il destinatario del suo affetto. Nella inquadratura finale vediamo i due amanti quasi fondersi, e fondere le loro ombre; si abbracciano mentre sono in piedi su una bilancia, che segna zero: come se non ci fosse nessuno, come se fossero ormai due ectoplasmi.

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Tae-suk ha tentato durante tutto il film di essere una specie di fantasma: conduce una vita appartata, dentro le case degli altri e se ne va senza essere visto e senza lasciare tracce del suo passaggio. La volontà profonda di Tae-suk è nichilista: vorrebbe annullarsi, annullare la sua dimensione di corpo e quindi di soggetto, in spregio al mondo degli uomini (anche per questo si rifiuta di parlare e evita di reagire di fronte alla violenza e all’ingiustizia, come se non gli appartenessero).

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Ferro 3

Eliminare la propria soggettività, la propria presenza, significa però anche nascondersi agli occhi altrui e – in definitiva – all’occhio per eccellenza, quello del cinema. L’unica persona che vorrebbe lo vedesse è la donna che ama, la quale condivide con lui sia il desiderio di sparizione (quando si incontrano lei sta facendo il fantasma nella sua stessa casa, nascondendosi agli occhi del mondo) che il disprezzo per la realtà intorno (di fatto scegliendo a sua volta il mutismo, tranne quando deve confessare all’amato i suoi sentimenti).

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Ferro 3

Caso raro di due individualità che sommate fanno zero, o vogliono fare zero, i due amanti riescono quindi nella scena finale a unirsi in un legame indissolubile che è però cieco per il resto del mondo. Ed è questo in fondo il significato dell’amore, e di Ferro 3 in particolare: un legame che solo i due (o più) partner vedono veramente. Tae-suk più che rendersi invisibile (nei fatti non lo è davvero), rende ciechi gli altri: in questo modo dimostra che sono sempre stati ciechi, e che non riescono a elevarsi dalle loro ristrettezze, dalle loro turpitudini.

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Ferro 3

Eppure Tae-suk e Sun-hwa vivono il loro sogno d’amore rimanendo nella casa del marito di lei, nascondendosi a lui ma continuando a vivere tutti sotto lo stesso tetto e costringendo la donna a portare avanti il suo fallimentare matrimonio. Lasciando sostanzialmente tutto invariato (come i loro soggiorni nelle case disabitate): quella di Ferro 3 è sostanzialmente una morale dello status quo, terribile, inquietante e ammutolente. L’amore è un sentimento così forte da concedere un isolamento pressoché totale dal mondo, e al contempo è così debole da lasciare il mondo così com’è. Ma a Tae-suk e Sun-hwa non importa: perché sono spettri, non più parte del mondo degli uomini.

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Ferro 3

Autore

Dario Denta

Nato a Bari nel 1994, ha studiato Matematica e Filosofia tra Perugia e Firenze, caporedattore de Lo Specchio Scuro, è uno dei conduttori del podcast di cinema Salotto Monogatari. Ha scritto su Shiva Produzioni, L’inutile, Ghinea, La Chiave di Sophia, agit-porn e Immoderati e ha dato un piccolo contribuito al Dizionario Mereghetti 2022. Si interessa di estetica del cinema e della videoarte.

Il film

locandina Ferro 3. La casa vuota

Ferro 3. La casa vuota

Drammatico - Corea del Sud 2004 - durata 95’

Titolo originale: Bin-jip

Regia: Kim Ki-duk

Con Jae Hee, Lee Seung-yeon

Al cinema: Uscita in Italia il 03/12/2004

in streaming: su CG Collection Amazon channel