Superuomini

Record di tornado. Chasing the tornado. Domatori di tornado. Negli Stati Uniti odierni l’ipocrisia sfida anche le istanze climatiche, giacché si tratta sempre - e comunque - di una tensione (filosofica) al superomismo. Dal basso dell’Oklahoma profondo, dove la devastazione dei fenomeni atmosferici più estremi non disinnesca la priorità del singolo e della comunità alla resilienza quale spirito originale, patriottico, divino. America First. A contare, ancora una volta, sono le dimensioni. Più la catastrofe è catastrofica, più la fierezza è eccitante.

Infatti, in Twisters, che non è indegno di Twister di Jan de Bont, prendere le misure non significa semplicemente mappare una geografia: l’anelito al controllo è un sentimento inebriante. Anche il cinema le prende, le misure: il titolo si fa plurale, e già questo; poi, e non è casuale, la resa dei conti si svolge in una sala dove è in programma una maratona di mostri classici e dove si proietta Frankenstein, con lo schermo che vola via e si apre sullo sfacelo di oggi.

Come a dire, i mostri cambiano, le paure cambiano, e anche il cinema cambia, ossia si adegua alla contemporaneità (anche tecnologica). Epperò è una questione di (giusta) misura anche tra i sani principi valoriali fondatori e la modernità: Tyler Owens (Glen Powell) è una star youtuber ma è, prima di tutto, un cowboy; Kate Cooper (Daisy Edgar-Jones) è una city girl ma dalle pure radici rurali; Javi (Anthony Ramos) insegue il denaro, benché il suo cuore sia puro. Sono loro a cacciare e domare i tornado. Sono loro i vessilli. Chiaro, no? Volete sapere perché Trump c’è? Lasciate perdere Nomadland, guardate Twisters.

Il film