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A Genova c’erano una volta i cinema.
di ziacassie
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E con questa affermazione non mi riferisco ai produttori, o ai registi, che negli anni passati sono stati molti.

Mi riferisco alle sale cinematografiche, al “cine” come si diceva qui, e a quel “ho visto un bel cine” che non voleva dire “ho visto una bella sala”, ma ho visto un bel film.

Quando sono nata, in casa mia, il televisore c’era già. Mia madre racconta di essere stata una delle prime ad averlo. Pare che i vicini venissero “a vedde a televisiun”.
Io non lo ricordo, naturalmente.

Quello che so è che i miei sono sempre andati tantissimo al cinema, anche con l’avvento del televisore in casa.

Per le persone di quella generazione (mamma è del 1922, papà era del 1926) il cine, era il primo, forse più economico, divertimento.
A mamma da giovane piaceva anche ballare, e raccontava che alla fine della guerra, si ballava dovunque, la voglia di muovere le gambe e ricominciare, diceva, era come una malattia.
Papà, non ci pensava nemmeno, meglio il cinema, più riposante.

Papà lavorava in porto e molto spesso faceva la notte, la lunga, quella che iniziava a mezzanotte.

E così loro, prima, andavano al cinema.

Abitavano al molo, nel cuore della città vecchia.

Tutto questo per dire, che al cinema io ci andavo nella pancia di mia madre.

I miei hanno continuato ad andarci e a quel punto eravamo in tre.

Nel frattempo, dopo un anno dalla mia nascita, siamo andati a vivere a marassi (un posto orribile), dove le uniche doti erano i prati e tanti cinema.

Il cinema Capitol era un bel cinema, proprio sulla strada di casa, con un’entrata enorme, una scala enorme: tutto enorme. Le caramelle Charms alla cassa, le grandi figure di cartone dei film a venire nell’androne, le sedie di legno durissime, una puzza da morire, e i cessi infestati dai trolls scribacchini.
Le scritte sulle porte dei bagni del cinema sono state motivo delle mie prime pruderie, assieme alla scena delle tette coperte dal telaio della finestra ne La Calda notte dell’ispettore Tibbs e le donne nude che scappano dal casino ne Il commissario Pepe.

All’epoca mi pare ci fossero:
prima visione (inarrivabile, concessa solo a natale o per i film di cartoni),
prosecuzione di prima visione (qualche volta te la potevi concedere),

seconda visione

altre.
Che poi erano quelle di periferia.

Vicino a casa, come ho già detto, c’era il Capitol: dovevano passare anni prima che indicassimo quella strada Passo della Zebra, per tutti noi era la scala del Capitol. 

Lì ho visto tanto per dare un’idea dei film che passavano,  Il papavero è anche un fiore, Milano, calibro 9.

Poco lontano c’era l’Alba. Era un cinema dignitoso, piccolo, grazioso.
Lo ricordo azzurro ma potrei sbagliare. Forse era blu solo una parte del muro estero.
Stava nel fondo di un palazzo in una traversa di Corso De Stefanis. Lì  ho visto Sciarada.

Il Supercinema, cacchio, bello, in via Cagliari: se esisteva la denominazione  poteva essere una seconda visione.

Al Supercinema,  ricordo di aver visto Assassinio al galoppatoio.
Intanto dalle caramelle Charms eravamo passati ai Flipper della Perugina (erano praline in scatoline rettangolari, i magnifici 7 , chiamavano l’assortimento).

Il Supercinema diventò un cinema dove si proiettavano solo film per bambini, e poi un cinema a luci rosse.

Una prosecuzione di prima, era l’Ideal, all’inizio di Corso Montegrappa, ricordo un film da signorine, con le amichette tutte tirate a lucido intorno ai 14 anni, ma mi sfugge il titolo.
Non lontano, in via Canevari c’era il cinema-teatro Alcione.
Negli anni 70 ospitava i gruppi musicali, dico un nome… chissà se qualcuno … Gentle Giant.
Spogliarelli e film hard prima della chiusura.

In fondo a Corso Sardegna, c’era il Doria, dove una volta assistetti a uno spettacolo di  varietà.
Giuro esisteva ancora.
Sul palcoscenico c’erano delle donne (s)vestite da topo e delle sedie enormi.
Bello, bellissimo, entusiasmante.

Rimasi agitata tantissimissimo: era la prima volta che vedevo recitare sul palco, e ricordo che nei giorni a seguire, giravo per casa legandomi la vestaglia azzurra come una coda, dimenandomi davanti allo specchio.
Alla domanda di mia madre “cosa stai facendo?” risposi “il topino…”

In realtà, nella mia testa, la troia.

E poi ce n’era una dove andai una sola volta, a Quezzi, non ne trovo traccia, forse era un cinema parrocchiale.

Li’ ho visto Woodstock.

E poi, ecco che dopo anni di sforzi mnemonici, in primavera, a Genova, a Palazzo Ducale, una bella mostra sulla storia dei cineclub nella nostra città, “Assalto al cinema” dal 7 maggio al 6 giugno 2010, mi ha raccontato la storia delle sale cinematografiche  e dei cineclub a Genova e mi ha riportato indietro nel tempo.

Ci sono andata due volte. La seconda munita di carta e penna, per rubare un po’ di informazioni:

il 12 novembre 1972 a Genova c’erano 85 sale:
4 d'essai
14 prime
7 prosecuzioni
7 seconde
22 altre visioni
31 delegazioni.

Oggi le sale in città sono una manciata (esclusa la Multisala alla Fiumara all’interno di un centro commerciale e la prossima apertura, prevista per Natale del Cineplex, al Porto Antico, con nuovi proprietari, dopo mesi di chiusura).

Ho come l'impressione che tra non molto, nella nostra posta elettronica, assieme ai messaggi per ricordare i dodo e per la salvaguardia del panda, troveremo un s.o.s. di questo tenore: "contro la sparizione della sala in città, adotta anche tu un cinemino!"

 

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