Alcune estemporanee osservazioni sui novant’anni di Gina Lollobrigida
Era, ed è ancora, una donna bella e ammirata universalmente: è rimasta, nel ricordo di tutti, la bella popolana di Pane amore e fantasia (nonché di gelosia!), quasi incarnazione di un’immagine femminile in via di estinzione nello Strapaese che si stava dissolvendo rapidamente col mutare veloce della società del secondo dopoguerra. La “maggiorata”, scaltra e attenta nel tenere a bada gli uomini focosi che le ronzavano intorno nel paese natio, esisteva, probabilmente, soprattutto nell’immaginazione nostalgica maschile; non credo, invece, che da quell’immagine le donne italiane che vivevano e lavoravano nella realtà urbana, o quelle che avevano visto e vissuto gli orrori della guerra, si sentissero molto rappresentate.
Fu una vera diva, forse la prima in Italia, ammirata anche oltre oceano, dove ebbe l’onore di girare un film per John Huston, di conoscere un Humphrey Bogart in vena di iperboliche galanterie (quell’accostamento a Marilyn … ).
La retorica celebrativa, oggi, dell’immagine della diva di allora mi sorprende, così come il rimpianto reazionario (si può dire?) di un’Italia povera ma bella, che sembrava aver fatto della “Lollo” la propria icona. Che. in nome di un’ Italia “pittoresca” alquanto stereotipata, a Hollywood l’abbiano adorata, mi diverte; mi stupisce invece che il Consolato Generale d’Italia a Los Angeles si appresti a celebrare solennemente, durante il Filming on Italy, il prossimo gennaio, l’evento di questi novant’anni, alla presenza delle massime autorità del nostro paese.
Mi piace ricordare perciò che esisteva in Italia anche un altro cinema (che in quegli stessi anni raccontava un’altra Italia, quella di Germi, di Rossellini, di Fellini, di Visconti, di Antonioni…). Senza nulla togliere alla bella novantenne e ai suoi successi cinematografici, s’intende!
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta