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Zosya Rodkevich. Le proteste contro il governo nel documentario russo contemporaneo.
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È di questi giorni la notizia del ricovero d’urgenza del dissidente russo Vladimir Kara-Murza (ora in coma farmacologico) a causa di un’improvvisa insufficenza respiratoria. Il giornalista (coordinatore del movimento europeista Open Russia guidato da Mikhail Khodorkovsky, oppositore di Putin) era già finito in ospedale nel 2015, dove le analisi avevano rilevato tracce di manganese (intossicazione da metalli, che ricorda la morte nel 2007 di Alexander Litvinenko, ex spia del Kgb morta dopo aver ingerito del polonio). Nelle cause ufficiali del ricovero non figurano azioni da parte di oppositori politici, anche se i sospetti di avvelenamento, negli anni, sono stati diversi. Il giornalista era tenuto d’occhio da Putin a causa dell’aiuto dato agli Stati Uniti nella stesura del Magnitsky Act, che colpisce i cittadini russi ritenuti responsabili di violazione dei diritti umani (in particolare, quelli coinvolti nel caso Magnitsky, avvocato oppositore del Cremlino morto in carcere, forse a causa di torture).

In questo ultimo periodo, Vladimir Kara-Murza stava promuovendo, in tutto il territorio russo, un documentario riguardante Boris Nemtsov, suo amico personale ed ex vice presidente russo (oppositore di Vladimir Putin), ucciso in un attentato il 27 febbraio 2015.

Il documentario in questione è My Friend Boris Nemtsov (2016) di Zosya Rodkevich. Il film ritrae alcuni momenti della vita di Boris Nemtsov, leader dell’opposizione russa, tra campagne elettorali, raduni di protesta, aule di tribunali e furgoni della polizia. La regista fu mandata a seguire Nemtsov per qualche servizio giornalistico: il rapporto professionale, ma quotidiano, è diventato anche rapporto umano, dal quale è nata un’amicizia che ha permesso di filmare il leader dell’opposizione anche durante alcuni momenti di vita quotidiana. Il documentario racconta in particolare gli ultimi anni di attività di Nemtsov, nei quali le proteste nei confronti del governo di Mosca si sono moltiplicate. Non vengono sottolineati discorsi o gesti particolari, quanto le attività politiche quotidiane: i lunghi viaggi, le apparizioni televisive, le manifestazioni, il lavoro d’ufficio e l’incontro con le persone comuni. Il documentario evidenzia la spontaneità e i rapporti con le persone di Nemtsov, senza calcare la mano su elementi patetici, ma mostrando alcuni atteggiamenti criminali delle autorità russe. La sua sicurezza ed il suo non accettare compromessi vengono mostrati senza filtri di fronte alla macchina da presa: proprio questi atteggiamenti intransigenti segneranno la vita di Nemtsov.

Con questo primo lungometraggio documentario, Zosya Rodkevich (nata a Mosca nel 1990) continua la propria analisi dei  vari movimenti di protesta presenti nella società russa nei confronti di Vladimir Putin. La regista (che ha studiato alla scuola di documentario della regista e produttrice Marina Razbezhkina e dello scrittore e regista Mikhail Ugarov), dopo una serie di cortometraggi, nel 2012 ha co-diretto Winter Go Away (documentario commissionato dal quotidiano russo indipendente Novaya Gazeta) con altri registi che si sono diplomati con lei alla scuola di documentario di Mosca.

I registi hanno filmato, nell’arco di due mesi, le proteste popolari nell’ inverno russo contro la rielezione di Vladimir Putin: un lavoro collettivo che crea un puzzle di testimonianze riguardanti diversi oppositori del Presidente russo, tra cui fanno la loro comparsa le Pussy Riot con la loro “performance” nella Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca. Agli oppositori fanno da contraltare i molteplici ammiratori di Putin, che ne appoggiano la politica, i membri della Chiesa che spalleggiano il governo e chi rimane confuso tra le due diverse fazioni.

Nel 2014 prende parte alle riprese di The Term, diretto da Alexey Pivovarov, Alexander Rastorguev e Pavel Kostomarov. Anche in questo caso protagoniste sono le proteste contro il governo e l’osservazione della vita pubblica di alcuni leader del movimento d’opposizione. Il blogger Alexei Navalny, la conduttrice televisiva Ksenia Sobchak, l'attivista Ilya Yashin, il politico Sergei Udaltsov, il collettivo Pussy Riot: le loro vite e le loro differenti attività politiche vengono seguite da un folto gruppo di filmmakers, i quali uniscono i propri lavori per modellare un discorso generale sullo stato della politica russa. I registi sperimentano il formato dei “notiziari documentari”, che vengono pubblicati online a cadenza quotidiana (ora sono disponibili su YouTube, nel canale Srok Documentary): nel successivo montaggio del documentario l’attenzione viene focalizzata sui membri principali dei diversi gruppi d’opposizione. La capacità principale di questo documentario è quella di rimanere il più possibile oggettivo, lasciando il compito di decodificazione delle immagini allo spettatore stesso, cercando però di trasmettere un messaggio globale riguardante l’importanza del rapporto tra politica e cittadini, focalizzandosi sulla discussione riguardante i diritti civili.

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The Term (2014): scena

L’anno successivo, Zosya Rodkevich prende parte alle riprese delle due parti di Kiev/Moscow, documentario anche questo codiretto da diversi registi. Il documentario mostra le proteste civili in Piazza Maidan, che hanno portato alla caduta del presidente ucraino Janukovy nel 2014, alle quali seguono le conseguenze da parte russa, come l’annessione della Crimea, gli scontri ad Odessa e nell’Ucraina dell’Est. Il film traccia, attraverso le immagini,  il filo politico che unisce Kiev a Mosca, per mostrare, ad entrambe le nazioni, cosa succede realmente negli scontri quotidiani di protesta, tra entusiasmo e morte. Nello stesso tempo, vengono mostrate le storie quotidiane di civili russi ed ucraini, che si intrecciano tra professioni e speranze comuni ai due Paesi, anche con un conflitto in corso che unisce entrambi i territori.

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Kiev/Moscow. Part 1 (2015): scena

Il passaggio dal cortometraggio documentario al lungometraggio di Zosya Rodkevich è segnato dal già citato My Friend Boris Nemtsov, presentato al Cracovia Film Festival, all' Artdocfest a Mosca e San Pietroburgo, all’Odessa International Film Festival ed ad altri festival dedicati alla produzione documentaristica.

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The Term (2014): scena

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