Espandi menu
cerca
Maddalena e Luciano - Vittime dell'illusione mediatica
di JekSpacey ultimo aggiornamento
post
creato il

L'autore

JekSpacey

JekSpacey

Iscritto dal 25 settembre 2012 Vai al suo profilo
  • Seguaci 32
  • Post 1
  • Recensioni 30
  • Playlist -
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

I media hanno da sempre costituito il mezzo più efficace per orientare sogni e bisogni degli italiani modificandoli di volta in volta a seconda della loro evoluzione. Il loro ruolo è sempre stato, quindi, non solo quello di creare un tessuto connettivo per una comunità nazionale fragile (specialmente con l’intento primario della televisione di dare una lingua comune agli italiani), ma anche quello di contribuire alla costruzione di un’identità personale. Se si pensa alla società degli anni ‘50, infatti, i media avevano già una grande importanza nella vita delle persone, ed il cinema, cosciente di questo, fece uscire alcuni film che ne davano un’idea chiara. Si pensi a “Lo sceicco bianco” (1952) di Federico Fellini, dove la protagonista Wanda viveva in un mondo grigio e monotono che prendeva forma e colore solo quando iniziava a leggere il suo fotoromanzo preferito (un altro medium in voga in quegli anni), o a “Un marito per Anna Zaccheo” (1953) di Giuseppe De Santis, dove la protagonista Anna, una donna appartenente alla classe popolare napoletana, cercava di sbarcare il lunario facendo la modella per delle pubblicità di manifesti. In ognuno di questi film veniva fuori chiaramente come i media avessero influenzato l’immaginario collettivo della popolazione italiana degli anni ’50, e soprattutto come ne avessero definito, come si diceva all’inizio, le loro identità. Se ci spostiamo, invece, alla contemporaneità, qualcosa sembra essere cambiato. Innanzitutto, dagli anni ’80 in poi, un medium fondamentale per la popolazione italiana come la televisione cambia totalmente rotta, mettendo lo spettatore al suo stesso livello e non più in un’inferiorità gerarchica come agli albori della sua nascita, diventando cioè un suo pari, una sorta di confidente, un amico. Ma l’estremizzazione totale di questo concetto avviene a partire dagli anni ’90 con quello che è probabilmente il genere più rivoluzionario della storia della televisione: il reality. Con l’avvento di questo genere negli schermi televisivi lo spettatore va addirittura oltre la parità gerarchica divenendo lui stesso parte di quel mondo, in un certo senso, cioè, “passa dall’altra parte dello schermo”. In una tale istanza, lo spettatore, non avendo più modelli da seguire, va oltre la semplice costruzione della propria identità, in quanto divenendo parte di quel mondo, tale costruzione subisce un processo di deformazione che porta in alcuni casi allo stadio estremo della perdita dell’identità. Tale concetto è stato prematuramente profetizzato da un film canadese diretto da David Cronenberg nel 1983: “Videodrome”, dove il protagonista Max Renn, interpretato da James Woods, entra letteralmente all’interno della televisione deformandosi non solo psicologicamente e mentalmente, ma anche fisicamente, egli diventa cioè un tutt’uno con il mondo squallido e marcio della televisione. Avviene, quindi, un ribaltamento tra ciò che è reale e ciò che è immaginario: la televisione diviene la realtà, mentre la realtà la televisione. Si passa, quindi, dalla costruzione dell’identità tipica della società degli anni ’50, alla deformazione e conseguente perdita dell’identità tipica della società odierna. Ritornando in Italia, sono due i film che danno un’idea chiara e precisa di questa coppia oppositiva: “Bellissima” del 1951 e “Reality” del 2012.

 

 “Bellissima”, di Luchino Visconti, è la storia di una donna in crisi, Maddalena, che vuole dare una svolta alla sua vita facendo partecipare la figlia Maria ad un casting per un film diretto dal regista Alessandro Blasetti. L’ossessione per la vittoria della figlia diviene eloquentemente un modo per riversare in lei delle aspirazioni proprie fallite da giovane. La donna vive con la famiglia in un quartiere popolare romano, il quale ci dà un chiaro indizio sulla situazione dell’Italia di quel periodo: la realtà romana del dopoguerra nei primi anni Cinquanta era, infatti, prevalentemente di estrema povertà ed i concorsi di cinema (ma anche di bellezza) rappresentavano una via possibile per raggiungere la fama e quindi sistemarsi in una condizione sociale migliore.

 “Reality”, di Matteo Garrone, è invece la storia di un pescivendolo napoletano appartenente alla classe popolare, Luciano, che decide, spinto anche dalla famiglia, di partecipare ai provini per entrare nella casa del “Grande Fratello”. L’ attesa della chiamata del programma diviene subito per Luciano un percorso fatto di paranoia, ossessione e follia.

 I punti di contatto tra i due film non sono pochi, così come i punti di contrasto. Tra i punti di contatto, quello più evidente è il desiderio di fama come deterrente per una sistemazione sociale migliore. Nel caso di Maddalena il suo desiderio di fama è contestualizzato all’interno della società dell’epoca, che era priva della televisione, e vedeva possibili vie di riuscita sociale nel cinema neorealista, lo stesso cinema che Visconti critica all’interno del film, in quanto prendeva l’attore non professionista e lo sfruttava perché andava bene per quel ruolo ma poi veniva subito dimenticato (si pensi al protagonista di “Ladri di biciclette”, Lamberto Maggiorani, che dopo il grande successo di questo film non ha fatto sostanzialmente nulla, ma anche alla stessa Tina Apicella, l’attrice che ha interpretato la figlia di Maddalena Cecconi, che dal 1958 in poi è praticamente scomparsa dalla scena). Tutto ciò è chiarissimo nella scena in cui Maddalena, in sala moviola, riconosce una ragazza che anni prima aveva recitato in un film famoso ("Sotto il sole di Roma"), ma che poi era sparita dalla circolazione perché non più utile all’industria cinematografica. Non diversa è la condizione sociale nella quale imperversa Luciano. Nonostante si tratti di un medium diverso (la televisione), il sogno di Luciano, come quello di Maddalena, è finalizzato al raggiungimento di un preciso scopo: la riuscita sociale, ma tutti e due i personaggi ambiscono a tale status senza possedere i mezzi per raggiungerlo. Si tratta di voler entrare felicemente in un mondo volgare e corrotto dove vige la più totale plutocrazia, un mondo cioè che dovrebbe essere inaccessibile a persone di classe popolare come Luciano e Maddalena.  Se il cinema neorealista negli anni ’50 illudeva le persone povere ed umili di poter avere un’ascesa sociale, lo stesso accade oggi con la televisione, ma soprattutto con l'evoluzione mediatica, che ha spinto e spinge sempre più la società verso una crescente confusione tra reale e immaginario. Questa dimensione illusoria è fondamentale in tutte e due le pellicole, ma se in “Bellissima” verrà seguita da un processo di disillusione, in “Reality” tale processo non avviene, anzi raggiunge la sua più totale estremizzazione. Infatti, il percorso di Maddalena nello sviluppo del film è quello non tanto di una costruzione, ma di una ricerca di una propria identità perduta, un’identità messa in crisi dall’illusione del cinema, che si avvicina così tanto alla realtà da confondere le dimensioni di attuale e di virtuale, di quotidiano e di illusorio. In un certo senso si può spiegare proprio attraverso questo processo illusorio la sequenza in cui l’attrice anziana fa irruzione in modo del tutto bizzarro in casa Cecconi. Ma ancora più eloquente è la sequenza immediatamente successiva in cui la bambina, per imparare a recitare, immagina di raccogliere delle fragole. Nonostante Maddalena sembri non essere incline agli insegnamenti della maestra di recitazione, quindi essere fuori da questo processo di illusione, i suoi comportamenti nel corso del film dimostreranno il contrario. Lei è, in realtà, totalmente schiava dell’illusione cinematografica, del desiderio di fama, ed il cinema non è altro che il mondo immaginario da lei preso in giro: un veicolo di illusioni. Questo aspetto viene fuori in maniera evidente nella scena in cui Maddalena piange davanti al marito ed alle altre abitanti del palazzo, ma poi rivela alla figlia di aver recitato. A questo processo di illusione seguirà, quindi, un processo di disillusione che sarà anche tragico per Maddalena: difatti nel momento in cui si trova a dover fare i conti con la realtà (soprattutto nella scena tragica di lei che assiste all’esito del provino della figlia) questo mondo favolistico crolla definitivamente. Alla fine, quindi, la donna prende coscienza della realtà e ritrova l’identità che l’illusione del cinema le aveva fatto smarrire. 

Se in “Bellissima” il contesto familiare riesce a riportare l’ordine nella vita di Maddalena, con la presa di coscienza della realtà da parte della donna, in “Reality” le cose andranno decisamente nel versante opposto, con Luciano che rimane vittima inerme delle immagini televisive. Il percorso di Luciano non può che costituire una parabola discendente, una progressiva perdita della propria identità, proprio per via, come si diceva prima, dell’evoluzione mediatica, che ha messo lo spettatore e il medium sullo stesso livello, arrivando con il reality al punto estremo del passaggio dello spettatore dall’altra parte dello schermo. Nel suo “Manifesto del nuovo realismo”, Maurizio Ferraris utilizza il termine “realitismo” per parlare di un reale che ha perso sempre più i suoi connotati reali e si fa sempre più favola. È il mondo stesso ad organizzarsi come reality, come spettacolo, come vetrina, è diventato cioè favola. Lo stesso Fellini aveva profetizzato questo ribaltamento dei piani affermando che non è più lo spettacolo ad entrare all’interno del quotidiano, ma è il quotidiano stesso ad organizzarsi in quanto spettacolo, vetrina.

Se questa concezione del quotidiano aderisce perfettamente al personaggio di Maddalena, che, come dice il marito Spartaco, “crede nelle favole”, in “Reality” raggiunge invece la sua massima espressione. Esattamente dopo il secondo provino a Roma, che a detta di Luciano sarebbe andato benissimo, inizia l’attesa della chiamata del Grande fratello. Tale attesa diviene così ossessiva che Luciano inizia a pensare di essere costantemente osservato dagli autori del programma per metterlo alla prova. Inizia qui il percorso della perdita dell’identità di Luciano, un percorso che lo fa diventare sempre più allucinato e paranoico, tanto da raggiungere una sorta di “Grande fratello al contrario”: è come se la sua stessa vita fosse sotto osservazione ventiquattr’ore su ventiquattro, proprio come succede per i partecipanti del Grande fratello. Luciano modifica, quindi, il suo comportamento per mettersi in buona luce, inizia cioè ad interpretare un personaggio che nasconde sempre più il vero Luciano; mette, cioè, in scena se stesso conformandosi al processo di "vetrinizzazione sociale e culturale" imperante nella società odierna.

In “Bellissima” il medium cinematografico mette in crisi la vita di Maddalena facendogli perdere la cognizione di ciò che è reale e ciò che è immaginario, ma alla fine la donna riesce a scindere i due piani, facilitata anche dalla società dell’epoca, che come si diceva all’inizio, poneva lo spettatore in una posizione gerarchica inferiore rispetto al portatore del medium. Nonostante la critica viscontiana al neorealismo, il cinema era tuttavia ancora visto come un medium superiore, raggiungibile solo attraverso una precisa costruzione della propria identità: difatti Maddalena costruisce l’identità della figlia facendole imparare a recitare, a danzare, portandola dal parrucchiere e vestendola in un certo modo, ma si rende conto solo dopo che non basta una sola lezione di danza ed un bel vestito per raggiungere la fama. Al contrario, il personaggio di Luciano, trovandosi in un contesto in cui il medium televisivo è fuso con la quotidianità, non tende a costruire la propria identità per raggiungere la fama, ma inizia a modificarla, a deformarla fino a perderla completamente.

 

Questa fusione tra lo spettacolo e la quotidianità, tra l’illusione e la realtà, è chiara fin dall’inizio. Elementi icastici di questa presa di posizione nello sviluppo narrativo del film sono: innanzitutto la scena iniziale del matrimonio (che ha una costruzione palesemente spettacolare), il centro commerciale (che si presenta come vetrina, esposizione di merci e di corpi), il travestimento di Luciano e la sua performance, la piazzetta dove lavora Luciano (che è una sorta di teatrino in cui Luciano stesso è posizionato in un bancone rialzato che gli conferisce una dimensione chiaramente scenica) ecc. Dal punto di vista prettamente tecnico, invece, la fotografia è satura di colori, proprio per dare l’idea di questa dimensione reale che sta diventando sempre più favolistica. Inoltre, il film ha una struttura circolare (tipica della favola), in quanto si apre e si chiude con un movimento di macchina che, se all’inizio parte da un campo lunghissimo e va a restringere, alla fine parte da un primissimo piano e va ad allargare zoomando all’indietro. È presente tuttavia anche un cospicuo uso di lunghi piani-sequenza (per esempio la sequenza dello “svestimento” dopo il matrimonio) che giocano invece un’importante funzione nella determinazione di una dimensione realistica. La colonna sonora di Alexandre Desplat, invece, rimette in gioco la dimensione favolistica e irreale determinata già ampiamente dalla fotografia.

 

Gli espedienti tecnici non mancano neanche in “Bellissima”: molto spesso, infatti, il personaggio di Maddalena è ripreso re-inquadrato da specchi. In particolare nella scena in cui Maddalena e la figlia si preparano per andare dal fotografo, ad un certo punto Maddalena, specchiandosi per pettinarsi, entra in una dinamica di separazione del personaggio dall’attore, in quanto i due quadri che la ritraggono hanno due diverse angolazioni: in questa sequenza Maddalena Cecconi sembra, cioè, essere separata fisicamente da Anna Magnani. Si tratta, cioè, di una sorta di svelamento della finzione. Il film si muove continuamente su questo confine tra realtà e illusione, e lo fa oltre che re-inquadrando il personaggio di Maddalena, anche facendole incrociare lo sguardo con lo spettatore, svelando così per pochi attimi la finzione. L'uso della macchina da presa, all’interno del film, evita qualsiasi tipo di sperimentazione o di virtuosismo, e ci fa vedere solo le situazioni in cui effettivamente si svolgono delle azioni, e non i tipici tempi morti della narrazione neorealista. Quest’altro espediente tecnico utilizzato da Visconti avvicina “Bellissima” più al cinema classico hollywoodiano che a quello neorealista, dal quale prende solo il tema e le ambientazioni. D’altronde, questa dinamica meno aderente all’improvvisazione e più allo studio delle singole situazioni è proprio tipica del cinema di Visconti, che tra i registi del periodo (Rossellini, De Santis, De Sica ecc) era sicuramente quello più classico. Tipico del cinema di Visconti è anche il tema della famiglia: l’elemento che dal disordine ristabilirà l’ordine nella vita di Maddalena, ma paradossalmente anche l’elemento scatenante della sua crisi. L’ordine della famiglia Cecconi viene disgregato da questa ossessione di Maddalena per il cinema, ma sono anche le condizioni di estrema povertà in cui versa la famiglia stessa ad attivare in lei questo desiderio di riuscita sociale ed economica. Tuttavia, questo universo manipolatorio e corrotto che è il cinema, in realtà, non mette completamente in questione l’ordine familiare, che alla fine viene ripristinato dall’abbraccio sincero e reale di Spartaco. Ma nonostante il ritorno alla realtà di Maddalena, questo universo non viene completamente estirpato: alla fine il cinema continua ad entrare nell’ordine familiare, lei sente la voce di Burt Lancaster che si intrufola nella casa dal cinema all’aperto e viene di nuovo distratta da quella magia. I due universi trovano, quindi, il modo di convivere senza che l’uno sovrasti l’altro.

 

Se in “Bellissima” la famiglia costituisce l’elemento fondamentale per il ritrovamento dell’ordine nella quotidianità di Maddalena, in “Reality” diviene il punto iniziale da cui si scatena il percorso a senso unico di ossessione e follia di Luciano. È la famiglia stessa ad indurre Luciano a fare il provino per entrare nella casa del “Grande fratello”, ed anche quando dopo l’inizio del programma (che quindi lo ha ormai scartato dalle selezioni) viene annunciato l’imminente arrivo nella casa di “un personaggio con una storia forte”, essa rincara la dose facendogli credere che possa trattarsi effettivamente di lui. L’ordine familiare (che forse, in realtà, non c’è mai stato), quindi, non ha modo di essere ristabilito, così come l’ordine nella vita di Luciano, che è oramai totalmente vittima dell’illusione mediatica, ed ogni tentativo tardivo della famiglia per cercare di farlo tornare alla realtà risulterà inutile.

 

Come si accennava prima, i due film presentano nel corso del loro sviluppo una serie di coppie oppositive (illusione/disillusione, attuale/virtuale, ordine/disordine ecc). In particolare, i personaggi di Luciano e Maddalena vengono messi in netta contrapposizione rispetto al mondo circostante: si pensi alla prima scena di “Bellissima” a Cinecittà, dove da una parte c’è tutta una massa di gente che si accalca per entrare all’interno dello studio 5, mentre Maddalena se ne sta isolata perché sta cercando la figlia che si è persa. Non a caso Visconti la inquadra dall’alto, sottolineando in maniera molto evidente questa contrapposizione. Inoltre, nella stessa scena Maddalena è vestita di scuro, mentre il resto della folla è vestito di chiaro. 

 

Nella scena iniziale di “Reality”, invece, Luciano viene contraddistinto dall’elemento della performance: egli si traveste da donna e ruba la scena ad Enzo, la nuova star uscita dal “Grande fratello”, venendo così acclamato dalla famiglia che inizia subito ad attivare in lui questo processo illusorio dicendo che “deve andare in televisione”. Ma la performance irrompe anche nella quotidianità della vita di Luciano, infatti la piazzetta dove lavora, come si è detto prima, ricorda una sorta di teatro dove lui è posizionato in un balcone rialzato che gli dà una chiara dimensione performativa. Ma questa contrapposizione rispetto agli altri diviene ancora più evidente nel confronto dei due personaggi con i rispettivi coniugi. Mentre i coniugi incarnano un principio di realtà, i protagonisti incarnano un principio del piacere. 

 

Spartaco è portatore di un atteggiamento totalmente opposto rispetto a quello di Maddalena nei confronti del cinema, e ciò viene fuori in maniera evidente nella scena in cui i due assistono alla proiezione del cinema all’aperto. Lei è completamente rapita dalle immagini che sta guardando, è completamente catturata da quel mondo illusorio, mentre Spartaco ha un atteggiamento di assoluto distacco e la piena consapevolezza che si tratta soltanto di favole. Tutte le volte che Spartaco compare in scena lo fa con degli interventi che richiamano Maddalena alla realtà, perché lei è completamente abbandonata alle immagini, all’illusione del mondo rappresentato sullo schermo. Non è casuale il modo in cui Visconti dispone i due personaggi all’interno della scena: lei è seduta posizionata al centro dell’inquadratura, mentre lui è in piedi in una posizione di dominanza, domina su di lei, la cinge da dietro con il braccio, e lei si consegna totalmente a lui, è completamente vinta dalle immagini che sta vedendo. Anche il nome che Visconti dà al personaggio di Spartaco non è affatto casuale, in quanto Spartaco era uno schiavo così forte e possente da spezzare le catene con la sola forza bruta.  Da una parte c’è quindi la forza della realtà e dall’altra c’è una dimensione di abbandono a questo sogno del cinema, che per Maddalena significa anche una propria rivalsa personale.

 

Il personaggio di Maria non è del tutto diverso rispetto al personaggio di Spartaco. Nonostante all’inizio anch’essa induca Luciano a fare il provino per entrare nella casa (mentre Spartaco fin dall’inizio si dimostra contrario all’iniziativa di Maddalena di far partecipare la figlia al casting), non appena il marito comincia a “sognare ad occhi aperti” senza accettare la sconfitta, lei cerca subito di farlo tornare alla realtà. La contrapposizione tra i due personaggi (Maria e Luciano) diviene chiara e precisa nella scena in cui Maria scaccia da casa i poveri ai quali Luciano sta donando tutti i suoi beni, e successivamente cerca disperatamente di fargli capire che non c’è nessuno a spiarlo, ma che è tutto nella sua testa. In questa sequenza la donna è inquadrata in basso, mentre Luciano in alto fuori dal balcone. I due personaggi stanno, quindi, in due piani diversi: Maria è letteralmente “con i piedi per terra” in una dimensione reale, mentre Luciano è ancora una volta in una posizione rialzata, fuori cioè dalla realtà ma aderente ad una dimensione illusoria e favolistica, scenica. Se Spartaco, come il suo omonimo storico, riesce a spezzare con la “forza” della realtà le catene che legano Maddalena all’illusione del cinema, Maria non riesce a fare lo stesso con il marito, che alla fine diviene un tutt’uno con il mondo della televisione (proprio come Max Renn in “Videodrome”).

 

“Bellissima”, difatti, si chiude con una scena tanto emozionante quanto “reale”, un abbraccio sincero tra due persone che si amano, ed il cinema che continua ad entrare nella vita della protagonista ma tenendosi questa volta a debita distanza.

“Reality”, invece, raggiunge il punto più estremo di questa “vetrinizzazione” della vita quotidiana, con Luciano che entra finalmente all’interno della casa del Grande fratello diventando una sorta di presenza spettrale. È cruciale il momento in cui Luciano apre la porta rossa della casa (simbolo del passaggio completo dall’altra parte dello schermo), ritrovandosi in un mondo ormai totalmente staccato dalla realtà, in una dimensione quasi onirica nella quale la sua identità è ormai persa e la sua pazzia raggiunge il culmine con l’insensata risata finale.  

Ti è stato utile questo post? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati