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I Beatles, Trueba e...Franco
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Spesso, molto più spesso di quanto si creda, un piccolo fatterello, apparentemente senza importanza, è il detonatore che fa nascere un’opera.

Nel 1966, è un fatto vero, un professore spagnolo di Cartagena (costa di levante), insegnante di inglese in una scuola superiore, follemente innamorato dei Beatles, prende la macchina e se ne va ad Almeria (città dell’Andalusía) per conoscere di persona John Lennon, che si trova lì con la troupe del film di Richard Lester “COME HO VINTO LA GUERRA”.

Questo è il detonatore. L’esplosivo è quello che c’è dietro: la Spagna di Franco. Chi provoca l’esplosione è David Trueba, uno dei più interessanti registi spagnoli odierni.

C’è un tema che popola ossessivamente i sogni degli spagnoli, ricorre continuamente nei dibattiti pubblici e privati, condiziona ancora le relazioni sociali e familiari, influenza le scelte politiche ad alto e basso livello: la guerra civile.

Da noi la guerra civile è durata due anni, là, per certi aspetti dura tuttora. Da noi esiste ancora una sorta di solco fra destra e sinistra che sembra attenuarsi gradualmente. Là, come in gran parte dell’Europa, la vecchia contrapposizione destra-sinistra sembra superata da nuove forme di aggregazioni sempre meno legate all’ideologia e sempre più decise a rompere con i partiti tradizionali.

Ma per chi, come il sottoscritto, ha vissuto la Spagna degli anni’70, la guerra civile ha segnato profondamente quel Paese, ancora e molto più del nostro.

Quegli anni, quel clima, quella situazione sociale, politica ed economica sono il vero scenario di fondo del film di Trueba VIVERE E’ FACILE CON GLI OCCHI CHIUSI. La piccola vicenda del professore (magnificamente interpretato da Javier Cámara) e dei due ragazzi fuggiti di casa è un pretesto per raccontare un’altra storia, quella di un Paese che vive un clima di paura e che non ha il coraggio (o la forza) di aprire gli occhi su una realtà inaccettabile. Il titolo del film, tratto da un celeberrimo brano dei Fab Four, STRAWBERRY FIELDS FOREVER, è quindi eloquente.

Certo, è facile dire: ribellarsi. Ribellarsi? In un Paese dove si susseguivano fucilazioni quotidiane (di anti-franchisti combattenti o simpatizzanti della guerra civile) ancora nel 1955 (come nel carcere di Ocaña: il famigerato “penal”)? Molto, molto difficile. Il regime franchista è anche un regime poliziesco capillare.

Il 1966 è l’anno della Ley Orgánica (quella che separa la carica di capo del governo da quella di capo dello stato e della”possibilità di formazione di partiti politici”): la Spagna, da qualche anno ormai, vanta una crescita economica straordinaria, favorita dall’entrata nel Governo del gruppo di tecnocrati dell’Opus Dei. Sono arrivati i capitali stranieri (in massima parte americani) interessati dall’adozione di misure fiscali ed economiche favorevoli. Il turismo scoppia letteralmente (da 6 milioni nel 1960 a 34 nel 1973). La crescita è al 7%.

La gente comincia a comprare oggetti che erano, pochi anni prima, irraggiungibili come la lavatrice, l’automobile e la casa. La villeggiatura non è più un lusso: i prezzi sono ancora bassi.

Con le prime politiche “aperturiste”, quelle, ad esempio, del falangista Manuel Fraga Iribarne (citato nel film), cominciano a farsi più coraggiosi i primi segni anti-regime; gli studenti sono sempre più inquieti, gli operai cominciano a scioperare, nascono clandestinamente sindacati illegali (come Comisiones Obreras). Il regime entra, sempre più affannato, nell’ultimo decennio di vita.

Ma la società reale è rimasta. più o meno la stessa. Nelle famiglie non si discute il volere del capofamiglia: un urlo alla moglie se non se ne sta zitta e uno schiaffo al figlio se risponde o se non si taglia i capelli. Figurarsi toccare il tema della guerra civile o della politica. Negli uffici, il capo è sempre un vecchio falangista (o “camisa vieja”): si segue il suo volere “y a callar”. Nelle fabbriche, poche, il sindacato libero non è permesso e tutti quindi devono uniformarsi alle direttive del capo. Nelle scuole pubbliche non è sempre così, ma in quelle private, che sono la maggioranza, rette da religiosi, il concetto non cambia.

Il film di Trueba parte da qui.

I personaggi sono un sedicenne, figlio di un poliziotto, in una famiglia che vive una tensione quotidiana da tagliare con il coltello. Una ragazza che è rimasta incinta e che non riesce più a sopportare la riprovazione sociale e l’incomprensione familiare. Un professore di scuola superiore, insegnante di inglese e latino, amante esagerato dei Beatles, che decide di partire per Almeria a parlare con John Lennon, che si trova lì con una troupe cinematografica. Il quarto personaggio è il titolare di un bar sperduto nell’arida e torrida terra andalusa, di origine catalana, padre di un figlio disabile, frutto della relazione con una ragazza italiana di Rimini, sorella di un disertore dei “volontari” di Mussolini, mandati in Spagna ad aiutare Franco.

I due ragazzi sono in fuga: non sopportano più l’atmosfera pesante delle loro case e famiglie. Antonio, il professore, è pure in fuga, dopo aver nascosto la sua scappatella al preside. L’unico che non scappa è il gestore del bar, Ramón: forse il personaggio più romantico del film. Si indovina che vorrebbe tornare in Catalogna, ma continua ad aspettare l’arrivo della sua compagna italiana, che ama tanto il sole (e ad Almeria ce n’è di sole e tanto) e che, come lui dice, si è probabilmente stancata di lui.

Fuga, dunque. Il film, in effetti, è una specie di “Road Movie”: la strada serve per portare lontano, ma, serve anche per avvicinare persone che mai, altrimenti, si sarebbero incontrate. Ma il Road Movie è spesso un film di formazione:la strada insegna, nel bene e nel male. Trovi il professore un po’ svitato, ma buona persona, che ti aiuta e ti insegna tante cose. Trovi una ragazza triste e sfiduciata della vita che ti apprezza per come sei e ti fa scoprire i misteri dell’amore e del sesso. Trovi un taverniere che ti prende a ben volere e si affeziona a te. Trovi un ragazzino disabile che ha solo bisogno di un po’ di affetto e di attenzione e scopri che la vita può essere bella e che puoi fare qualcosa di utile. Scopri però anche la cattiveria e l’ignoranza della gente e capisci che il mondo è popolato anche di questi personaggi che rovinano ciò che di bello e buono altri sanno creare. E che bisogna guardarsi da quegli individui.

 

Alla fine, tutto ritorna al punto di prima. Il ragazzo torna a casa: il padre è venuto a riprenderselo. Anche la ragazza torna. Pure il professore. Ramón invece non si muove; non si è mai mosso nel film. Aspetta, aspetta, aspetta. Forse la sua compagna tornerà prima o poi. Il senso della sua vita sono loro: Bruno, il figlio disabile, e Maria Concetta, la compagna italiana che ha saputo dargli tanto, tanto da non desiderare di tornare in Catalogna e decidere di restare in quel tugurio di bar, dimenticato dal mondo.

Antonio, il professore, è riuscito finalmente a vedere John Lennon. Si son parlati e la rockstar gli ha detto della sua intenzione di rompere il gruppo. Gli ha pure permesso di registrare una canzone che sta componendo: STRAWBERRY FIELDS.

Antonio è un uomo felice: ha dato un senso alla sua vita aiutando due ragazzi a ritrovare un po’ di fiducia. Questo è più importante della canzone che ha registrato. Al momento di congedarsi dal ragazzo, gli tende il registratore con la canzone di John; è uno dei momenti più intensi e commoventi del film. I Beatles, il rock, la musica, non sono niente in confronto a quel gesto. In quel preciso momento, Antonio si merita a tutto tondo il titolo di PROFESSORE, o quello che dovrebbe essere un professore. C’è da scommettere che ad Albacete (città in cui insegna), in una scuola, ci sarà un vero insegnante, capace di affrontare con coraggio l’ambiente quotidiano asfissiante, ipocrita e retrogrado. Ma non è detto che ci riesca: anzi, è probabile che finisca per essere cacciato dalla scuola. Ma non importa, in certo senso, egli ha vinto.

Lo stesso dicasi per i due ragazzi. Non c’è stata e non ci sarà catarsi per i loro genitori . Prova ne sono le poche parole che il padre poliziotto scambia con il ragazzo che è andato a riprendere. “Ti sei tagliato i capelli, eh?” e “E’ questa la musica moderna?”. Da manuale.

Il ritratto che Trueba ci offre della Spagna di quel tempo è realistico e per nulla consolatorio. La buona gente troppo spesso non è sufficiente per rendere migliore il mondo in cui vive.

 

 

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