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LE NOTTI DEL GIUDIZIO: QUANDO LA SERIALITA’ NON SCADE, MA ANZI MIGLIORA COL TEMPO
di alan smithee
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La serialità non è più da tempo solo appannaggio delle programmazioni o dei prodotti di stampo televisivo, ma da decenni il cinema si ripropone con i personaggi e le storie che hanno trovato esito favorevole presso il pubblico, o decide di proseguire a trasporre sullo schermo ciò che la letteratura talvolta rende già di per sé seriale.

Il problema è che spesso, troppo spesso, i seguiti anche numerosi del film capostipite, spesso un vero e proprio cult, si infiacchiscono e tendono a ripetere senza la verve originale i cliché e le situazioni che ci hanno esaltato o hanno reso indimenticabile l’opera originale.

Alien ha resistito piuttosto bene, ma non si può dire la stessa cosa per Terminator dopo che James Cameron ha abbandonato la guida degli ingranaggi, e Swarzy va e viene tra un mandato governativo e l’altro; e se serialità horror nate con veri e propri cult (Nightmare on Elm Street su tutti) rischiano spesso di deragliare (è successo in svariati casi, dal Venerdì 13 all’Halloween ante Rob Zombie), non fossero state riprese le briglie sciolte dal talentuoso (e compianto) Wes Craven (che in seguito ha imparato la lezione e non ha ripetuto l’errore di abbandonare una sua saga, permettendo a Scream di restare forte e cinefila, oltre che citazionista, lungo tutto il suo poker di capitoli), altri generi a metà strada tra l’action e l’orrore hanno spesso faticato per restare al passo con la buona o ottima opera capostipite.

In questi giorni esce in molti Stati europei il terzo capitolo della saga fanta-apocalittico-macabra THE PURGE, sempre a cura del medesimo regista dei suoi mai banali predecessori datati 2013 e 2014: James DeMonaco. Un regista non proprio cult, ma che ha avuto la brillante idea, condita forse anche con un pizzico di fortuna, di far combaciare il terzo episodio con alcuni aspetti, aderenze caratteriali, che contraddistinguono l’attuale, reale incandescente campagna presidenziale, nel duello sempre più agguerrito tra i due contendenti definitivi: un miliardario grezzo ed aizzatore, inguaribilmente razzista e probabile artefice di barriere e mura divisorie (sia strutturali che mentali), e una ex first lady che ci riprova nuovamente, ma che forse in fondo ha già esercitato la carica ai tempi del mandato di suo marito.

Alcune caratteristiche dei personaggi, anche solo a livello fisico e sessuale, a volte ideologico, coincidono alla grande, in alcuni casi in modo inquietante, e questo surplus in più che le circostanze reali ci hanno reso disponibile, diviene la scintilla, la leva che fa si che questo ultimo capitolo non solo tenga testa ai suoi predecessori, ma forse riesca alla lunga a superarli.

Siamo lontani da qualsiasi fenomeno cult, sia chiaro, ma The Purge è fino ad oggi una trilogia compatta e a suo modo matura, inquietante e (ma speriamo di no) profetica, a volte ingenua, a volte attraversata da personaggi non molto elaborati o sufficientemente complessi da considerarsi riusciti, ma lodevole, inquietante ed attuale da creare un certo subbuglio interiore, e riportarci con la mente a pensieri davvero seri.

Un prodotto che ritengo sarebbe bene mantenere trino, onde evitare future scellerate serialità senza fine, spesso dozzinali come accaduto a Venerdi 13, a L’enigmista, Wrong Turn e chissà quanti altri.

Ecco qui di seguito i tre film che compongono The Purge: e ora...liberatevi!! purificatevi!!! Finché siete in tempo….

 

Lo spunto di partenza di “The Purge” è accattivante quanto allarmante: nel solito futuro piuttosto imminente, i "padri fondatori" del nuovo diritto costituente hanno appurato e verificato che, per risolvere i sempre più impressionanti casi di violenza verso il prossimo, che portarono al riempimento delle sedi carcerarie e al collasso della gestione dei processi e delle misure cautelative,  il fatto di concedere all’umanità indistinta qualche ora concentrata una volta all’anno in cui poter sfogare liberamente e legalmente ogni proprio basso istinto di sopraffazione, avrebbe procurato nel resto dell’anno un rafforzamento della coscienza e dei valori di pacifica convivenza e rispetto del prossimo. Per questo motivo viene istituita una ricorrenza annuale di dodici ore (dalle 19 di sera alle 7 del mattino dopo) in cui ogni cittadino può legittimamente dare sfogo ai propri istinti senza pericolo di incorrere in conseguenze giudiziarie o penali. Il provvedimento, una vera e propria “purificazione” degli istinti (come da titolo originario)  acquisisce negli anni un valore civico che viene condiviso all’unanimità anche dalla popolazione più integerrima e responsabile, e pare portatore  di ottimi e concreti risultati sul mantenimento di una certa mansuetudine tra la popolazione, diversamente in preda a crisi di violenza divenute incontrollabili ed ingestibili dalle forze dell’ordine.
La nuova ricorrenza consente tra l’altro ad alcuni individui, e fra questi al nostro intraprendente protagonista, di arricchirsi con la vendita di strumentazioni divenute indispensabili: nel nostro caso dispositivi di sicurezza domiciliari, ormai basilari per superare indenni la notte dello sfogo collettivo.
La interessante premessa mantiene una certa vitalità di stile ed intenti anche quando il film comincia a descriverci i momenti di inizio della notte del giudizio, quella in cui l’azione di violenza viene giustificata ed accettata come un modo efficace per placare gli istinti in tutto il restante periodo dell’anno: i vicini agiati dei protagonisti che affilano le armi da taglio, i coniugi Sandin che si preparano ad attivare le linee di difesa sofisticate commercializzate dallo stesso capofamiglia, la moglie del protagonista che riceve un piccolo pensiero dalla garbata vicina di casa invero piuttosto insidiosa e supponente, che le spiattella amorevolmente tutto l’astio e l’invidia nei confronti di suo marito per i soldi che costui si è guadagnato spennando tutto il vicinato con i suoi sistemi anti-intrusione. Via via però che la vicenda prende avvio e la sceneggiatura si sofferma sugli altri membri della famiglia, cioè sui figli e sull’atteggiamento protettivo dei genitori su costoro, ecco che il film acquisisce quella convenzionalità e piattezza di situazioni che dalle premesse pareva poter essere evitata. Inoltre la caratterizzazione del vicinato, degli invasori mascherati col ghigno malefico, porta alla mente illustri e ben meglio caratterizzati personaggi (i vandali di Arancia meccanica, il duo di assassini di Haneke in Funny Games, ma anche i misteriosi aggressori di Distretto 13 le brigate della morte) di celebri capolavori a cui questo curioso esordio non riesce davvero a tendere. Peccato perché il riaffiorare di problematiche legate al razzismo (lo sfogo non può che dirigersi principalmente contro chi non si può difendere, e gli indigenti, tra i quali guarda caso emerge un individuo di colore che si introduce nella casa della nostra famiglia su intervento istintivo e caritatevole del figlio della coppia,  vengono braccati fino allo sfinimento) e alla sopraffazione delle classi più economicamente deboli sembrava funzionare davvero, catapultandoci in un nuovo medioevo di barbarie premeditate che è il peggiore degli incubi immaginabili. Ethan Hawke si conferma il bravo e serio attore che seguiamo sin dai tempi de L’attimo fuggente; molto meno convincente il resto della famiglia, figli in testa, legati a situazioni banali viste mille volte che sviliscono il filo conduttore di una trama diversamente piuttosto accattivante.

VOTO ***

"Benvenuti In America, dove una volta all'anno ogni crimine diventa legale": questo si legge e riassume efficacemente la locandina a proposito della cosiddetta "Notte dello sfogo".

Depurazione, espiazione, purificazione: questi aggettivi per esprimere il fine della notte al centro di The purge: ore che celebrano un avvenimento a cadenza annuale che nel prossimo e neppure troppo lontano 2023 è divenuto ormai una consuetudine, una ricorrenza di calendario, festeggiato, oggetto di culto, ma anche temuto come il peggiore degli incubi: ed in occasione del quale chi nutre risentimenti, rabbie mal sopite, rancori verso qualcun altro e per qualsiasi ragione, è sufficiente che attenda la predetta occasione per avere la possibilità di soddisfare le proprie pulsioni, di farsi giustizia, di placare la sete di vendetta senza incorrere in condanne o accuse di qualsivoglia genere. I “padri fondatori” del nuovo potere in carica hanno ritenuto che gli effetti benefici di questo sinistro e diabolico accordo, che rende il resto dell'anno pacifica e calma come pecorelle ammaestrate ormai la quasi la totalità della popolazione, siano superiori ad ogni altro quesito morale o religioso che, magari a prima vista, renderebbe piuttosto difficile per molti accettare senza opporre qualche perplessità, una soluzione di questo tipo, un compromesso così spregiudicato e devastante. 

Ecco dunque che il seguito di The purge, anche stavolta diretto da James DeMonaco, riprende (e potrebbe farlo all'infinito, per cui la minaccia di una serie lunga quanto quella di Saw è assolutamente in predicato o comunque plausibile, considerati anche i successi al box office Usa di entrambe le pellicole) a raccontarci un'altra serata da “libero me, liberi tutti”, in cui a farne le spese sono ovviamente gli umili, gli onesti, i pacifisti, cacciati e braccati, stanati dai loro rifugi come conigli indifesi da cacciatori sadici, ma “solo per una notte”.

Anarchia è un seguito dignitoso e in cui si respira con una certa gradevolezza l'aria un po' di serie “B” che nel primo episodio non si avvertiva, complice probabilmente la presenza, nel primo, di un cast forte di nomi più glamour rispetto a questo.

Tuttavia questa circostanza finisce per divenire una delle qualità più spiccate, evidenti ed apprezzabili di questo Anarchia.

Ecco allora che ci troviamo a seguire le peripezie di una madre e una figlia, salvate da un eroe tenebroso, crepuscolare e taciturno quasi da Far West, dal volto (e fisico) efficace di Frank Grillo, a cui si uniscono una coppia in crisi che si riappacifica grazie anche alla tesa situazione a cui essi vanno incontro e alla drammaticità degli eventi che vengono a definirsi, nella più tipica serata da incubo che si possa immaginare.

Certo,come quasi tutti i sequels, Anarchia appare carente di una propria personalità definita, di un inizio ed una fine compiuti e netti, che non ci sono e non possono inesorabilmente esserci perché da una parte dipendono dal discreto originale capostipite, e inevitabilmente dall'altra da chissà quanti seguiti a cui la produzione deciderà di dare seguito. Un film medio insomma, a cui do una sufficienza convinta (notevole anche la scena dello spettacolo sadico organizzato dalla classe dei ricchi,  potenti ed eleganti, una sorta di reality con offerte di beneficenza volte ad aggiudicarsi la preda da massacrare più ambita, da parte di un clan di veri e propri mostri che ricorda, con le opportune diiffereziazioni, i nostri club più altezzosi ed esclusivi presenti in ogni città, quelli dei ricchi che fanno beneficenza per lavarsi la coscienza), ma nulla di più; un thriller con un cast da serie “B” che risulta efficace e pertinente, assieme ad una ambientazione metropolitana da incubo che aspira e guarda (inutilmente ) a Carpenter e ai suoi capolavori da incubo più ossessivi e inquietanti, molto spesso pure loro ambientati in quartieri degradati in piena notte. 

VOTO***

La trilogia “The Purge” giunge a compimento col suo terzo puntuale tassello (ma nulla ci assicura che si tratti veramente dell’ultimo episodio) nel suo momento più opportuno: sfruttando cioè, intelligentemente e scaltramente, la circostanza delle imminenti elezioni americane, nonché lo spettro della minaccia rappresentata dall’elezione di uno dei due candidati dal modo di agire riottoso e qualunquista, integralista e scaltramente di facile presa (l’attuale candidato biondo color polenta e miliardario, per intenderci), nonché la caratteristica che l’altro candidato è, per la prima volta, una donna.

Attualizzando e aggiungendo in tal modo pepe, e dunque sapore, alla già concitata, lugubre, allarmante vicenda e circostanza che tutti ben conosciamo, se abbiamo seguito i due piuttosto validi primi capitoli.

I cosiddetti “Padri Fondatori” del nuovo ordinamento Usa, hanno da oltre un ventennio stabilito una data annua in cui ogni cittadino può deliberatamente dar sfogo a tutte le sue furie senza rischio di essere condannato o accusato di alcunché.

La circostanza ufficialmente ha lo scopo di calmierare il crimine comune lungo tutto l’anno, lasciando spazio e libertà d’azione ai cittadini lungo tutta una notte di agire per placare i propri sentimenti di vendetta o rabbia; di fatto una tenace giovane senatrice, unica sopravvissuta della propria famiglia ad un massacro perpetrato proprio quella fatidica notte di 18 anni prima, si batte da tempo affinché la popolazione insorga chiedendo l’abolizione di quell’abominio, e cercando con tutta se stessa di far affiorare agli organi di stampa le prove schiaccianti che testimoniamo come quel rito tribale altro non è che una misura di contenimento della popolazione fatta a misura di casta privilegiata e ricca, ai danni del popolo dei più poveri, che non ha soldi, basi e strutture per proteggersi da attacchi efferati e quasi sempre ingiustificati di chi utilizza questa crudele ricorrenza come un lasciapassare per dare sfogo ad istinti assassini più viscerali e malati.

Sembrerà eccessiva tutta questa costruzione od impalcatura audace e da incubo in cui si poggia tutta la serie, ma il film ha almeno il pregio di riuscire a rappresentare, al pari dei suoi precedenti, una società dominante vampira e senza limiti che apparirà pure a tratti caricaturale, spettrale, da loggia massonica assassina e satanica molto sopra le righe, ma che non si discosta molto, almeno a grandi linee, dal ritratto più realistico e meno caricaturale dei reali vertici assetati di potere e ricchezza che presiedono multinazionali e istituti finanziari del mondo circostante odierno: ovvero di quei pochi spaventosamente ricchi e sempre più avidi di accumulare risorse, che piegano, oggi ancor più maliziosamente di quanto già fece e fa molta parte della classe politica nel nostro paese, una massa sempre più ampia di popolazione, sempre inesorabilmente più vicina al limite minimo di sussistenza, e dunque debole ed indifesa, di fatto in posizione sacrificale.

In più il film offre la tensione fornita dallo spettro di una elezione prossima ventura che potrebbe, se fossimo davvero in una democrazia pulita, determinare la fine del regime dei Padri Fondatori, ma che in realtà è minacciata da una lobby potente e per nulla disposta a restituire il comando al popolo, come in ogni democrazia che si rispetti.

Inevitabile dunque, non pensare, almeno a grandi linee, alla situazione attuale di un’America che rischia sempre più seriamente di finire tra le mani di un “tycoon” vaneggiante e tronfio, ideale progettista di muri invalicabili, frontiere e altri pesanti vincoli come propaganda politica per cavalcare un malcontento che ha le sue fondate e ragionevoli motivazioni in sottofondo.

Così come la giovane senatrice bionda e di buoni sentimenti, candidata del popolo, osteggiata in tutti i modi e minacciata di morte, non può richiamare in qualche modo, anche solo per il fatto di essere femmina (e bionda), il primo candidato presidente donna, attualmente impegnato a superare l’ahimé favorito capitalista repubblicano coi capelli color polenta.

James DeMonaco non molla nemmeno questa volta le redini del progetto che mantiene smalto, nonostante qualche ingenuità di situazioni e dialoghi, nonostante troppi buoni e cattivi risultino a volte un po’ grotteschi nella loro reciproco disarmante schematismo comportamentale, e si dimostra, arricchito del contesto elettorale, probabilmente come il capitolo migliore e più storicamente connotato del terzetto.

Ottimo almeno come in precedenza Frank Gallo, che in questo contesto molto carpenteriano da Distretto 13, appare come uno Jena Plissken più macilento e aggiornato alle desolanti prospettive urbane odierne, quelle stesse che ci negano il fascino di una civiltà magari ugualmente compromessa, ma coi tratti futuristici che la rendono in qualche modo più altisonante e scenografica.

VOTO ***1/2

 

 

 

 

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