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Shondasex
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La censura omofoba praticata da Rai2 su Le regole del delitto perfetto lo scorso venerdì è una triste ma buona occasione per parlare della rappresentazione del sesso e della sessualità nella Tv americana e in particolare nelle serie di Shonda Rhimes, o meglio della sua casa di produzione Shondaland, che fra quelle dei grandi network Usa sono fra le più spinte.
Chiariamo subito che, anche se magari ne avete letti sui social, ogni paragone con Il trono di spade, Nip/Tuck e affini è del tutto fuori luogo perché queste serie vanno in onda su canali cable che sono molto meno controllati dalla Federal Communication Commission (FCC). Se poi richiedono un abbonamento come Showtime o HBO possono mostrare sostanzialmente quel che vogliono. Un po' diverso il discorso per le cable senza abbonamento (non-premium), infatti le scene di sesso per esempio in Mad Men erano meno esplicite rispetto agli standard di Masters of Sex e in generale nemmeno una cable dai contenuti forti come FX, che ha trasmesso per esempio Sons of Anarchy, può sbattere nudi frontali maschiliin faccia allo spettatore come su HBO accadeva già nel 2005 in un celebre episodio di Roma (ovviamente non è un video da vedere in ufficio).


Sui network le regole sono invece piuttosto chiare: come forse ricorderete nel 2004 in Usa si sollevò un gran baccano per un capezzolo scoperto durante un numero di Janet Jackson e Justin Timberlake al Superbowl e in linea di massima proprio il capezzolo femminile è la linea di confine tra quel che si può e non si può vedere sui network.
Ebbene le serie di Shonda Rhimes, tutte in onda in America su ABC, non valicano questa linea, ma tra ombre, inquadrature attentamente montate e dialoghi riescono comunque a rendere chiare le pratiche sessuali che hanno luogo nella serie. C'è stata in questo senso una escalation da Grey's Anatomy a Scandal fino a Le regole del delitto perfetto (The Catch per quel che ho visto è meno spinto di altre), e sono state compilate raccolte che documentano, meglio di come potrei fare io, questo progresso: per esempio quella di John Boone su Entertainment Tonight o la classifica delle scene più bollenti di Shondaland su E!. Non sono poi mancati articoli esplicativi, quando in un episodio di Scandal si è parlato “torre Eiffel”, ma non quella che sta a Parigi... A riprova poi di quanto l'azione possa essere intensa, nonostante il rispetto dei limiti della censura, c'è l'incidente occorso a Viola Davis lo scorso marzo nel girare una scena di sesso.


Questa franchezza trova un corrispettivo nelle parole stesse della producer che così si è espressa, in rapporto anche alla doppia morale riguardo la violenza in Tv: «Ho tre figlie, e trovo curioso che si possa sparare a qualcuno in faccia in Tv, mostrare l'atto interamente, vedere il cervello che schizza dal retro della testa, senza che nessuno batta ciglio. Ma se si mostra qualcuno che fa sesso, la gente si dice scioccata. Spero che le mie tre figlie crescendo facciano del sesso grandioso. Lo spero davvero. Non spero invece che sparino in faccia a qualcuno. Credo ci siano modi di rappresentare donne in controllo della loro sessualità, e con un forte punto di vista in merito, senza che sia un tabù da nascondere in qualche ripostiglio».
E proprio riguardo i tabù da ripostiglio (in inglese l'autrice dice “in the closet” che è un modo di dire tipicamente usato anche per l'omosessualità repressa o quantomeno nascosta) le serie Shondaland non si tirano indietro nemmeno di fronte al sesso omosessuale. Dice sempre la Rhimes: «quando mi chiedono perché ci sono tutti quei gay nei miei show, ecco la mia risposta: perché credo che tutti si debbano vedere rappresentato in Tv. TUTTI. Voglio bene ai miei amici gay e alle mie amiche lesbiche e penso che i matrimoni tra persone dello stesso siano la battaglia sociale della nostra era: ricordo quando la battaglia era contro il razzismo e Norman Lear [noto in Italia soprattutto per I Jefferson] dava spazio ai neri in Tv e credo che abbia aiutato a cambiare qualche idea. Fin quando accettiamo di restare a guardare mentre una persona non è libera, nessuno di noi è libero. Infine: se qualcuno sente che è legittimo chiedere “perché tutti quei gay nelle tue serie” allora significa che c'è un enorme problema da risolvere. È come chiedere “perché tutti quei neri nelle tue serie”, che è esattamente la ragione per cui ci sono molte persone di colore nelle mie serie: perché la gente continua a fare queste domande, come se fosse insolito. E questo vuol dire che abbiamo ancora MOLTA strada da fare)».


Più recentemente, ai tweet di una spettatrice che si lamentava delle scene gay, la Rhimes ha risposto senza mezzi termini: «Non ci sono scene gay, ma solo scene con persone. Se improvvisamente hai scoperto che nelle serie Shondaland ci sono scene con persone gay, allora vuol dire che sei arrivata molto tardi alla nostra festa. E se dici “scene gay” non solo arrivi tardi, ma non sei nemmeno invitata, addio. #oneLOVE »
Tutto questa sembra fosse sfuggito a Rai2 e alla sua direttrice Ilaria Dallatana, che ha mandato in onda venerdì sera il pilot di Le regole del delitto perfetto tagliando integralmente non solo la scena a letto tra due personaggi (Connor e Oliver) ma pure il bacio che l'ha preceduta. Il tutto senza invece scorciare alcunché dalle scene di sesso eterosessuale, non certo più morigerate di quella censurata. I fan hanno immediatamente documentato il colpo di forbici con un video su facebook e hanno raggiunto via twitter attori e autori, che non hanno mancato di rispondere.


L'autore della serie Pete Nowalk si è detto scioccato e deluso, Shonda Rhimes ha twittato che la censura di qualunque amore è imperdonabile e l'attore Jack Falahee si è chiesto: «Davvero il pubblico italiano non è “pronto” per la vita reale? Persino il Vaticano sta aprendo gli occhi». Tutto questo, unito alle proteste del pubblico, ha portato la Dallatana a cimentarsi in un imbarazzante scaricabarile: «Non c’è stata nessuna censura, semplicemente un eccesso di pudore dovuto alla sensibilità individuale di chi si occupa di confezionare l’edizione delle serie per il prime time». Quindi sulla pagina facebook del canale è arrivato l'annuncio di una replica in versione integrale della puntata, con scuse che di nuovo però rifiutano di parlare di censure e ricorrono a irricevibili eufemismi: «Un eccesso di pudore ci ha fatto sbagliare e ci scusiamo».
Mentre in Italia è sembrato di essere tornati a un clima da anni 50, anche in Usa la prima stagione di Le regole del delitto perfetto ha suscitato un dibattito, ma di tutt'altro livello. Segnaliamo per esempio la risposta di The Daily Beast a una recensione del New York Times dove, tra le altre cose, Kevin Fallon scrive che «La cosa rivoluzionaria di Shondaland è che i suoi personaggi gay, finalmente, se la possono spassare con la stessa libertà di cui tutti i personaggi etero godono in TV da molti anni».


Addirittura il dibattito ha trattato la questione dell'omosessualità “attiva e passiva”, ossia Top e Bottom, categorie in realtà machiste, di cui però Connor fa parecchio uso nei primi episodi della serie, come rileva il critico di Slate Bryan J. Lowder. I suoi dialoghi ci dicono infatti che tiene a precisare di essere colui che pratica la penetrazione piuttosto che colui che la riceve, come se quest'ultimo avesse un ruolo subordinato. Alla critica ha risposto Kevin O'Keefee del prestigioso magazine liberal The Atlantic facendo notare che se le annotazioni di Lowder sono corrette sembra però sfuggirgli che i protagonisti della serie commettono diverse azioni immorali e non sono certo proposti come un modello di virtù, dunque è perfettamente naturale che Connor «faccia propria una mentalità purtroppo diffusa tra gli uomini gay che considera il ricevente della penetrazione in una posizione sottomessa e/o effemminata – e dunque inferiore, per ragioni che valicano il confine del mondo gay. […] Probabilmente [Pete Nowalk] confida che il pubblico capisca come lo svalutare chi riceve la penetrazione sia sbagliato, esattamente quanto è sbagliato raggirare gli altri studenti, tradire il proprio partner e manipolare le giurie. O come sono sbagliati il razzismo e il sessismo». Sogniamo che un giorno anche in Italia si arrivi a discutere, in questi modi, di questi temi su pubblicazioni mainstream, magari anche grazie alla diffusione di serie come quelle di Shondaland.


Qui i precedenti articoli della rubrica CoseSerie.

 

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