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GAME OF THRONES - The Day After
di Andrea Fornasiero ultimo aggiornamento
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Si è chiusa ieri sera – in versione sottotitolata su Sky Atlantic – la sesta stagione del Trono di Spade, dopo un grandioso e terribile episodio di battaglia e dopo un po' troppi minuti spesi nell'interlocutoria sottotrama di Arya, solo nel finale giunta a uno sbocco convincente. A dominare l'ultima puntata è stata però l'esplosiva risposta di Cersei al processo intentatole dall'Alto Passero. Una soluzione a dir poco estrema, che ha messo in parte in atto un progetto di cui si è più volte parlato nel corso della serie: il folle sovrano deposto anni prima, per fermare il quale il gemello/amante di Cersei tradì il proprio voto, aveva deciso di bruciare la capitale e i suoi cittadini piuttosto che cederli ai ribelli. Cersei non arriva a tanto, ma distrugge pur sempre il principale luogo di culto della città sterminando anche un gran numero di civili, oltre ai rivali Tyrell, e spingendo suo figlio al suicidio.
Al di là della tragedia che si è compiuta e delle sue possibili conseguenze per l'intrigo della serie (a occhio diremmo drasticamente ridotto, con una netta e larga alleanza contro Cersei che fa il gioco di Daenerys), lo sterminio dei Septon, così come la partenza della Madre dei Draghi da Mereen senza nemmeno un incontro con Kinvara e l'esilio di Melisandre, sembrano riportarci alla situazione delle prime stagioni, quando la religione era cosa appena accennata e stranamente trascurabile.

Uno degli elementi più interessanti delle ultime due annate del Trono di Spade è stato invece il prepotente emergere della chiese come forze politiche, da una parte con il septon Alto Passero e i suoi fanatici e dall'altra con i preti rossi che predicano per le strade, a cui si aggiunge Melisandre che già dalle stagioni precedenti ha usato i suoi precetti religiosi per investire Stannis Baratheon di un'aura mitica e messianica. Last but not least, Arya è stata (troppo) a lungo a imparare gli esoterici segreti del Dio dei Mille Volti e del suo culto.

L'Alto Passero però si distingue dagli altri, non solo perché il suo ruolo è stato cruciale e il suo potere tale da sfidare la corona, ma soprattutto perché ha rappresentato una diversa istanza rispetto agli altri sacerdoti-stregoni: egli non è convinto di parlare direttamente con i suoi Dei, bensì ne segue alla lettera le scritture, ovvero si pone come un restauratore della Chiesa dei Sette Dei, deciso a riportarla al suo antico e feroce rigore. Questo da una parte ne fa il capo di una setta di fanatici, dall'altra – almeno a sentire lui perché purtroppo la prospettiva popolare in queste ultime stagioni si è del tutto persa, tolte alcune parentesi legate alla trama di Arya – egli è una sorta di alfiere dei poveri sudditi, vittime innocenti dello spietato Gioco dei Troni e distantissimi nelle loro miserabili condizioni di vita dai Lannister e dai Tyrell, le casate più ricche di Westeros che regnano su di loro.
Se dunque i preti rossi sono abili a costruire, diremmo oggi, uno storytelling dall'enfasi mistica e sono infatti ottimi agenti di propaganda (oltre a essere dotati di poteri magici), Alto Passero è invece a capo di una sorta di setta, che ha le radici nella miseria o nel pio senso di colpa di qualche ricco, come egli stesso dice di sé. Tra i preti rossi c'è però innegabilmente un legame con una forza superiore, che sottintende una sorta di purezza, mentre la Fede nei Sette Dei appare come un fanatismo più nella forma e nelle regole che non nello spirito del credo religioso. In questo senso è illuminante l'accusa di Cersei alla crudele Septa Unella, che paragona a se stessa in quanto donna che gode dell'esercizio del potere sugli altri. Unella non ha obiezioni, come fosse stata smascherata.
Se uno dei modelli di George R.R. Martin era la Guerra delle due Rose, dove di certo aveva peso il rapporto tra la religione e i pretendenti al trono, in una saga fantasy le istituzioni ecclesiastiche assumono connotati magici, le profezie si rivelano reali e lo scontro per la salvezza del mondo non è da intendere solo in senso spirituale. La Fede nei Sette Dei non apparteneva però a questa prospettiva e anzi ricalcava per certi versi la cristianità, con tanto di notevoli differenze tra diversi predicatori: si veda in tal senso il caritatevole septon pacifista interpretato da Ian McShane, propenso soprattutto a perdonare gli altri e quindi ben diverso dall'Alto Passero e dai suoi seguaci marchiati.

Il rapporto tra la religione e il potere sarà esplorato oltre nello scenario da dopo-bomba creato da Cersei? Gli indizi fanno pensare di no, ma sarebbe un peccato perché rimane pur sempre uno strumento per avvicinare il popolo – e potrebbe usarlo Daenerys contro Cersei. Soprattutto, senza la religione, il ritratto della politica e delle sue manipolazioni - che è l'elemento più maturo della serie, oltre che il più avvincente – risulterebbe troppo semplificato. E nessuno, nemmeno lo spettatore più distratto, vuole un Trono impoverito. Il septon è morto, lunga vita ai septon.


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