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PREACHER VS. OUTCAST - Il valore dell'infedeltà
di Andrea Fornasiero ultimo aggiornamento
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Il discorso che stiamo per fare vale anche per i cosiddetti cinecomics, dove non mancano esempi di ripresa quasi calligrafica e un po' museale del materiale originale, come Sin City e 300,contro adattamenti più fantasiosi come History of Violence o la gran parte dei film Marvel e DC. Del resto il fumetto, tranne quando si mette il vestito bello per farsi chiamare Graphic Novel, è per tradizione spesso seriale, soprattutto in America, e dunque è inevitabile che al cinema la narrazione risulti compressa e stravolta, mentre in Tv può essere ripresa più letteralmente o persino ampliata.
Questo è quel che succede in Outcast, dal comicbook omonimo di Robert Kirkman, dove ancora più che nel precedente The Walking Dead (in cui per lo meno sono stati aggiunti alcuni personaggi) sembra di assistere a un calco vignetta per vignetta del materiale originale. Questo è particolarmente vero nel pilot, che pochissimo si aggiunge al numero uno della serie a fumetti, ma non va molto diversamente nel secondo episodio, che ripresenta tre situazioni su quattro del numero due, ne anticipa un altro paio dai capitoli successivi e (supponiamo) ne posticipa una a episodi futuri. Le cose iniziano a migliorare con la terza puntata, nelle sottotrame di Megan e nelle indagini di suo marito. Considerato però il ritmo già di suo decompresso dell'opera di Kirkman e Azaceta il risultato non è proprio trascinante, soprattutto per chi il fumetto l'ha letto - e per altro non molto tempo fa, visto che la serie è recente.

A fare la differenza dovrebbe essere - data la fedeltà alla narrazione - una questione di estetica e recitazione. Il cast è di buon livello ma di nuovo è molto vicino ai personaggi disegnati e pertanto non sembra destinato a regalare particolari sorprese, con la sola eccezione del capo della polizia interpretato da Reg. E. Cathy: del tutto trascurabile nel fumetto ma destinato in Tv ad avere altro rilievo... prima o poi. Dal punto di vista estetico Outcast è poi una serie Tv certamente prodotta con cura, con malinconici cromatismi ingrigiti e ambienti in decadimento, in linea con il lavoro grafico di Azaceta, colorato ottimamente da Elizabeth Breitweiser, di cui però non sa riprodurre la nettezza delle ombre e la scomposizione della scena attraverso i dettagli. Non che questo andasse necessariamente ricreato, anzi, ma della forte personalità stilistica dell'originale se ne traspone qui una versione semplicemente più blanda.
Tutto questo ovviamente non compromette la riuscita della serie o il suo successo con il pubblico (che in larghissima misura non ha mai letto il fumetto di Outcast né intende farlo) ma solo il rapporto - perdente - con l'originale. Considerato poi che in questi stessi giorni ha finalmente visto la luce la serie di Preacher (di cui è parlato per molti anni), tratta oltretutto da un fumetto assai più di culto, è impossibile non fare considerazioni sulla filosofia che sta dietro ai diversi adattamenti.

Quello di Preacher è decisamente più libero perché del fumetto mantiene lo spirito irriverente e sopra le righe, risultando in una comicità splatter con spruzzate di violenza consapevolmente gratuita e abbondante turpiloquio. I personaggi rimangono una sorta di triangolo criminale tra un prete, una donna tostissima e un vampiro, ma sono interpretati da due attori su tre nemmeno somiglianti: un inglese e una etiope-irlandese anziché texani. Rimane naturalmente il potere del Verbo che possiede il protagonista, ma l'intrecchio è largamente stravolto, tanto che al terzo episodio (a parte per un flashback) ancora non si vede il Santo degli assassini e diversi personaggi, pur ripresi dal fumetto, sono fin qui poco riconoscibili, mentre altri del tutto nuovi si sono aggiunti. Per il futuro della serie ci sarà poi da vedere come gestiranno l'esplorazione delle più grottesche perversioni sessuali (ma già nell'incipit della terza puntata un personaggio frequenta lo snuff film festival) e l'intervento della Chiesa Cattolica, che su carta era piuttosto rilevante.
Proprio nel suo distanziarsi dal fumetto è difficile dire dove andrà a parare la serie e se la trama avrà alla fine un senso, d'altra parte per il lettore questa incertezza è una ventata d'aria fresca che innerva gli episodi di suspense e dona nuova vita ai suoi amati protagonisti. Del resto ripercorrere quella che hanno già vissuto su carta, in una versione in carne e ossa e dunque quasi inevitabilmente meno vivace, avrebbe forse accontentato qualche maniaco della fedeltà per la fedeltà, ma trasporre è già tradire: meglio farlo con gusto e senza sensi di colpa.

 
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