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J'ADORE CANNES 69 !
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Quattro giorni al Festival del Cinema Internazionale di Cannes 2016.

 

Sono almeno venti anni che a fasi alterne frequentiamo il Festival di Cannes ed ogni volta l’emozione si rinnova. Lo svincolo di uscita dell’autostrada (l’autoroute come la chiamano i francesi) è già di per se un motivo di eccitazione: giri nella rotonda ornata di macchia mediterranea e affronti Boulevard Carnot (quello del teorema studiato alle superiori!) la lunga discesa di accesso al mare. Semafori ogni 50 metri e coda. Durante il periodo festivaliero Cannes, viene letteralmente invasa da automobili e persone. Automobili e persone da ogni parte del mondo, la globalizzazione toccata con mano, convergono in questa perla della Costa Azzurra per vedere film, proporre film, sognare film, vendere o comprare film, recensire film, tutto concentrato in due settimane e pochi chilometri quadrati di spazio a disposizione.

Già a Dicembre, con i primi rumors, la febbre per la kermesse francese comincia a farsi largo e si dimenticano in fretta tutte le difficoltà della edizione precedente. Place 18 Juin precede la vista del Palais a cui si accede da una mezza curva discendente ai lati della quale puoi trovare ogni tipo di locale “mangereccio”, sì perche possiamo scriverlo senza timore di smentita , il Festival Internazionale del Cinema di Cannes è (anche) una immensa industria di somministrazione alimentare.

 

 

Mangi a tutte le ore del giorno e della notte, potendo scegliere dall’alta cucina al chiosco paninaro, evitando con cura  di bere il caffè che da anni si ostinano a chiamare ristretto all’italienne. La Polizia Municipale è presente in maniera massiccia ma con scarsi risultati, sia per evitare posteggi selvaggi che ingorghi secolari,così  a fatica, sabato 14 maggio,  sfidiamo la prima coda della giornata e della nostra permanenza al Festival: lo  stand dedicato ai  Cannes Cinephiles con il  ritiro degli agognati accrediti.

Accrediti che peraltro sono i più “scarsi” della rassegna ma che ti permettono una discreta libertà di movimento all’interno del  Palais du Festival (oltreché quel senso borioso di appartenenza al mondo cinematografico, che ti dona quel rettangolino di plastica con foto e generalità, ciondolante dal collo!). Passi tra le grinfie degli uomini della sicurezza privata, sempre eleganti in completo nero e camicia bianca e al bancone ti offrono i biglietti “gialli”, quelli destinati alle sezioni minori del Festival ovvero Cannes Classics e Séances  Spéciales ( che quest’anno sono in versione azzurro pallido, per confonderli con alcuni  En Compétition, dannati francesi!).

 

Ma scorrendo il programma della Quinzaine des Realisateurs scopriamo che alle 12,00 è previsto il film POESIA SIN FIN, per la regia di Alejandro  Jodorowsky presente in sala. Corriamo a far la fila. Dopo circa un’ora entriamo. E non vorremmo uscire mai più.

 

Poesia Sin Fin

 

Mai titolo fu più indovinato, il grande poeta scrittore drammaturgo pittore attore circense regista cileno ( che consideriamo un genio),compie un’altra delle sue magie e ci trasporta negli anni ‘30/40,  per raccontarci la propria vita, gli esordi artistici e i primi amori nonché la sua Nazione,con tecnica e trucchi mutuati dal Teatro, ma tradotti in immagini cinematografiche di rara bellezza e vigore espressivo.

Alejandro Jodorowsky

 Alejandro Jodorowsky

 

Poesia sin fin è la prima stupefacente sorpresa di Cannes 2016, ma la seconda non è da meno. Via di corsa a mettersi in fila per il Montée des Marches, inizio ore 15,00 (perché i francesi sono puntuali!)  per vedere TONI ERDMAN di Maren Ade, film tedesco di cui non conosciamo nulla  e verso il quale  nutriamo qualche perplessità prima di entrare e che invece si rivela geniale e sbalorditivo! 

Toni Erdman

 

La storia di un padre alla ricerca della complicità smarrita con la figlia. Detta così questa trama scespiriana sembra un dejà vu,  invece la quarantenne regista tedesca sbaraglia tutti dilatando i toni della commedia,  proprio quando il registro sembra condurre verso il dramma familiare, ammiccando in parte alla comicità rumena  (buona parte del film è girato a Bucarest), ma costringendo lo spettatore ad una analisi spietata della  ambizione cinica sposata al carrierismo. Domanda Winfried alla figlia Ines :<< ma tu fai qualcosa di umano?>> . Straordinari i due interpreti principali, Peter Simonischeck (Wienfred/Toni) e Sandra Huller (Ines) che,  per ordini interpretativi diversi (gigione il primo e arida la figlia), reggono per ben due ore e quarantadue minuti la scena di una commedia drammatica, in cui si ride di continuo. 

 

Usciamo dalla sala con ancora  impresso negli occhi,  il costume bulgaro dei Kukeri mentre avvolge con abbraccio affettuoso la algida biondina in carriera, che veniamo catapultati nel marasma cotto al sole, un fiume di persone sparate dal microonde. Cannes è (anche) questo, migliaia di persone brulicanti a caccia di una Invitation . Già l’invito, ossia il biglietto che ti permette di assistere alle proiezioni dei film in competizione, quelli dentro al Grand Theàtre Lumiére (dove abbiamo visto TONI ERDMAN per capirci!)  in cui è presente l’intero cast del film che sfila sul tapis rouge e riesci magari a rubare uno scatto o un selfie (mentre i body guard ti inseguono sulla scalinata!). Entriamo nel Palais per un caffè, chi guarda i films mangia poco e beve tanti caffè, per questo motivo una nota marca internazionale, ha approntato un servizio bar (gratuito!),  che  permette di degustare tutte le selezioni possibili rallentando il ritmo partita. Quest’anno va di moda l’ice macchiato, una sorta di beverone con latte freddo e caffè caldo sul fondo a sorprendere il palato. 

Toni Erdman

Il Cast di Toni Erdman

 

Signore e Signori di Pietro Germi, con il bianco e nero lampeggiante riflesso dallo schermo gigante sulla spiaggia, illumina la Croisette, mentre le prime luci degli alberghi superlusso preludono alla vita notturna. Il mattino seguente ci vede nuovamente in fila alla Quinzaine per TOUR DE FRANCE di Rachid Djaidani (sveglia ore 6,45 con 15 minuti di bus per inizio proiezione ore 8,45 ! ed è domenica mattina).  La storia racconta dell’incontro tra un giovane rapper  dal nome d’arte Far’Hook e Serge, un francese ”vecchio stampo” interpretato da Gerard Depardieu. Il tema dello scontro generazionale e razziale emerge con delicatezza e ironia in questa favola di periferia, che prende a pretesto il giro di Francia con pennello e tavolozza,  per sviscerare le radici profonde del mal de vivre che attanaglia la società francese ed europea  nel suo complesso . Il Rap dissacrante cantato da Serge (Gerard Depardieu), in aperta polemica con il giovane francese di origine araba, vale da solo il prezzo del biglietto!

 Tour de France.

 

Stessi temi, ma affrontati con maggiore violenza e  crudo realismo, li ritroviamo nella pellicola successiva dal titolo CHOUF di Karim Dridi, che descrive il progressivo “abbruttimento” di un ragazzo perbene delle banlieu  di Parigi, a cui ammazzano il fratello e l’irremovibile desiderio di vendetta che ne consegue. Inserito nella Séance Spéciales, le riprese dei luoghi e dei fatti a tratti ricordano lo stile di Gomorra e di Reality, a riprova che l’aspetto glocal gioca una un ruolo fondamentale nella cinematografia europea. 

 

 Sofian Khammes

 Il Cast di Chouf

 

Ancora adolescenti, ma questa volta della sterminata campagna americana, si muovono nel piccolo gioiello dal titolo MEAN DREAMS, regia di Nathan Morlando, che riporta l’Amore contrastato al centro della contesa, soprattutto la forza dirompente e incontrollabile che il sentimento tra un ragazzo e una ragazza può sprigionare, se messo in grave pericolo da forze maligne. Ottima prova dei due giovani attori protagonisti Josh Wiggins e Sophie Nélisse ostacolati dal padre padrone interpretato da Bill Paxton.

Il Cast di Mean Dreams

 Josh Wiggins e Sophie Nélisse

 

 

Lunedì 16 nasce nella speranza che un po’ di gente abbia fatto ritorno a casa. Magari meno file! Così non è . La citttadina provenzale  fiammeggia di sole limpido e le code davanti alle sale di proiezione si allungano come serpenti orientali. LES VIES DE THERESE mette a dura prova la nostra resistenza in sala, perché il coraggioso docufilm del regista Sébastien Lifshitz degli ultimi giorni di vita di Thérèse Clerc, sfiora in alcuni momenti il patologico, trascurando il racconto delle peripezie di una femminista anzi tempo, per indugiare troppo a lungo,  con la camera, sulla donna malata grave.

Sébastien Lifshitz

 

 

Riprendiamo subito vigore con la regia aggressiva di David MackEnzie e il suo HELL OR HIGH WATER, un action movie dalle tinte fosche che se non altro ha il pregio di regalarci un Jeff Bridge sceriffo imbolsito e come protagonista uno degli attori più belli visti a Cannes quest’anno, ovvero  Chris Pine nella parte di uno dei due fratelli che, nipoti dell’Americadepressa” di John Steinbeck,  perseguono il riscatto sociale per i propri figli attraverso le rapine nelle Banche, le stesse istituzioni da cui si sentono maggiormente umiliati.

Chris Pine

David MackEnzie

 Ben Foster

 

Neanche il tempo per un break  e scivoliamo di nuovo  sul tapis rouge con tanto di farfallino di ordinanza . Il geniale Jim Jarmusch ci chiama e noi non sappiamo resistere. E il sessantatreenne regista di Akron (Ohio) non tradisce le attese, portando sul grande schermo una poesia di film, un atto d’amore a tutte le arti della mente( cinema compreso),  che racconta delle pene d’autore di un comune autista di linea,  mosso dalla grande passione per le parole che egli stesso scrive . PATERSON, questo il titolo, rappresenta  il regalo in punta di piedi ( potremmo dire in punta di penna! ) del Jarmusch maturo, che dosa sequenze e dialoghi e sottolinea pochi passaggi, per lasciare ampio respiro al personaggio (che da il nome al film),interpretato perfettamente da Adam Diver, giovane poeta sognatore di una America alla ricerca di  radici solide su cui poggiare il futuro.

le Tapis rouge per Paterson

Golshifteh Farahani e Jim Jarmusch

Adam Diver

 

Alle 7,00 del mattino di Martedì 17 siamo in attesa febbrile della visione di FIORE, per la regia di Claudio Giovannesi, al Thèàtre Croisette. Il film del giovane cineasta romano è uno dei titoli che attendevamo da prima della partenza per il Festival! Sarà vero che pecchiamo di sano  provincialismo , ma il nostro sostegno in sala (e non solo) va con maggior vigore al made in Italy e per questo motivo, aver saputo che Marco Bellocchio ( FAI BEI SOGNI ) e soprattutto Paolo Virzì con LA PAZZA GIOIA , hanno ricevuto calorosi  consensi , ci riempie di orgoglio e senso di appartenenza (frequentando le rassegne straniere ti accorgi di quanto il Cinema sia importante come elemento di legame e rappresentanza per la Nazione!) .Italiano o meno, il film piace e te ne accorgi dagli applausi finali.

Claudio Giovannesi

 

 

 

La storia descrive la vita in carcere di Dafne e Josh, due minorenni che per furto si incontrano nella struttura di reclusione e intrecciano una relazione fatta di occhiate e pizzini furtivi. Una bellissima storia di amicizia e amore fatta di piccoli gesti e parole scritte su carta, in un non luogo (il carcere minorile), al tempo della comunicazione 3.0.

Dafne Scoccia

 

Quasi come per  contrappasso di pena per uno smartphone estorto con violenza , Dafne deve fare i conti con le parole (dette e non dette con il Padre), gli sguardi ( sospettosi e dolci con le compagne di cella )  e la scrittura a penna ( invece del pollice nervoso sulla tastiera!) per riconquistare la sicurezza in se stessa e la fiducia in Josh. A fine proiezione Claudio Giovannesi ha risposto ad alcune domande del pubblico e della stampa( di cui accenneremo in seguito) ma è stato l’incontro con Dafne Scoccia (Dafne) e Josciua Algeri (Josh) che ci ha profondamente commossi. Tutti e due giovanissimi, venti anni lei e ventuno il ragazzo, appaiono frastornati da tutto il clamore intorno al film. Dafne, romana, ci racconta che la sua è stata una vita difficile, fatta di espedienti  che gli hanno procurato denunce e detenzione, “piccoli pasticci”insomma e che mai si sarebbe sognata di recitare in un film. Vale lo stesso per Josciua, che non finisce mai di ringraziare con le lacrime agli occhi Claudio (Giovannesi ) che è andato a scovarlo in un carcere a Milano, per dargli una grande opportunità. Racconta Josciua, che si era iscritto ad un corso di recitazione teatrale all’interno della struttura penitenziaria e che ma mai e poi mai avrebbe immaginato di essere protagonista di un film. Lui giovane milanese “maledetto” che poche ore prima di giungere  Cannes non aveva il permesso dalla Questura per espatriare, ora si gode la notorietà inattesa, progettando di studiare recitazione con impegno,  per  donare un futuro migliore al bimbo che lo sta aspettando a casa.

Josciua Algeri

 

Si avvicina l’ora di Almodovar. Al Grand Théàtre Lumiére entriamo per vedere JULIETA del passionale artista spagnolo, che ci affascina sempre con le sue storie di donne e di madri. Non si smentisce neanche con  JULIETA,  che narra le traversie di una bella ragazza di Madrid che diventa adulta sospinta dall’Amore e tradita dal Fato.

Julieta

 

Una commedia drammatica con al centro il rapporto madre figlia drogato dall’imponderabile. Usciamo commossi dal grande Pedro e decidiamo di affrontare la fila per L’EFFET AQUATIQUE di Sòlveig Anspach ( il cui nome non ci ricorda nulla!), ma ancora una volta facciamo centro! Sarà perché ne venivamo da due storie cariche di significati ( FIORE e JULIETA) ma L’EFFET AQUATIQUE ha un effetto benefico e corroborante su di noi ( Ridiamo a più non posso e soprattutto ridiamo di un umorismo francese di cui non conosciamo appieno i tempi tecnici ) .

Samir Guesmi

 

Il film tratta dell’innamoramento di Samir verso l’insegnante di nuoto Agathe e delle incredibili peripezie per conquistarla.

Samir Guesmi e Florence Loiret-Caille

 

Comicità demenziale alla Peter Sellers ( il maestro mi perdoni!), in un alternarsi di casualità e successi  di cui solo il sentimento ne esce vincitore. Fenomenale la maschera dell’attore Samir Guesmi (  Samir ) che unita all’eccentricità di Agathe ( Florence Loiret-Caille ) creano una miscela esplosiva ad alto gradimento. Giusto il tempo di gioire per ritrovare il dramma nel nuovo film di Delphine e Muriel Coulin dal titolo VOIR DU PAYS, che ci accoglie in sala Debussy. La storia di una guarnigione di soldati francesi in vacanza “premio” a Cipro di ritorno dall’Irak.

 

Tre giorni di relax in un albergo a cinque stelle prima del ritorno a casa, ma che nasconde il tranello dell’idoneità: dovranno sottoporsi ad un test psico attitudinale di guerra simulata, che rivelerà i traumi profondi dell’inconscio ai quali sono stati sottoposti durante la missione di Pace. Straordinaria la capacità del regista di farti “patire” la Guerra in assenza di azione, trasferendo sugli schermi informatici tutto il dramma che un conflitto trascina dietro di se. Mentre calano le tenebre su Cannes accade l’ennesimo miracolo, sempre nella sezione Certain Regard il regista americano Matt Ross propone un’opera di formazione  che ha pochi precedenti : CAPTAIN FANTASTIC.

 

Per parlare di questo film occorrerebbero più pagine ( forse lo faremo in seguito)  ma una cosa è certa, la vicenda che racconta Ross è una storia che andrebbe divulgata a livello pedagogico e comportamentale, un piccolo capolavoro di strategia familiare che lo rende molto “pericoloso” alla  pubblica visione( incontrollata).

Captain Fantastic

Un film divertente coraggioso e commovente con Viggo Mortensen  in stato di grazia e l’America in ginocchio. Mercoledì 18 è l’ultimo giorno di permanenza alla kermesse festivaliera.

Dragées au poivre

Ci concediamo un Cannes Classics, perché il bianco e nero fa bene allo spirito e la nouvelle vague non passa mai di moda,  dal titolo DRAGEES AU POIVRE di Jacques BARATIER,  all’interno del quale ci commoviamo per Monica Vitti, bella e brava con il suo francese arrotato.

Guy Bedos

Finito l’incontro con Guy Bedos, uno degli interpreti del film, ci  precipitiamo all’uscita  per dirigerci alla Semaine della Critique dentro al Miramar, dove sta per iniziare a A YELLOW BIRD di  K Rajagopal, che affronta la scomoda situazione degli indiani ( dell’India) nella città di Singapore a governo cinese.

 

Il dramma scava nella vita di Siva, un uomo appena uscito di galera che vaga per la città “dolente” alla disperata ricerca della moglie e della figlia, sottoponendosi alle umiliazioni ed ai ricatti di una società corrotta: il peregrinare nei bassifondi rivela l’oscurità in cui vive una larga parte del substrato della popolazione (mondiale).

 

Huang Lu

 

Il film è ben diretto e provoca in noi un forte senso di disagio e asfissia, che il regista ( presente in sala ) indica come chiave di lettura della sua opera.  

Usciamo all’aperto. Le camionette della Gendarmerie presidiano i punti strategici della cittadina rivierasca, sono lontani i tempi nei quali si entrava e usciva a piacere dal Carlton o dal Martinez senza essere fermati, oppure poteva capitare di bere un drink con seduto al bancone Nick Nolte leggermente alterato o  incontrare John Travolta con il telo da mare e ciabatte. Dopo l’11 settembre e con maggiore pressione dopo i tragici avvenimenti di quest’anno, anche il più importante Festival del Cinema del Mondo, ha dovuto cambiare registro, imponendo misure restrittive e percorsi di pedonalizzazione sempre più labirintici e penalizzanti.

 

Ma Cannes resta Cannes, con il  fascino intatto di una quasi settantenne curiosa e seducente.   

Si torna a casa au revoir et merci Festival!

 

Lu Abusivo.

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