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Talk about the passion - R.E.M.
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Si sa, le passioni di lunga data nascono spesso dal nulla. Nel mio caso non ho potuto fare certo come Luciano Ligabue che ascoltava i R.E.M. dalle radio pirata negli anni ottanta (aspetto ripreso nel suo sorprendente “Radiofreccia” e passione manifestata  dalla sua cover “A che ora è la fine del mondo”, lui adora i R.E.M.), ma quando bazzicavo le scuole medie e tutti guardavano “Beverly hills 90210” fu un trauma condiviso l’ascolto in fase down di “Losing my religion” da parte di Brenda. Eh, lo so, si tratta di una citazione tra le meno colte possibili ed immaginabili, ma a parte il pezzo che ha fatto storia (inserito praticamente in ogni sorta di classifica di gradimento di sempre) e che ha una sua strettissima valenza cinefila (vedremo poi) quando il giorno dopo andai dal mio negoziante di dischi mi si aprì un mondo. Internet ancora non era nemmeno lontanamente ipotizzabile, era ancora bello scoprire le cose pezzo per pezzo, mi ritrovai i due dischi di successo targati Warner più tutti i loro lavori anni ottanta indipendenti, per giunta venduti a prezzi stracciati (care vecchie lire ...). Fu un’autentica immersione, tornai a casa con sei cd (non avevo abbastanza lire per tutti), senza sapere bene cosa mi aspettava. Quando si dice che un hit single non è casuale, mai come nel caso dei R.E.M. fu così.

 

 

Carriera in pillole (e le sue svolte)

From Athens –Georgia- i R.E.M. (Rapid eye moviment, "sogni profondi") nascono dal profondo sud americano, nel tempo sono divenuti un esempio, in molti rimangono legati alle loro pietre miliari da “commercial sound” in realtà la loro matrice è parecchio diversa ed il fatto di aver vissuto quella gavetta che molti grandi gruppi a loro similari non hanno nemmeno visto di striscio, comporta il fatto che i loro primi album siano sconosciuti ai più. Per una decina di anni hanno sgomitato, nonostante il primo album (“Murmur”, 1983) sia considerato tra i migliori esordi di sempre (ad esempio dalla rivista “Rolling Stone” che lo piazza 18esimo), sono famose le loro dispute con i Gun’s and Roses, probabilmente l’unico gruppo di richiamo con cui abbiamo avuto a che dire (un’acredine realmente dura, ma la storia parla chiaro …). Anni ottanta con lavori rimasti praticamente “udibili”, almeno in diretta, solo oltreoceano con almeno un album (riconosciuto come) meraviglioso (“Lifes rich pageant” è un distillato rock/pop/punk perfetto dalla "A" alla "Z"), tanta stima e pochi riconoscimenti, poi arriva “Document” con la hit “The one i love”, ma soprattutto “It’s the end of the world as we know it (and i feel fine)”. Da qui il grande salto nel gotha, firma per la Warner con un primo album international (“Green”) e poi “Out of time” il loro più grande successo commerciale. Album introdotto da una chiara allusione "Il mondo sta collassando nelle mie orecchie" siamo in piena Guerra del Golfo, poi esplode il fenomeno “Losing my religion” (mentre scrivo scopro che il link principe ha “solo” 169 milioni di visualizzazioni) è la super hit, poi raddoppia l'allegra e dirompente “Shiny happy people” (per Stipe la loro traccia più sopravvalutata di sempre). Arrivati al successo mondiale fanno il capolavoro, non si piegano e rilanciano, “Automatic for the people” (per chi scrive il loro, e non unico, capolavoro), copertina anonima color grigio (nei tempi in cui contava parecchio) e testi crepuscolari tra morte (“Sweetness follow”), desiderio di chiudere una vita che è stata piena (“Try not to breath”), ricordi di una gioventù dove tutto era possibile (“Nighswimming” la mia canzone preferite di SEMPRE) e comunque pregnanti di tristezza (hit single “Man on the moon” e la celeberrima “Everybody hurts” (video da pelle d'oca al Glastonbury 2003) che una volta di più celebra il fatto di non "saper scegliere" i single, il brano è il quarto estratto ed a oggi è praticamente un inno) nominato a ben donde come album autunnale per eccellenza. 

 

 

Tempi di (non vana) gloria, riconosciuta l’amicizia di gruppo con i Nirvana, Michael Stipe e Kurt Cobain erano molto amici, Kurt si definiva un fan dei R.E.M., adorava “Automatic for the people” che era il disco che aveva nel lettore quando venne ritrovato cadavere (link); c’era in discussione un progetto comune che ahinoi non si è mai potuto fare. Dalla sua morte nasce “Monster”, probabilmente il peggior album dei R.E.M. (al netto di alcuni album pop dei primi anni 2000), successo totale in fatto di vendite, teniamoci stretta “Let me in” dedicata da Stipe e soci proprio a lui. L’album fu un mezzo disastro per la critica (che li stava coccolando parecchio), ma piacque agli “alternativi” ed al "popolo", il tour mondiale fu tra quelli di maggior successo degli anni novanta, in Italia toccò Catania ed era cosa insolita per quei tempi (e non solo), la giovane Carmen Consoli fu parte in causa.  Da un tour lunghissimo, disastri e novità; un centinaio di pezzi nuovi provati “on stage” a sorpresa ed il batterista Bill Berry che ha un aneurisma; da qui nasce un capolavoro rock meditativo tipicamente americano "old style" come “New Adventures in hi-fi”, primo album del nuovo contratto Warner (record assoluto ai tempi, 80 milioni di dollari), copertina in bianco e nero di paesaggio e primo singolo che dice tutto, una ballata “low” come “E-bow the letter” con Michael Stipe che duetta con l'amica Patti Smith.  Niente tour, d’altronde non c’è più il batterista che da qui in poi non verrà mai più sostituito come membro stabile (anche su questo non sono elementari). Con “Up” si sperimenta, tra luci ed ombre, come ovviare a questa mancanza, si spara un’ipotetica hit ma il meglio sta altrove tipo “Lotus”, proposta da diversi locali alternativi nel corso degli anni. Da qui in poi alcuni album tremendamente pop come “Reveal” e “Around the sound” che non fanno presagire nulla di buono, lavori ordinari con magari estemporanee eccellenze, ma senza urgenze sonore ed uno stile che tra cose buone e meno si ripete. Dopo un “The best of”, che non si fa mancare nessuno, con la auto cover di “It’s the end of the world”, una pausa e quello che non ti aspetti. “Accelerate” è una scheggia rock, meno di quaranta minuti distillati ad una velocità ed uniformità pazzesca, zero incursioni pop, tutto arriva nel mentre che parte. Altro tour mondiale con date italiane sold out (Arena di Verona, Arena Brera a Milano e stadio di Udine, presente alla prima) e poi “Collapse into now”, album che esce con l’anticipo di “Discover” che illumina, mille partecipazioni (tra gli altri ancora Patti Smith e Eddie Vedder), primo single “U-Berlin” traccia remmiana  “doc” e poco dopo l’annuncio che non solo non ci sarà un tour ma che proprio è la fine dei R.E.M. Michael Stipe annuncia che i R.E.M. sono finiti e che se un giorno torneranno insieme lo faranno solo per soldi (viva la sincerità). Ad oggi tutto tace, nel mio cuore li vorrei rivedere lì su di un palco e saltare, e piangere, come un disperato assieme a loro, ma spero ancora di più in quella coerenza che li ha resi unici nel panorama mainstream. Ok, sono passati cinque anni, sono coerenti! Chiudo il paragrafo con la magnifica "E-bow the letter", per un gruppo da 10 milioni, ad andar male, di copie a disco fu un singolo folle (occhio a dare carta bianca agli artisti), anche se bellissimo ecco il video.

 

 

Video musicali – Le grandi collaborazioni

Oggi i video musicali sono più importanti dei singoli in se, vent’anni fa era tutta un’altra storia. Chi ha la mia età, ad occhio tra i 35 ed i 40, non può non ricordarsi il video di “Losing my religion” di Tarsem Sigh. Fu un salto triplo a livello figurativo, commercial, ma anche blasfemo nella sua rappresentazione, nel suo un’opera a se stante ricca di simbologie, un video che nel tempo non ha perso nulla del suo valore.

 

 

Michael Stipe ha sempre amato il cinema, anche molte successive clip non sono casuali. Sono tanti i registi di oggi che hanno diretto i loro video, oltre a Tarsem, facile menzionare Spike Jonze (“Crush with eyeliner” ed “Electrolite”) ed Anton Corbijn, mentre con l’ultimo album “Collapse into now”, Sam Taylor-wood ha diretto U-Berlin” (gran video con Aaron Johnson) e James Franco "Blue".

 

Colonne sonore

Quando Milos Forman decise di girare “Man on the moon” fu inevitabile la collaborazione con i R.E.M. per la colonna sonora che gestirono in toto a partire dall’omonimo pezzo che anni prima avevano già proposto, e che fu hit già conosciuta praticamente a tutti. Oltre ai pezzi strumentali pensati ad hoc ecco il single “The great beyond” con un video pieno di inserti dal film (grandioso Jim Carrey), avrebbe meritato l’Oscar, ma poco sposta gli equilibri, rimane un video da ammirare con Stipe che recita al pari di Carrey (monumentale). Finiti i R.E.M, Michael Stipe ha scritto in proprio la colonna sonora di “The cold lands”.

 

 

Pezzi prestati al cinema.

La lista potrebbe essere infinita tra tanti pezzi ripresi ed alcuni pezzi pensati ad hoc per il regista di turno. In questo campo ecco l’immensa “Fretless” per Wim Wenders, traccia remmiana per eccellenza che si presta al tema in tutto e per tutto, immersiva, suadente e decadente.

Sweetnes follows e “All the right friends” - "Vanilla Sky"

What’s the frequency Kenneth - "Al di là della vita"

Everybody hurts – in decine di titoli, recentemente accennata in “Cattivi vicini” e nella serie “1992” più ne “Il dittatore”

Walk unafraid -  “Wild”

Strange currencies” e “Perfect circles” - “The end of the tour”

Driver 8” - “Nudi e felici”

Leave” - “Una vita esagerata”

Supernatural superserious” - “La verità è che non gli piaci abbastanza”

Stand” - “Certamente forse”

It’s the end of the world” apre “Indipendence day”

Shiny happy people” in “Io & Marley”

How the west was won and where it got us” - “Bowling a columbine”

Fretless” - “Fino alla fine del mondo”

 

 

 

Michael Stipe produttore cinematografico

Avevo già anticipato che Michael Stipe ama il cinema, ma ci ha investito pure (eh, i dollari non gli mancano) e con scelte lungimiranti.Tra gli altri ha prodotto di tasca sua opere quali “Essere John Malkovich” e “Velvet Goldmine” (fu uno dei primi ammiratori di Todd Haynes), non proprio film da nulla. Nel secondo titolo emerge la sua carica “glam”, dopo anni da “one man show bisex”, non è un segreto che oggi viva serenamente con un compagno.

 

Influenze, amicizie, collaborazioni ed omaggi

Più che influenze ricevute sono soprattutto date, loro sono arrivati prima anche se a non attento osservatore può risultare strano, ma nei primi anni ottanta hanno dettato una linea punk/rock poi ripresa anche in forme differenti. Kurt Cobain non ha mai lesinato elogi a Stipe e soci, gli U2 (“One” cantata da Stipe), ben più famosi in questi lidi, idem, Eddie Vedder li considera come precursori assoluti, Thom York ci va a nozze (versioni live di “Lucky” e “Karma police” e i Radiohead nei credits di "O.K. Computer" mettono i "R.E.M." tra in ringraziamenti). Patti Smith ha collaborato con un singolo ed invita Stipe ad ogni occasione, insieme a Bruce Springsteen hanno fatto campagna elettorale per Kerry, cosa che gli americani (bigotti) non hanno mai loro perdonato (…) e più in generale non hanno mai difettato in impegno sociale (versione live di “Losing my religion” con Chris Martin). E chiudo questa sezione con la performance live di “Because the night” di Stipe col Boss. A parte, come quasi tutti i grandi gruppi americani, anche loro sono transitati in una puntata de “I Simpson” mantenendosi "remmissimi" nel messaggio "educato" (anche se ad un certo punto a Stipe "girano" ma Mills gli ricorda che lo stile "R.E.M." non si tocca :D ). 

 

 

Titoli di coda – dal 2011 ad oggi-

Con “Collapse into now” hanno chiuso i battenti con un grande album (ascoltatevi “All the best” super classic rock), Michael Stipe vive felice col suo uomo e regala brevi incursioni musicali (“Imagine” ad aprire un concerto per la sua amica Patti Smith, e non è l’unica, pelle d’oca a mille milioni con lui grasso e barbone, piango …), Peter Buck (chitarrista inserito praticamente in ogni classifica di merito) girovaga suonando, anche con Mike Mills, finamai anni fa passò a Brescia in un parco per 200 persone … è la passione baby, solo i veramente GRANDI ce l’hanno. Sempre Stipe è impegnato nella campagna elettorale di Sanders che spalleggia in ogni modo, in altri tempi avrebbe rischiato di finire soto indagine, ma i tempi cambiano. Amare la musica ed il proprio mestiere è cosa per pochi e cosa per chi ha fatto grandi i R.E.M.

 

 

E (molto) prima che tutto finisse, arrivò l'inevitabile consacrazione dell'entrata nella "Hall of fame", presentatore d'eccezione non poteva che essere Eddie Vedder. Da vedere il suo discorso e pure la performance con "loro" per rendere indimenticabile "Man on the moon" (qualora ce ne fosse bisogno).

 

 

 

Goodbye R.E.M great Michael!

 

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