Appena uscito dalla visione di Steve Jobs di Danny Boyle. Mi è piaciuto, mi ha convinto ed è un film all'altezza del suo regista. Troviamo un Michael Fassbender più in forma che mai (potrebbe aggiudicarsi senza troppi intoppi l'ambita statuetta), una Kate Winslet strabiliante e ogni giorno più brava e attori comprimari davvero ottimi, da Seth Rogen al prosciuttoso Jeff Daniels (probabilmente l'interpretazione che più ho apprezzato). Un film interessante che vive di dialoghi e pura narrazione. La scelta intelligente, affidata alla mano esperta di Aaron Sorkin, di dividere la narrazione in tre episodi coincidenti con tre dei momenti più importanti della vita dello stesso Jobs, ovvero il lancio dei suoi prodotti più importanti. Il film si svolge quasi interamente nel "dietro le quinte" dei teatri dove lo scienziato espone le sue innovazioni, con la macchina da presa che segue incessantemente i nostri personaggi prestando particolare attenzione a ciò che si dicono. Sotto quest'ottica mi ha ricordato molto il Birdman di Iñárritu, svolto interamente nei retroscena degli spettacoli teatrali, mostrando i protagonisti alle prese con sè stessi. Il film di Boyle fa uguale e ci presenta uno Steve Jobs arrogante, austero e fin troppo presuntuoso. Non è un film sulla sua vita ma su ciò che ha costruito e su ciò che ha rappresentato. Nel mezzo è inserita anche la storia della figlia, inizialmente non riconosciuta ma che diventerà il perno dello svolgimento della sua vita. Forse pecca leggermente nel finale, sporcato da quell'aura di buonismo inappropriato che finisce quasi per assolvere il genio scontroso da tutti i suoi peccati precedenti. Nel complesso un gran bel film. Voto 8/10
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