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Il diritto di invecchiare
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Un articolo di giornale di Stefano Bartezzaghi sulla Repubblica di oggi mi ha riportato alla mente un “problema”, più che altro una concezione diffusa, univoca e retriva, ancora purtroppo presente nella nostra società: l’esasperante ludibrio, amplificato dai social network e dai moderni mezzi di comunicazione istantanea, nei confronti delle donne famose che invecchiano “male”. 

L’articolo, in particolare, si riferiva a Carrie Fisher (59 anni), indimenticabile principessa Leia della TRILOGIA di Star Wars, l’unica e inimitabile, secondo Randal Graves di “Clercks 2”

 

L’attrice, ovviamente invecchiata nel “Risveglio della Forza”, è stata fatta oggetto di scherno e offese (soprattutto su twitter) da alcuni “troll”, purtroppo non abbattibili con pistole o spade laser come avverrebbe nella finzione cinematografica. Il problema è che, invece, ad Harrison Ford “nessuno dice nulla”, pur essendo egli un (piacente ?) 73enne. 

La lotta sul “corpo delle donne” dura, forse, da sempre e nell’epoca moderna se ne è parlato molto, con passi avanti legislativi conquistati duramente rimessi saltuariamente in discussione (in Italia) dalla voglia di restaurazione di alcuni settori “politici” conservatori (nei confronti delle libertà degli altri, però), tonitruanti soprattutto in ambito televisivo. Lo stesso radicalismo islamico sembra ossessionato dal controllo della libertà femminile in generale, ma paradossalmente non tormentato dall’occultamento del degrado del tempo sul corpo delle donne; questa concezione è principalmente occidentale, amplificata dall’edonismo imperante che ormai ci permea tutti in una costante ricerca della giovinezza perpetua (anche maschile). Un analogo attacco colpì qualche tempo fa Hillary Clinton (68 anni), rea di essersi mostrata in pubblico a viso “nudo” (non truccata) e per questo redarguita dagli avversari repubblicani e bersagliata dagli immancabili lazzi della rete per essere apparsa “indifesa” agli occhi del mondo (e quindi inadatta a guidare gli U.S.A.). In ambito cinematografico nostrano ricordo un intervento di Catherine Spaak (fresca 70enne) che nel lontano 2002, all’uscita del (non memorabile) seguito di “Febbre da cavallo” (la Mandrakata) lamentava la propria eliminazione dal cast del film perché (cito a memoria) “alle attrici non è concesso invecchiare”.            

(Chaterine Spaak nel 2002)

Sicuramente ci saranno stati altri casi, ma, nello sperare che non moriremo maschilisti e che personalmente penso che col proprio corpo, geneticamente immutabile checché ne dicano religioni varie, ognuno sia libero di fare quello che vuole e di “viverlo” nella maniera che preferisce, vorrei citare le risposte, inizialmente difensive ma poi ironicamente argute, date dall’attrice in risposta ai suoi molestatori:

 “Il mio corpo non è invecchiato bene quanto me. Lasciateci stare”;

“Età e bellezza non sono riconoscimenti da ottenere, sono i prodotti effimeri di tempo e DNA”;

“Il mio corpo è l’involucro del mio cervello, lo trascina dove c’è qualcosa o qualcuno da vedere o con cui parlare”.

 

Un po’ goffa, per gli standard odierni, ma senz’altro “Principesca”.

 

 

 

 

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