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Spettatore cinematografico o fruitore seriale ?
di maurri 63
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maurri 63

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Film.tv si apre alle serie: è oramai noto che dal 2016 la community potrà inserire anche commenti e recensioni alla fiction seriale e che per l'appunto alle stesse sarà destinata un'apposita sezione. Nello spazio apposito, ciascuno potrà dire la sua su come gestire questa importante novità editoriale. Qui, invece, il sottoscritto si propone di rilanciare il dibattito pro o contro le puntate televisive.

Da troppo tempo sostengo che il cinema e la televisione non possono interlocuire e che una serie tv non ha la stessa forza visiva di un film. Tuttavia, molti sostenitori della fiction propendono per un'uguaglianza tra le due cose, affermando, in senso lato, che le serie e il cinema hanno "pari dignità". Resta, però, innegabile il concetto di serie: intrattenimento commerciale, che poco si sposa con l'idea dell'arte, in fondo alla base (ancora adesso) della macchina cinema.

Prendo ora una piccola scena tratta da "Mad Men", l'episodio finale della prima stagione e lo posto qui di seguito

Analizziamo la scena: un uomo parla, senza mai essere interrotto dagli altri. La televisione non permette una "cacofonia" audiofonica, come potrebbe esse4re nel cinema e ciò quindi tradisce la matrice teatrale della scena stessa. Nell'arco di quasi quattro minuti, non ci sono "immagini", solo uomini che parlano tra loro, in un unico ambiente e rievocano attraverso le parole di uno dei protagonisti il concetto di nostalgia. La scena non dà nessuna emozione; la macchina da presa può muoversi poco; non succede in pratica nulla. 

Questo è solitamente quanto accade in una serie: nulla. Ci sono persone che parlano in un interno; che spiegano i fatti; che raccontano quanto non si è visto. In questo ambito "visivo" così piccino, non posso immedesimarmi nei personaggi; se non ho seguito la serie non posso condividere nulla.

Confronto ora quanto appena visto nella noia totale con una scena della quasi identica durata di un film qualsiasi:

Non a caso ho scelto per il confronto un film cerebrale ("L'ora di religione") ma avrei potuto trovarne un altro. Si osservi come, in fondo, pur se non si è visti il film si è catapultati da subito nell'universo onirico del protagonista: tutto appare chiaro da subito; le sequenze si succedono con rtegolarità; le voci si alternano ai suoni; le musiche accompagnano ora l'uno o l'altro sfidante. Gli interni sono ripresi da altre angolazioni; non più solo a servizio del protagonista (come nella serie sopra esposta: un ufficio che, in fondo, è solo un ufficio) ma in grado di trasferire sin da subito, al loro apparire una significanza che elevi l'arredo al rango di necessarietà della narrrazione. 

Non mi basta: prelevo un altro frammento di serie tv. 

Durante un intero minuto e mezzo due attori parlano e straparlano dell'amore. Non si sfiorano; non accade nulla. Lo scenario non partecipa di quanto accade intorno; la struttura è statica e i contorni restano definiti.

Voglio confrontare questo frammento con un qualsiasi pezzo simile nell'ambito di un film qualsiasi.

Osservo come i protagonisti, più o meno nelle stesse posizioni dei due attori precedentemente mostrati abbiano un dialogo in fondo similare. Siamo al cinema: i contorni sono definiti. I suoni ed i rumori sono integrati nella scena; non distraggono dall'ascolto. Mentre nella scena precedente non accade niente, qui un intero locale è sconvolto dalla dichiarazione della giovane donna. Al cinema, ogni scena non può essere interlocutoria: deve auto-concludersi scoprendo una parte della storia stessa. In una fiction, invece, la scena può essere inutile: serve ad introdurre un nuovo attore (non un protagonista: si badi bene. Esigenze commerciali impongono nuovi volti, nuovi scenari - fermo restando che le serie sono chiuse negli interni - perché il pubblico sia interessato ad esse), ad aspettare la pubblicità, ad attendere che la massaia abbia preparato con cura la cucina. Al cinema, invece, ogni scena scopre un pezzo della storia stessa. 

La serie tv è qualcosa che spetta al "fruitore" televisivo; il cinema è più adatto allo "spettatore" . Possono essere raffrontati questi due diversi animali ghiotti d'immagine ? Secondo me, no. 

Un film non è semplicemente ciò che osservo recandomi in sala: è la condivisione di quanto vedo con gli altri spettatori; il parlarne in tempi relativamente adeguati. La serie invece è scambio di battute comprensibili solo dagli affezionati. Tendenzialmente, ci si approccia alla serie con tre macchine da presa simultaneamente: gli attori sanno che si fanno contemporaneamente inqyuadrature strette e inquadrature larghe. La loro recitazione, come ebbe a ricordare Caterina Vertova, attrice italiana di serie, non è paragonabile al film: non si può sbagliare in eccsso; devono presentare il prodotto (perché di solo prodotto si tratta) in tempi precisi. Un regista non può permettersi di perdere tempo o di lavorare sugli attori. Si limita a dirigere il traffico. Sa che le scene d'azione non ci saranno (e nei casi rarissimi in cui sono presenti saranno limitate dalla durata della puntata stessa) e che non può mettere le mani sulla sceneggiatura. Tu che guardi la serie non sei mai in compagnia di una moltitudine, al massimo ci saranno cinque-sei amici davanti ad un piccolo schermo. Invece, il cinema è momento emozionale; esperienza visiva e sensoriale, soprattutto sogno di paragone. 

Facciamo caso al seguente episodio di un'altra serie televisiva americana: 

Tale frammento può essere fruibile solo grande schermo: se lo proiettassimo al cinema, lo spettatore finirebbe con l'uscire con il mal di testa! Infatti, il continuo abuso di campo e controcampo non tiene conto della necessità di adeguarsi all'occhio dello spettatore, piuttosto della necessità di conferire "aria" ad un dialogo movimentandolo con il cambio di campo! E ciò non è nella logica di una ripresa, piuttosto nel diktat di una televisione. 

Il fatto, e qui citerò Costanzo, il regista, è che persino una serie come "In Treatment" partecipa allo spirito del "cinema nella forma , non nella sostanza" (MicroMega, 9/2014). Perché, aggiunge, se "il cinema ha un valore profondamente intellettuale e artistico, il contenuto di "In Treatment" è profondamente volgare. Attraverso le immagini, il cinema può cambiare il punto di vista dello spettatore: la tv, no. " (ivi, ndr). La tv, viene ribadito nella stessa intervista, è come il giornale, che il giorno dopo non ci sta più: con il giornale ci si ncarta il pesce e così, "della televisione non resta niente". Nonostante appaiano oggi come luoghi imprescindibili dell'immaginario contemporaneo, persino, come sostiene qualcuno, più "cinema del cinema stesso", non resteranno nemmeno le serie di siccesso, quali "True Detective" o "Lost". Ci sono due buone ragioni, al riguardo: secondo lo stesso Costanzo, infatti, "ci si mette tanto, troppo tempo a rivederle. I film, anche quando non bellissimi, si riguardano e si scopre qualcosa che c'era sfuggito la volta precedente. " Ma la verità è che le serie televisive non hanno vera profondità: "in una parola, non riescono a diventare immagine. Mai". In fondo, si segue la puntata per sapere esclusivamente "quel personaggio, quella storia". Noi vogliamo solo sapere coma va a finire a quel dato personaggio: non ce ne importa davvero delle immagini!

Posto qui sotto una nuova serie: "The Walking Dead". Si osservi come, in poco più di 5 minuti si riassumono ben 5 stagioni! La serie in oggetto è tra quelle che più si segnalano per successione di sequenze d'azione, spazi esterni (comunque girati all'interno degli studios), dialoghi laconici e non detti.

Ed ecco la domanda: il protagonista, Rick, potrebbe mai morire dopo qualche episodio ? In un sol colpo, la serie stessa perde di efficaia; di drammaticità; di pathos. In un film non sai mai davvero cosa può accadere al protagonista; non sai se davvero può morire o vivere. Persino alla fine del film ti chiedi "che fine farà?". Ciò, per una serie non accade.

Una serie, così come un film è "questione di linguaggio". Qualche anno addietro, Giorgio Capitani, regista di lungo corso, interrogato su teatro, cinema e fiction, ebbe a dichiarare: "Ho praticato tutti e tre. Il Teatro, estremizzando, è il regno del drammaturgo; la Televisione, quello del produttore. Il Cinema, invece, è il regno del regsita". E qui sta il punto: come un regista costruisce un film ? Intanto, dalla post - produzione, e non solo dal set. Un film si avvale del montaggio ellittico, quasi sempre e perfino nei cine-cult di bassa lega; in televisione, il montaggio è sempre e solo sequenziale.

Nel trailer qui di seguito, ad esempio, si pone in evidenza come l'unica nota drammatica venga dalla faccia (e soprattutto dalle parole) del protagonista. Non c'è una sparatoria, non c'è uno schiaffo; non c'è un'esplosione, non c'è una scena di sesso. Tutto ciò che si vede è un uomo che ripete frasi che in contesti tradizionali avrebbero pocoi senso. Cos apuò fare il regista ? Nulla: qui si limita a "muovere un po'" la macchina da presa. E la presunta arte va a farsi benedire:

Serie come "House of Cards"; "Mad Men"; "In Treatment"; "Il trono di spade" (che già nella sua traduzione non significa nulla: chi dovrebbe sedere su delle spade ?...) sono prodotti pensati esclusivamente per un pubblico televisivo. Non è un caso che un regista straordinario come Quentin Tarantino resti un mero esecutore quando si presta a fare una fiction : 

Nel 1990 la serie "Twin Peaks" sembrò aprire un varco per il cinema in tv: oggi quell'esperimento appare (oltre che anacronistico) un caso isolato: fu, in ogni caso, girata come una serie . David Lynch, che ne fu l'ideatore scrisse solo qualche episodio; ne diresse qualche altro. E la struttura prese una piega metafisica che deluse i più:

 

Certo, resta un valido apripista per i prodotti odierni. Ma, a studiarlo bene, appare noioso (come lo definì Susanna Agnelli su un celebre settimanale) e non dissimile dalla filmografia del regista. Non so (non ho dati a riguardo) se sia mai stato proiettato in qualche sala; certo se ciò avverrebbe l'opera si minizzerebbe. Perché i campi/controcampi sono frequenti; la parola supplisce all'immagine spesso e volentieri; la sceneggiatura fa acqua da tutte le parti (come ebbe a dimostrare l'oprea cinematografica da esso tratta: "Fuoco cammina con me"); soprattutto rispetta i tempi per la distribuzione pubblicitaria tra una scena e l'altra. 

In linea di massima, va notato che gli addetti ai lavori tendono a considerare il cinema come "un salto superiore" rispetto al cinema (ne è prova Cary Fukunaga, ma anche Michael Mann)

Il post resta aperto ai contributi di tutti coloro che vorranno argomentare la propria posizione: io, personalmente, ritengo che immagine è comunque atmosfera, principalmente. E per ottenerla occorre la sala buia. La televisione non ne ha necessità: per dirla con Fellini, in fondo resta un elettrodomestico.

 

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