INCONTRO CON PAOLO SORRENTINO. 18 APRILE 2015. ORE 18,30. MIRAFIORE.
La Grande Bellezza.
Le note di “Tu vo’ fa’ l’americano,”accolgono Paolo Sorrentino, nella sala delle Feste della Fondazione Mirafiore. Il regista Premio Oscar 2014, si fa largo tra il numeroso pubblico presente, che non nasconde una certa ansia da incontro importante. Personalmente mi sono preparato con cura all’intervista, sulla scia della fama di “personaggio difficile,” che Paolo Sorrentino si trascina da anni. La sua figura imponente, supera tranquillamente il metro e ottanta, fornita di una eleganza casual, prende posto al centro dell’anfiteatro e, ultimato l’intro musicale del fisarmonicista, comincia a raccontare dei suoi film e soprattutto de La Grande Bellezza.
<< sono contento che mi abbiate invitato a parlare del mio film, perché fino ad ora ne hanno parlato tutti tranne me e ognuno ha voluto dire la sua. La Grande Bellezza è un film ambizioso, che voleva parlare di tutto, delle nostre cose, dell’architettura, dell’arte , di Roma, di tutte le cose belle che ci circondano. Ma anche delle cose brutte. Così ho parlato della bellezza sotterranea, oscura, della bellezza decadente, perché è di per se bella anche la bellezza decadente. Il film è stato erroneamente definito una critica feroce alla nostra decadenza, tutt’altro, io ho voluto esaltare anche la grazia che è presente nella decadenza e nella volgarità. Sostengo che nell’errore c’è una forma di bellezza e io ho cercato di trovare il bello anche nel brutto>>.
Con il microfono ben saldo in mano, il quarantacinquenne regista napoletano, va dritto al punto, sorvolando sulla tiepida accoglienza da parte di alcuni critici all’uscita del film e aggiunge: << l’assunto di base del film è questo, anche nella decadenza ci può essere bellezza. Pur essendo un concetto non particolarmente complicato, è stato rifiutato, perché lo spettatore, e ancor di più il critico, ha voluto recepire il film in un suo modo, stabilendo delle linee morali di cosa c’è di buono e cosa non c’è di buono in questa società, mentre il film voleva raccontare solo quello che c’è di buono. E per me c’è del buono e del bello anche dentro ciò che viene comunemente definito volgare, decadente o eccessivo. Anche in questo si annida una sua forma di bellezza. E questo voleva provare a raccontare il film>>.
Il patron Oscar Farinetti conduce il regista su altri argomenti , la riconoscibilità del cinema italiano e lo scarso interesse delle istituzioni e domanda delle vendite del film nel mondo : scopriamo con stupore, che l’Olanda è stata la nazione estera con maggiore affluenza di pubblico. << penso che il film (La Grande Bellezza), sia una piacevole combinazione tra il particolare e l’universale - sostiene Sorrentino – ed è una cosa che noi italiani sappiamo fare benissimo. Il film è così fortemente italiano che è diventato riconoscibile da tutti. Anche per l’avventura del protagonista, che è una avventura di costante disagio esistenziale: questo è qualcosa che tratteggia l’uomo in sè dappertutto. Gli spettatori , (anche all’estero quindi), si sono riconosciuti nella fatica di stare al mondo del protagonista>>.
<< la cinematografia italiana è sempre andata per lo più bene. ci sono stati dei periodi bui ma teniamo conto di alcuni parametri: la lingua che è parlata solo da sessanta milioni di persone e il paese è piccolo.
Ricordiamo che nessun Paese ha vinto tanti Oscar per il miglior film straniero come l’Italia , che siamo la Cinematografia che ha vinto più volte la Palma d’oro a Cannes e il Leone d’oro a Venezia ( ex aequo con la Francia) e che, nell’edizione 2015, avremo tre film sulla Croisette: Sorrentino, in compagnia di Matteo Garrone e Nanni Moretti rappresenteranno il Cinema Italiano in Concorso in Francia, e dovranno sottoporsi al giudizio dei fratelli Cohen, presidenti di giuria.
<<manca un po’ di orgoglio in questo Paese e forse anche un po’ di autocompiacimento: mentre altre nazioni lo cavalcano, anche alla nausea. in Italia c’è una istintiva forma di denigrazione del buono che viene realizzato in questo Paese. forse perché tendiamo ad annoiarci facilmente. la noia porta ad essere molto più velocemente insofferenti delle cose, con la conseguenza diretta dell’invidia e della frustrazione, che portano ad una prevalenza di denigrazione rispetto all’ammirazione>>.
Appare a suo agio Paolo Sorrentino mentre risponde alle domande. Non abbandona mai il sorriso sornione, che tante volte abbiamo visto sul volto del suo amico Toni Servillo, neanche quando Oscar Farinetti confonde ripetutamente il suo film con Il Capitale Umano di Paolo Virzì ( forse memore del piacevole incontro con il regista livornese, di cui abbiamo scritto in precedenza) e neanche quando dal pubblico si mette in discussione Maradona, l’etica del campione argentino, a cui il regista ha dedicato l’Oscar, insieme alla sua famiglia, le città di Roma e Napoli, i Maestri Fellini e Scorsese, nonchè i Talking Heads. Glissa e sorride. Pronto alla battuta, replica << trovo che nella carriera di Maradona la parte degli stupefacenti sia del tutto irrilevante e in realtà sono più preparato sul Capitale Umano !!!>>, scatenando un momento di autentica ilarità. Gli animi tra i presenti si rilassano e Paolo Sorrentino si rivela in tutta la sua piacevolezza, discorre del suo passato, del suo impatto sconvolgente con Roma, da ragazzo (la città delle cose incredibili, della televisione e dei suoi primi appunti di sceneggiatura).
<< se vado al cinema, vado per vedere qualcosa che sia verosimile, ma che non sia esattamente la vita : che è per lo più sciatta, disordinata e sempre approssimativa. Al cinema voglio vedere qualcosa che nella quotidianità faccio fatica a trovare, una armonia, una compiutezza. Da qui, anche per ragioni a tratti misteriose, nasce la ricerca del l’inquadratura, che come diceva mia mamma, nasce dall’avere gusto >>.
Non dimentichiamo che il nostro è anche, attore, sceneggiatore e regista televisivo. Autore di spot pubblicitari e cortometraggi, eccellente scrittore ( Hanno tutti ragione è un libro spassosissimo) e saldamente legato alle sue radici letterarie. <<mi sono formato sulla letteratura. tendo a fare dei film che sono più debitori nei confronti dei libri che ho letto che non dei film che ho visto. l’incauto accostamento a Fellini, mi lusinga molto, ma conosco meglio degli scrittori, di quanto conosca Fellini. penso di essere molto più vicino a delle sfumature degli scrittori che dei registi. Jep Gambardella è mutuato da alcuni scrittori italiani, tipo Arbasino, La Capria, Arpino. ho rubacchiato qua e là per costruire il protagonista >>.
Ogni tanto sorseggia un po’ del vino rosso rubino, che lampeggia nel calice davanti a lui, frutto del lavoro tenace dei langaroli. Di tanto in tanto, si aggiusta con le mani la crespa capigliatura “sale e pepe”, che con vezzo e un po’ di civetteria, porta acconciata all’insù: offrendo di se stesso quell’aria di trascurata eleganza che fa artista e che lui ha dimostrato di essere con i fatti. D’un tratto,mi rendo conto che stiamo assistendo al film del pensiero di Paolo Sorrentino e che la sua regia silenziosa ha preso il sopravvento su tutti i presenti : il tocco del grande direttore di macchina, il Maestro. << non chiamarmi maestro, mi fa venire subito in mente il Maestro di Vigevano>>. Ironizza immediatamente e dissacra, tentando di spogliare l’aurea mistica in cui si potrebbe precipitare. << Io so’ far vivere i personaggi, la storia non so’ cos’è. racconto la fatica di stare al mondo dell’essere umano, di personaggi nell’apice della loro esistenza fino alla loro caduta. presto parlerò anche dei giovani. non l’ho fatto fino ad ora perché ero giovane anche anche io, ma ora che sto’ passando dall’altra parte della vita, scriverò di loro. Ho sempre cercato il padre nei miei film, ma a quest’età sembrerebbe ridicolo cercare il padre e mi metterò a cercare il figlio >>.
Paolo Sorrentino presenterà il suo nuovo film dal titolo Youth – La Giovinezza, sul Montèe des marches, tra il 20 e il 22 maggio e a questo modo ce lo ha raccontato. << Youth è un film sull’amicizia tra due uomini ottantenni ( Michael Caine e Harvey Keitel), di come vivono questa loro amicizia e soprattutto, il vero tema del film, quello che mi stava più a cuore raccontare, come diceva Shakespeare” un pensiero su tre è rivolto alla tomba”, di come due ottantenni si pongono rispetto al futuro, che idea possono formulare del loro futuro. e questa è la domanda che paradossalmente diventa più pressante quando si invecchia. uno è un direttore d’orchestra e uno un regista cinematografico. Il film racconta di come l’idea del futuro , soprattutto a quell’età, sia poco collegata con la volontà, come sia piuttosto un inevitabile destino e un accadimento incontrollabile. La Giovinezza è anche un film sul rapporto con i figli e la percezione di dolore tra genitori e figli, amplificata dall’età anagrafica dei protagonisti>>
I
l nuovo film di Paolo Sorrentino, che uscirà nelle sale Italiane dopo l’anteprima al Festival di Cannes, è stato girato a Davos,nelle Alpi Svizzere, più precisamente nei luoghi raccontati da Thomas Mann nel romanzo La Montagna Incantata.<< no, non ho letto il romanzo di Thomas Mann. ho scelto le Alpi perché il film è influenzato anche dal racconto di alcuni amici miei, che sono andati in passato in questi luoghi, dove si fanno le cure termali e per cifre consistenti, ti fanno perdere due chili e mezzo e ti fanno check up medici. spesso queste strutture sono in zone di montagna. Il film è molto ottimista, tento di far ridere ogni tanto. All’apparenza è un film triste , perché questi sono luoghi dove si subiscono i massaggi, si fanno i fanghi, si sta immobili in piscina: luoghi dove si condanna l’essere umano a star fermo e star fermo ha una assonanza con la morte>>.
Tra gli altri interpreti, il film annovera il premio Oscar Jane Fonda , Rachel Weisz (The Constant Gardener), Willem Dafoe ( Pasolini) e Paul Dano (Little miss Sunshine): un cast d’eccezione a disposizione per il quasi quarantacinquenne regista napoletano (31 maggio 1970), che si è già cimentato brillantemente con attori d’oltre oceano (This is Must The Pace) e che, ne siamo certi, impressionerà favorevolmente la giuria della kermesse francese. << in questo film ho abbandonato i temi a me più cari ( la solitudine, la malinconia, la nostalgia, il tempo che passa), ho cercato di fare qualcosa di diverso, occupandomi di come si vede ( ad una certa età) il futuro, di come si svolgono i rapporti familiari, come lavora la memoria rispetto al rapporto con i figli >>. Si congeda rispondendo ad una ultima domanda di Oscar Farinetti, sul cosa farà da grande Paolo Sorrentino ? <<Da grande!? Finchè mi regge il fisico farò il regista! Se non mi reggerà il fisico, mi avvicinerò maggiormente alla scrittura, che è più nella mia indole, di solitario, perché tendo ad avere difficoltà nei rapporti interpersonali >>.
Esco dalla sala con una nuova sensazione. I timori che avevano anticipato l’incontro sono svaniti. Ho scoperto che Paolo Sorrentino è, umanamente parlando, tutt’altro che il regista bizzoso e irascibile su cui avevo erroneamente fantasticato: bensì un grande oratore dal carattere introverso, umile e disponibile al dialogo e al confronto, ironico ed educato, oratore dai toni caldi, ma anche attento ascoltatore delle disgrazie umane. Chapeau Maestro!
Viva il Cinema. Jamme’ Paolo !
Lu Abusivo
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