Fantozzi compie quarant’anni. Ideato ed interpretato da Paolo Villaggio, il ragioniere più famoso d’Italia ci ha raccontato in maniera tragicomica la parabola esistenziale degli ultimi, le sventure goliardiche e surreali di un uomo vittima delle proprie debolezze e dalla società – spietata - in cui vive.
Fantozzi è ormai a tutti gli effetti un simbolo del nostro cinema leggero, ma anche un’icona che ha trovato nel linguaggio sommario, nelle smorfie e nell’arte del saper incassare la giusta rassegnazione a un destino assiduamente ostile. Lo stereotipo dello sconfitto che vince però la sfida più importante: quella col tempo. Perché Ugo Fantozzi fa ancora ridere. Perché Ugo Fantozzi, oppresso dai colleghi, dallo strapotere di mega direttori e da una famiglia fuori dai canoni dell’estetica comune, fa ancora riflettere. C’è una dimensione grottesca che ci caratterizza, che identifica ancora, oggi come quasi mezzo secolo fa, i ruffiani, i meschini, l’ingiustizia ostentata e l’indifferenza. Sarà forse per questo che Fantozzi rimane il simbolo di una comicità potente in grado di metterci a nudo. Una comicità che fa della caricatura un suo stile, e capace di rinnovare puntualmente in noi tutti una vitale ed amara ironia.
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