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In un giorno come questo - che segue a una strage orrenda - sembra ancora un po’ più difficile dire cose sensate. Soprattutto parlando di guerra: di morte e di vita. Ma il cinema - che decisamente propende per la vita - ci aiuta e ci consente anche di riflettere sulle cose “al di qua” dello schermo.
Il film più discusso tra quelli in sala è al momento American Sniper: è anche tra i più visti. E parla di guerra, lo sapete. Confesso di essere un po’ stupito dall’alto gradimento che incontra, anche sul sito. E non perché penso che sia un “brutto” film, ma perché penso che abbia dei pessimi contenuti: l’ho già detto e chi vuole o è interessato può leggere qui. Non voglio però imbastire una discussione (comunque senz’altro interessante) sul valore artistico/filmico dell’opera in sé. Quel che mi domando semmai è: nel giudizio su un’opera contemporanea, nel vostro giudizio, riuscite a separare la forma dei contenuti? Riuscite a dire che un dato film è comunque un buon film anche se il messaggio che veicola nel suo profondo vi lascia perplessi o peggio ancora scossi?
Lo dico perché penso che nel caso di American Sniper non vi siano dubbi su quali siano i contenuti: mi contesterà qualcuno, ma io ci ho letto un inno al patriottismo americano, un tributo agli uomini americani che sono morti per le loro guerre, giuste a priori perché azioni di difesa. Un film che mi ha lasciato scosso perché l’unica morte di un bambino iracheno a opera dei soldati americani è quella di un mini-terrorista, pronto a far esplodere i soldati americani. Peccato che in Iraq non fossero tutti cecchini: per un eroe "appuntito" come Chris Kyle evidentemente dovevano esserci un sacco di soldati guerci, in Iraq, visto che la stima media del numero di civili iracheni (non combattenti) morti batte 100 a 1 il numero dei soldati americani morti. E tra questi tanti, tantissimi bambini.

Children Play in Cemetery - Halabja - Kurdistan - Iraq foto: Adam Jones, Ph.D.

 


E ancora, lasciando anche perdere le correzioni operate alla vera storia narrata da Chris Kyle nel suo romanzo, da cui il libro è tratto, questa santificazione dell’eroe-cecchino cosa lascerà negli occhi dei soldati americani che andranno a combattere la prossima guerra?
Scrivere questo il giorno dopo che dei terroristi hanno ucciso dei disegnatori scatenerà sentimenti contrastanti, ma il cinema di Eastwood così facendo non diventa propaganda, bieca e fasulla tanto quella di chi ha indottrinato e armato quei terroristi?
Oppure ancora mettiamola così: siete un regista e avete solo un film da fare su questo argomento, solo una cartuccia da sparare per parlare della guerra in Iraq. Di fronte un cammino di integrazione mondiale da compiere, voi scegliereste di fare un film così? Mirereste a questo? Pensateci bene.
E ditemi infine se davvero un film per voi può essere riuscito al di là dei suoi contenuti (questo non vale per chi con quei contenuti è semplicemente d’accordo, of course). Ditemelo perché io non lo so. E perché se devo premiare un film di guerra recente premio Torneranno i prati, di Olmi. Dove i soldati piangono, disertano, si suicidano. E farebbero ogni cosa pur di non farla, quella guerra.

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