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Desolato. L'involuzione: da Jannacci a Fedez.
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La definizione “generazione Fedez” credo sia abbastanza offensiva un po’ per tutti. Sia per chi, nato dopo il 2000 è adolescente oggi, sia per chi, come me, superati i trenta e avviato verso i quaranta, pur non essendo di primo pelo, vive la propria vita lontano dai canoni classici – famiglia, abitudini, omologazioni varie – quindi perpetuando una condizione esistenziale simil-adolescenziale – rabbie, creazioni artistiche, fughe, ritorni, libertinaggi.

Il bell’articolo di Andrea Bellavista (Filmtv n. 1140) sulla figura di Federico Leonardo Lucia, in arte (?) Fedez, a cui fa eco il Black Mirror su Gabriele Dotti, in arte (?) Francesco Sole, è per me soprattutto un testo formativo. Essendo Bellavista una delle firme che preferisco di Filmtv insieme a Bartolini, Sangiorgio, Pezzotta, la ritrovata Martini e ça va sans dire Fabrizio Tassi, leggerlo è sempre fonte di ispirazione oltre che di formazione – nello specifico l’articolo utilizza termini che non conoscevo.

In secondo luogo mi dà la possibilità di intromettermi in materie a me ignote come la televisione, l’hip pop e il mondo massmediatico e virale della rete, permettendomi così di leggere la fenomenologia che traccia di Fedez senza fraintendimenti. Parto quindi dalla sua conclusione, ovvero la sua tesi, per riflettere sul personaggio Fedez: “Oggi Fedez è forse uno dei brand crossmediali meglio costruiti del panorama nazionale. O forse è solo un ragazzo che ha capito che prendersi in giro è il modo migliore per vendere, e lasciare che gli altri rosichino. E se la menino”.

Dalle sue ultime parole, come da tutto il resto del testo, ne esce un Fedez eroe popolare, quasi il salvatore della patria-tv, anche se l’articolo di Bellavista è tutt’altro che agiografico. Dalla sua oggettiva professionalità infatti, Bellavista traccia un profilo del rapper milanese improntato sul confronto con altri personaggi della stessa risma, vuoi rapper “più cazzoni che incazzati” come i Club Dogo e J-Ax, vuoi volti televisivi come Morgan, Cabello, Mika e Costantino della Gherardesca, vuoi la fauna politica locale come Gasparri e Brunetta. Non è quindi difficile uscirne a testa alta dal sottobosco.

Bellavista sembra partire dall’assunto che ci si debba felicitare se in un “sistema mediatico come il nostro, basato sull’approssimazione simil-amatoriale e l’improvvisazione, quando non sulla totale cialtronaggine”, un personaggio scrupolosamente costruito per funzionare, alla fine funzioni davvero, come è successo a Fedez. Ha sicuramente ragione ad inquadrare in un’ottica puerile il sistema mediatico italiano – basti pensare a Sanremo, alla consegna dei David di Donatello, alla cerimonia di apertura/chiusura di Venezia, ai salotti tv, etc. – così come è giusto complimentarsi con chi fa bene il proprio lavoro e ha successo. Ma la questione, riguardo Fedez e compagnia, è un’altra storia.

Tant’è che Bellavista continua nella sua fenomenologia e dedica buona parte del suo pezzo alle scaramucce poco virili tra il rapper e il mondo della rete. Da Twitter, dove risponde a tono alle macchiette politiche di Gasparri e Brunetta, alle “borsettate” che si tirano lui e della Gherardesca, fino all’esperienza televisiva di X-Factor dove sembrerebbe essere il volto nuovo, buono e giusto della tv generalista. Strano che non si faccia menzione a un vecchio fatto di altro cotanto spessore culturale come le dichiarazioni pepate di tale Sara Tommasi che, sulla via della redenzione dal porno, aveva additato Fedez ed altri rap di essere ridicolamente minidotati. Così come non si dice nulla del duello a suon di selfie in mutande tra Fedez ed Emis Killa – della serie “vediamo chi ce l’ha più lungo”. Questioni, quisquilie, che fanno gruppo con altri elementi fenomenologici e che ben ci dicono del personaggio: l’inno per il Movimento Cinque Stelle, il blog su Il Fatto Quotidiano, le varie incursioni da piacione su Vanity Fair.

Se il grande problema del Terzo Millennio è la deriva etica che ha come caratteri peculiari: la prostituzione, vista come valore aggiunto alla scalata sociale, fatta di foto hot e filmini porno disseminati per la rete oltre a festicciole proibite, escort e marchette varie a condire il teatrino di politica, sport e spettacolo all’italiana; l’autoreferenzialità individualista per la quale noi tutti non siamo più quello che mangiamo, ma siamo quello che postiamo in rete, dalle foto, alle condivisioni, ai link, ai like, ai twitt, senza più contraddittorio o solo con una parvenza di tale confronto; l’iperedonismo, la celebrity pathology, il divismo per tutti, in questa ossessiva rincorsa alla fama più squallida e provinciale. Se come dicevo, il grande problema del Terzo Millennio è questa assurda deriva verso un progressivo allontanamento dell’animale-uomo dalla realtà, dalla terra che lo ha alimentato e dalla verità delle cose, la verità della materia e del corpo, e il suo conseguente avvicinamento alla distorsione e alla dissociazione della realtà stessa, se è questo il problema oggi, allora le generazioni nate già alla fine degli anni ’90 sono a rischio.

Rischiano di costruire un’intera esistenza su dei falsi miti che litigano via web e che si scattano foto mezzi nudi per autoglorificarsi, autocompiacersi, decontestualizzandosi. Giocano a fare i maschi alfa senza esserlo. Giocano a fare brutto, a fare “branco”. Adolescenti che tagliano la gola a un poveretto perché ha guardato una volta di troppo la loro ragazza. Ma dov’è realmente tutta questa virilità? Sarà mica nel bullismo? Sarà mica nell’omofobia o nell’iper-eterofilia fasulla di un ventenne? Sarà mica nell’esibizione ridondante della ricchezza? Per di più se si predica il rifiuto del denaro e la lotta contro il sistema borghese. E a questo proposito Fedez avrebbe da dire qualcosa visto che nonostante tale spirito di rivolta s’è fatto alcuni mesi in un villone esagerato ad Hollywood, sempre accerchiato da belle ragazze, manco fosse un Hugh Hefner qualsiasi – a fare cosa poi non si sa, viste le voci.

Il nocciolo della questione, e sarò il più sincero e meaculpa possibile, credo sia in fondo in fondo un siparietto vecchio come il mondo e che si ripresenta sempre, e sempre si ripresenterà: quando vediamo un bel ragazzo, giovane e anche fortunato economicamente, professionalmente, etc., o lo amiamo alla follia o lo odiamo a prescindere. Bellavista, giustamente, non indaga questo aspetto del fenomeno, riporta solo i “fenomeni” che lo compongono senza giudicare eticamente o moralmente il personaggio, bensì tracciandone una rapida fenomenologia.

Tocca a me piuttosto, nella mia ignoranza circa il personaggio Fedez e il suo ambiente sollevare la questione. Questione che per me si fa personale quando dopo la morte di Enzo Jannacci, un uomo a cui ero intimamente, intellettualmente ed eticamente legato, il figlio Paolo, sicuramente con le sue buone e legittime motivazioni, coinvolge tutta la scena rap italiana, con in testa J-Ax, per quello che è senza ombra di dubbio il testamento del padre: Desolato, del 2013.

Non ho apprezzato l’operazione. Lo dico pur avendo stima di Paolo Jannacci, ma quell’accostamento tra il grande Enzo e i rapper italiani non l’ho gradito. Se fosse solo una mia pruderia poco importerebbe. È che non credo ci sia nulla dello spirito, della poesia e dell’arte di Jannacci nei rapper viziati di oggi. Probabilmente ci sono molte cose che non conosco. Può essere che Jannacci avesse già da tempo iniziato un’amicizia artistica con alcuni di loro. Sicuramente J-Ax ce lo ricordiamo già nel tributo che Fazio aveva organizzato per il cantautore milanese su Rai3 quando a tutti s’era palesata la condizione critica di Enzo – intanto ricordo con la pelle d’oca la sua ultima esibizione di El purtava i scarp del tennis di quella sera, in coppia col figlio, lacrime e risate, una delle sue interpretazioni più ispirate.

Voglio credere che J-Ax e tutti gli altri siano stati tutti motivati genuinamente, ma non riesco ad accostare il loro mondo, il loro modus, la loro estetica, le loro forme, le loro coordinate culturali con l’uomo che insieme a mio padre, mio nonno e pochi altri mi ha fatto imparare a vivere e a come guardare il mondo: con il cuore in mano.

È per questo che non riesco a credere a Fedez e alla sua generazione. E se può valere il discorso strettamente mediatico, dove si valuta l’icona per la sua funzionalità nel mezzo e nel mondo di riferimento, non credo possa valere per estensione una benedizione totalizzante del personaggio.

Invito tutti a cliccare sul link a fine articolo, per poter ascoltare Desolato, nonostante la bellezza della canzone sia, ahimè, rovinata dall’intrusione reppara di J-Ax. Fate come me: concentratevi sugli interventi di Jannacci, le sue parole, la sua voce, l’anima che ne esce. Vi verrà da piangere a pensare che questo grandissimo uomo, poeta del quotidiano, stralunato cantore della lotta silenziosa alle mostruosità dell’uomo, non ci sia più.

Questo il testo di Desolato, limitatamente alle strofe “cantate” da Enzo Jannacci.

 

Desolato ma più che desolato incazzato

quando vedo che la gente si uccide

lo dicevo cinquant'anni fa e lo ripeto ora, ancora

che forse è la volta buona che c'è uno tra voi

che tra uno sputo e una spinta troverà un'altra penicillina,

altre forme d'amore

forse un po' più di grinta

per cacciarci via tutti,

rognoni, cantanti, cioè noi

 

Ma che problemi hai?

 

problemi è capire che non c'è un ideale

problemi totali

ma io sono al mare

ho detto che sono al mare

problemi del figlio di un grande fratello

problemi per quelli che c'è solo quello

problemi di notte

del grande amatore

problemi di sporco, anzi di unto

però del signore

 

Ma che problemi hai?

 

 

Abbiategrasso, 25 novembre 2014

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