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32 TFF DAY 3: IL GIORNO DELLA SAPIENZA; CONCORSO TRA ALTI E BASSI MA L'ITALIA BRILLA COL FOLLE E INTIMO N-CAPACE; UN SAVOIA A LUCI ROSSE IN TERRA SPAGNOLA E UN SIGNOR ACTION
di alan smithee ultimo aggiornamento
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Il terzo giorno al TFF si apre col bel film di uno dei miei registi più amati: Eugene Green e il suo affascinante e pur sempre barocco La sapienza, già in concorso a Locarno. Ho amato molto quel film, la cui recensione potete ritrovare qui

VOTO ****

Ludovico Succio, Fabrizio Rongione

La Sapienza (2014): Ludovico Succio, Fabrizio Rongione

 

Il mio primo film della giornata mi porta in Argentina ai giorni nostri: HISTORIA DEL MIEDO.

Miedo vuol dire paura (sarà banale, ma io non lo sapevo) e di paura si parla, o meglio si tratteggia, si tenta di definirla, in questo bellissimo film, coproduzione franco-tedesco argentina, opera prima del giovane Benjamin Neishtat, presente in concorso anche all'ultima Berlinale.

locandina

History of Fear (2014): locandina

Durante una calda estate a Buenos Aires e dintorni, strani fenomeni comportamentali, come atti di panico o paralisi corporali e mentali, ma anche fenomeni fisici insoliti come scosse e interruzioni elettriche, allarmi che partono senza motivo ed ascensori che si bloccano, ostacolano la vita degli abitanti. Tra questi conosciamo una donna già anziana che fa le pulizie in una casa di una ricca benestante più giovane. Entrambe hanno due figli pressoché coetanei. Quello della domestica fa il giardinere e su di lui in particolare si concentra la storia. O meglio la non-storia perché Historia del miedo non racconta nessun avvenimento eclatante in particolare, cosa che ci si aspetterebbe da un film dalle tematiche catastrofiche.

La genialità del regista è quello di saper creare un'attesa e di rendere ancora meglio il panico che si crea tra un gruppo di persone, sottoposte ogni giorno, per qualche motivo, a qualche piccolo grande stress emotivo. La domestica imprigionata nell'ascensore che riparte sempre ma non semopre rispettando le medesime tempistiche, i bambini piccoli dei proprietari di una tenuta in cui si tiene una festa di fine anno in cui è invitata la donna ricca e suo figlio, si perdono nel buio del giardino dove sono stato mandati per toglierseli di torno; un uomo cammina nudo in autostrada fermando le macchine e chiedendo chissà cosa;

un ragazzo in un bar si contorce al ralenti ed emette suoni strani; una coppia di ragazzi non riesce a togliere il rumore assordante di un allarme che suona ininterrottamente. Il nostro protagonista (Jonathan Da Rosa, bel viso spigoloso che sa essere inquitante come rassicurante) che vede e vive quasi in prima persona tutto questo disagio e riversa il suo stress sulla fidanzata che lo tratta freddamente.

Neishtat riesce a filmare meravigliosamente la nascita del panico: la paura che matura dentro di noi dopo che lo stress ci ha macerato dentro. Il film è molto interessante e riuscito.

VOTO ****

 

THE DUKE OF BURGUNDY. 

Ecco il film dello scandalo: il film dell'amore saffico che promette chissà quali pruriti e concede solo qualche sbiadita e ripetuta fantasia erotica che sembra uscita da un film erotico soft italiano di metà anni '70 di Bolognini o Samperi (e questo accostamento è tutt'altro che dispregiativo, almeno nelle intenzioni). Il “duca” del titolo è un tipo raro di lepidottero che la ricca Cynthia (la bella attrice che ricorda Jacqueline Bisset è Sisde Babett Knudsen) colleziona e di cui studia anatomia e suoni, esponendo le proprie dettagliate ricerche ad un pubblico femminile di ricercatrici.

 

locandina

The Duke of Burgundy (2014): locandina

 

Con la stessa solerzia la donna colleziona anche cameriere, che sottopone a riti di sottomissione che la appagano e soddisfano più di ogni altra pratica. Tuttavia l'ultima arrivata si scoprirà più appassionata di lei in tema di sadomasochismo e sottomissione, spingendo la donna verso pratiche sempre più complicate ed artificiose che rischiano di ribaltare la scena ed i ruoli, compromettendo quella che stava per divenire una storia d'amore appassionata. 

Peter Strickland, di cui vidi solo il primo Katalin Varga, cura nel dettaglio più curato luoghi ed ambientazioni, escludendo completamente la figura maschile non certo per distrazione: quelle larve esposte in bella vista forse sono tutto ciò che resta dell'ambito maschile: embrioni senza forma di cui le donne del film riescono tranquillamente a fare a meno.

Detto ciò il film è anche molto ripetitivo, lungo e inconcludente per raccontarci la solita storia pruriginosa che inizialmente coinvolge almeno un poco ed incuriosisce, ma finisce per svilirsi in una vetrinetta di scene pseudo soft di pratiche sessuali molto plastiche e un po' stantie.

VOTO **

 

Intanto alla sala Reposi ! viene proposto un buon film documentario italiano che ebbimodo di vedere a Locarno quest'estate: LA CREAZIONE Di SIGNIFICATO. Qui trovate la recensione

VOTO ****

locandina

La creazione di significato (2014): locandina

 

Il Concorso, un pò sottotono, si riprende con un film italiano bizzarro (sin dal titolo) ma riuscito: N-CAPACE

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N-CAPACE (2014): locandina

 

Eleonora Danco: una furia della natura. Arriva da Roma a Terracina; fa ritorno nella cittadina natale per ritrovare genitore vedovo e parenti, vecchi conoscenti, e, perennemente in pigiama o vestaglia, li intervista senza alcun pudore o ritrosia. Ricordi del passato, drammi familiari anche turpi come le botte che una moglie subisce dal marito, o tenere confidenze che un padre ritroso ed intelligente protesta di non rivelare alla propria figlia troppo schietta e impudente; o le memorie tenere di una nonna tenace; poi ricordi della prima volta di sesso completo: domanda che viene rivolta sia ai vecchi, sia agli adolescenti; domande sulla scuola, sugli interessi extrascolastici.

Ne viene fuori una umanità schietta e vera, ove l'esperienza della vita semplice ma vissuta si incrocia con la superficialità gagliarda e scurrile, ignorante delle gioventù di quartiere di oggi.

Ma di Eleonora Danco ci piace lo stile, l'ironia, la schiettezza sfacciata, la follia di un montaggio sbarellato in cui la tristezza lascia spesso posto alla sconsiderata allegria di un carattere che sa reagire alle brutture e alle ingiustizie, alle perdite premature e definitive.

Un esperimento questo N-Capace, folle e delicato nello stesso tempo, schietto quasi scurrile, onirico con quel letto sfatto sempre presente ovunque, con quelle prove d'intervista che finiscono per diventare il vero corso narrativo del film; con la regista ed interprete che incalza i suoi intervistati, li provoca e li fa risultare più veri del vero, involontariamente poetici nella crudezza e nel realismo delle storie di vita anche drammatiche, a volte comiche o tragicomiche, che si portano dietro. Tra saggezza, incomprensione, discriminazione, ignoranza e senso pratico della vita, un bel film italiano che rialza le sorti di un concorso torinese fino a questo momento un po' sottotono rispetto alle altre categorie.

 

VOTO ****

Un horror in Concorso: THE BABADOOK

 

Il Babau cattivo è tornato da chissà quale altro horror in cui ha spadroneggiato infingardo e maligno. E' insolito e bello trovare un horror in concorso e nell'anno della rossa ed energica leonessa Martini alla direzione, un film di genere era se non prevedibile, almeno plausibile.

Dopo la morte del marito proprio nel giorno in cui egli stava per portare la donna in ospedale in preda al travaglio, passano sei anni ed il figlioletto scopre un libro misterioso di favole nere in cui si parla di un essere misterioso col nome eccentrico del titolo. Da quel momento il bimbo si convince che in casa viva quell'essere, nascosto in un armadio che collega con la cantina. Ma tutti i torti non ha il pupo perché anche la madre, che mal sopporta le fantasie estrose del figlio, comincia a comportarsi sempre in modo più bizzarro e violento.

The babadook è in realtà un horror che si sforza di creare atmosfere interessanti, ma in realtà prende ispirazione (che vuol dire “scopiazza qua e là”) dai grandi classici riproponendo scene che alla fine gli nuocciono e lo sviliscono: primi piani sullo sguardo del bambino alla Shining, letti che vibrano violentemente da L'Esorcista, una madre che urla e fa smorfie come la Kidman in The others, un mostro che sembra un corvo nero con gli artigli alla Freddy Kruger e chissà quali altre abusate citazioni. Paura poca, originalità zero. Fare horror è ormai difficile perché si è detto e fatto sin troppo. Ma horror buoni ne esistono ancora, come dimostra anche quest'anno la collaterale rassegna After hours. Perché inserire questo modesto titoletto in concorso è davvero un mistero.

VOTO **

 

Prosegue la personale che il Festival dedica al regista Jim Mickle. Oggi il suo ultimo film, COLD IN JULY, buon thriller con un gran cast che potrebbe (a ragione, a torto, chissà) divenire un cult. Qui la recensione

VOTO ***1/2

locandina

Cold in July (2014): locandina

STELLA CADENTE: un re, la solitudine, il gioco e l'erotismo.

locandina

Stella Cadente (2014): locandina

 

Ma che bella sorpresa questo film spagnolo sul re italiano di Spagna osteggiato su tutti i fronti.

L'avventura sfortunata ed effimera di Amedeo di Savoia principe di Torino che giunge in Spagna per regnarvi proprio quando il suo principale sostenitore in loco viene ucciso in un agguato, diviene l'occasione per il regnante di crearsi un proprio isolamento nel suo castello dove si barrica per evitare di andare incontro ad attentati e minacce ormai dilaganti da ogni strato sociale.

I suoi nobili propositi di politica economica, illuminati da idee progressiste, specie se si considera che provengono da un monarca osteggiato dai fautori della repubblica, rimangono inevitabilmente inespressi nel cassetto delle intenzioni ed il monarca, solo senza la moglie ancora a Torino, assecondato dal suo fido e devoto assistente, da un cameriere giovane ed affascinante e da una cuoca che tenta di sedurlo, si lascia andare ad un delirio quasi infantile tra erotismo quasi adolescenziale e giochi infantili con cui il sovrano tenta di sopravvivere ad un clima ostile e tetro che sa di complotto.

Luis Minarro gira un film sontuoso ma ironico, barocco con inquadrature che si ispirano alla pittura iperrealista dell'epoca, producendo un effetto stupefacente, antico e moderno assieme, ostentando scene di sesso e nudità esibite, erezioni (Lorenzo Baducci nudo che fa sesso con un melone intagliato al punto giusto, offrendolo poi in pasto al re vegetariano è già la scena cult – o scult – del festival) e opulenza di femminilità estrose come quelle comunicate dal corpo carnoso di Lola Duanes. Una sorpresa gradita, per un film girato apparentemente in modo sontuoso e tradizionalista, alla Eugene Green se si vuole ostentare un paragone, ma che poi trova il modo di ironizzarci sopra senza svilire troppo le figure ed i personaggi storici di cui parla, vittime anche loro di circostanze e pregiudizi che non hanno permesso di poter esprimere le eventuali potenzialità possedute.

VOTO****

 

THE GUEST

locandina

The Guest (2014): locandina

 

Torna a Torino Adan Wingard, il regista dell'intrigante, folle, esagerato “You're the next” ed autore di alcuni episodi di “VHS”, con un thriller d'azione ugualmente esagitato e coatto. Storia di un rambo/universal soldier (ma ho già detto troppo) che, tornato dalla missione in Medioriente, fa visita alla casa dei genitori del suo amico di plotone defunto, per poi innescare una scia di sangue senza fine che coinvolge un'intera comunità nel New Mexico, The guest è un thriller esagerato e senza pudore che si fa forte di un ritmo e di una adrenalina anche discutibili, da action reaganiano anni '80. Ma il gioco funziona davvero. E il bellone televisivo Dan Stevens è credibile come angelo del male che riesce a sedurre chiunque con un battito d'occhi cerulei ed un sorriso ammaliante. La partner femminile bionda e bella è Maika Monroe, vista per la seconda volta al festival dopo l'altrettanto riuscito horror “It follows”.

Fughe disperate dopo che l'angelo ha dimostrato di essere una macchina costruita per uccidere, percorsi artefatti ma efficaci in un labirinto di Halloween che finisce per essere il percorso mortale finale ove lastricare il terreno di una scia di sangue senza fine.

Finale sadico e malizioso che predispone ad eventuali infiniti sequels.

A volte il genere, se fatto bene, può risultare ben più che tollerabile, riuscendo ancora a divertire con storie tutt'altro che nuove od originali.

VOTO ***1/2

 

 

 

 

 

 

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