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Il paesaggio come concetto mentale. Incontro con Werner Herzog
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13 novembre 2014

....presto, mancano cinque minuti!” Voliamo letteralmente fuori dalla macchina, parcheggiata in un vicolo del centro storico di Alba.

La fretta (che sarà la causa di un divertente itinerario turistico notturno alla ricerca dell'automobile non avendo nessuno dei tre preso nota della via.....) è dovuta al fatto che l'organizzazione si è raccomandata di essere in teatro per le otto di sera in punto, anche se il Maestro è atteso per le 21.

Ci guardiamo intorno, nessuno di noi conosce la città, i miei due compagni di viaggio sono scusati vista la giovane età, molto meno lo sono io che in tutti i miei girovagare non ho mai trovato l'occasione di visitare questo gioiellino medioevale collocato fra le dolci ondulazioni delle Langhe.

Chiediamo indicazioni, vaghiamo con l'aria si chi è appena arrivato dagli anelli di Saturno finché per miracolo l'edificio del Teatro sociale di Alba compare di fronte a noi.

E dopo le consuete procedure di accreditamento (non senza il mio solito e involontario intermezzo comico, dato che mentre una delle gentili signore dell'organizzazione ci accompagna verso la sala io mi fiondo verso.....beh potete immaginare) entriamo finalmente in sala e raggiungiamo posti nelle prime fila (il Maestro lo vogliamo vedere da vicino) mentre sullo schermo scorrono le immagini di Aguirre Furore di Dio e il volto truce di Klaus Kinski sembra intimarci di tenere un comportamento adeguato alla situazione.

 

 

 

 

Poi le immagini sfumano e l'attesa si fa trepidante, in sala si coglie la tensione.

Sale sul palco il bravissimo Filippo Taricco, il direttore artistico di Collisioni, il festival musicale e letterario (e aggiungiamo pure cinefilo) che ha reso le Langhe uno dei più vivi centri culturali del nostro paese, accompagnato da Antonella Parigi, Assessore alla Cultura della Regione Piemonte. Qualche piccola nota introduttiva, la spiegazione dell'evento legata alla promozione dello splendido territorio delle Langhe, del Roero e del Monferrato dichiarati patrimonio dell'umanità dall'Unesco lo scorso 21 giugno, e della presenza del regista tedesco cui verrà consegnato il “Tartufo dell'Anno” dopo di che entra in scena Marco Müller, critico e produttore cinematografico (e dal 2012 direttore artistico del Festival internazionale del film di Roma ) che con grande perizia ci introduce al cinema del Maestro.

E soprattutto introduce il personaggio leggendo un brano del suo libro Sentieri nel ghiaccio, in cui viene raccontato di un tragitto nelle Alpi bavaresi, attimi di natura sorseggiata attraverso una lenta degustazione del paesaggio, che muta col mutare del sentiero.

A chi, come lo scrivente, da sempre coltiva la passione per la camminata in mezzo alla natura, quelle pagine sono parse puro Vangelo.

 

 

E alla fine arriva lui, Werner Herzog, un gigante della cinematografia mondiale, l'uomo che ha saputo raccontare come pochi il paesaggio attraverso le immagini, e proprio per questo motivo è stato invitato a presiedere l'evento che vuole promuovere questo territorio e questi paesaggi, così pieni di colori e di storia, in tutto il mondo.

Herzog raccoglie l'applauso che a scena aperta gli tributiamo, quindi si siede per parlare del suo cinema e della sua arte. Müller lo sollecita con domande assolutamente non banali, il Maestro è disponibile nel parlare non solo del suo lavoro ma anche della sua vita e dei suoi ricordi.

A partire dal nonno archeologo, che tanta importanza ebbe nella sua formazione e che lui da bambino si divertiva a tormentare con scherzi, “è incredibile come sanno essere crudeli i bambini” ci racconta “noi lo amavamo eppure lo perseguitavamo”

E ancora quella volta che insieme ai fratelli salì su un albero per non volerne più scendere e la nonna si presentò con un'ascia, pronta a procedere al taglio della pianta se il gruppo di monelli non si fosse rassegnato a tornare all'ordine.

E poi la sua passione per la natura, sviluppata attraverso le escursioni, perché il mondo bisogna viverlo “rigorosamente a piedi”, passione che è stata la scuola basilare che ha allenato l'occhio di Werner a cogliere ogni particolare dei paesaggi, insegnamenti che si sono poi tradotti in momenti di altissimo cinema.

Del resto lui stesso si definisce “regista di attori ma anche regista di paesaggi”

L'argomento viene affrontato attraverso spezzoni di cinema Herzoghiano, il primo da L'Enigma di Kaspar Hauser e i successivi due da Cuore di vetro.

 

 

 

 

Viene spiegata, attraverso la scelta oculata e precisa di scene, la potenza narrativa del regista tedesco, e la straordinaria importanza che l'elemento paesaggistico riveste nella sua cinematografia.

Particolarmente importanti nell'economia del discorso mi sono sembrati gli spezzoni di Cuore di vetro, storia che si svolge in una Baviera fantastica, e in cui vengono mostrati ambienti e spettacoli naturali che non fanno parte del territorio, ad esempio il pastore veggente scorge col suo sguardo profetico monumentali cascate, che poi Herzog spiegherà essere le cascate del Niagara, “ma in quel momento, per quella scena, le cascate del Niagara erano Baviera”.

Müller fa un richiamo alla grande pittura paesaggistica tedesca del XIX secolo, quella scuola denominata romanticismo e rileva come, pur non essendo un romantico Herzog abbia comunque risentito dell'influsso di quella cultura.

In particolare si cita il dipinto di Caspar David Friedrich Viandante sul Mare di Nebbia ed ecco che nel secondo estratto appare una scena che sembra ricalcare quel quadro, un viaggiatore avvolto in mantello nero ammira assiso su una roccia un paesaggio nebbioso; nel film la scena è girata su una isoletta islandese sperduta nelle fredde acque dell'Oceano Artico.

 

 

 

 

Solo una cosa dico, ho cercato in più di una occasione di raccontare il cinema di Herzog, sentirlo spiegare dal diretto interessato è qualcosa che,almeno per me, non ha prezzo.

La lezione è finita, Herzog, ha detto molte altre cose ovviamente, ma altri le hanno sapute sicuramente raccontare meglio di me.

Invece di starmene buono ad applaudire mi involo sotto il palco, in mezzo ai fotografi professionisti.

Mi piego, mi rannicchio, in quel momento vorrei essere un nano da giardino e non il metrottanta e oltre che sono, nessuno però mi dice alcunché, qualche giovane mi ha visto e si avvicina, hanno in mano libri, la speranza è quella di poter farli firmare al Maestro.

 

 

 

 

Speranza che si realizza, ci fanno salire sul palco, si forma la ressa, ma incredibilmente è una ressa educata, niente isterismi ma semplicemente il desiderio di attendere con pazienza un saluto da Herzog. Che è gentile e disponibile con tutti.

Mattia che di Herzog è fan dalla culla mi ha raggiunto, in mano la sua copia de La conquista dell'Inutile da far autografare, Simone invece si gusta la scena da un po' più lontano.

Io attendo tranquillo, scatto foto, elargisco sorrisi a studentesse che mi pestano i piedi e si scusano con garbo, e finalmente me lo trovo davanti. Gli allungo la mano e sfodero il migliore dei miei sorrisi, ma non devo fare fatica perché mi arriva dal cuore, da tutta la gratitudine che nutro verso un regista che ammiro da sempre.

 

 

 

 

E lui ricambia, un sorriso cordiale, e una frase semplice “It's really a good evening!” detta col piacere di chi veramente pensa che quella sia una serata meravigliosa.

Esprimo tutta la mia stima e la mia felicità nel mio stentato inglese e stringo la mano di Herzog. Non ho davvero altro da dire!

 

Usciamo dal teatro, non prima di esserci imbattuti in Filippo Taricco che con squisita cortesia ci ringrazia per la nostra presenza (ma siamo noi che dobbiamo ringraziare persone come lui) e ci incamminiamo in silenzio per le vie di Alba.

Mattia ha la stessa faccia che potrebbe avere Il Papa se avesse appena incontrato San Pietro, Simone è ancora incredulo. Io invece scruto la mano pensando che se avessi il dono della crescita dei tessuti (tipo stelle marine) me la taglierei e la incornicerei.

 

 

 

 

 

Mentre cominciamo a tirare fuori le prime sensazioni, ammiriamo gli splendidi monumenti di Alba, poi siccome siamo ragazzi di mondo (loro ragazzi al centopercento, io un po' meno ma.....vabbé) ci fermiamo a prendere una birra al pub.

Dopodiché affrontiamo l'annosa questione del recupero mezzo di trasporto, non abbiamo la più pallida idea di dove l'abbiamo messa, questa automobile

Ecco, mi pare” “....dunque arrivavamo da là” “ah di qua, andiamo che son sicuro.....””ma questa piazza da dove spunta...” “l'hanno sicuramente costruita mentre eravamo al Teatro...” “Gianni, le piazze non si costruiscono in tre ore...”

Beh il Dio di quelli che per la settima arte si fanno quattro ore di macchina tra andata e ritorno e son disposti ad andare a dormire alle tre benché il giorno dopo si vada a lavorare, ci assiste e in meno di mezz'ora la macchina salta fuori.

Anche questo fa parte di una serata eccezionale!

 

 

 

Da sinistra: Mattia (utente WillySignori88), Simone (che spero sia presto dei nostri) e.....l'autore del post e delle foto della serata

 

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