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27 settembre - Il Vangelo secondo Matteo ed Enrique Irazoqui
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  • Dopo l'infelice visione di Posh di Lone Scherfig (effettuata in un cinema della catena UCI Cinemas, con 30 vergognosissimi minuti di pubblicità prima dell'inizio della pellicola) il cinefilo incallito pensa di andarsi a rifare gli occhi ai Cantieri Culturali della Ziisa a Palermo dove i Cantieri del Contemporaneo, a cura di Giuseppe Marsala, hanno organizzato una splendida serata: la proiezione del Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini con presenti in sala Franco Maresco e niente poco di meno che Enrique Irazoqui, immortale volto di Gesù Cristo nel gigantesco capolavoro del regista romagnolo. A seguito di un lungo intervento purtroppo perduto dal cinefilo bloccato dal traffico, finalmente si raggiunge la preziosissima Sala De Seta a film non ancora iniziato, e gli ultimi posti liberi in fondo alla sala sono la giusta occasione per sistemarsi dopo una lunga e faticosa corsa. 
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  • Molte delle parole dette prima della proiezione (avvenuta con una sala sorprendentemente piena) sono perse dal cinefilo incallito, che si consola con il pensiero che molto verrà detto anche a fine visione (e così accadrà). Dunque inizia l'eccezionale pellicola di Pasolini. Quegli strani arpioni propri dei capolavori catturano lo sguardo del cinefilo incallito, e disperdono i loro sprazzi lirici di poesia nell'aria, tanto da immobilizzare molte delle teste contemplanti dentro la sala (molte altre, purtroppo, sono state in costante movimento). Il film, come è noto ormai dalla mitica data del 1964 (proprio quest'anno 2014 si festeggiano i cinquant'anni), è un meraviglioso calarsi schietto ma vivissimo nei testi sacri del Vangelo secondo Matteo, una riproposizione fedelissima che utilizza la parabola della vita di Gesù Cristo per evocare una rivoluzionaria esplosione di vitalità, quella del Cristianesimo più puro e, com'era originariamente, contraddittorio (Gesù, nel film, è profondamente umano, e Pasolini non elude, da buon intellettuale qual era, gli aspetti più paradossali di tale fede totalizzante di fronte a un'umanità tanto "relativista"), ma anche la vitalità della figura di Gesù Cristo in sé e per sé, forse il più grande rivoluzionario della storia dell'immaginario umano (nonché un portatore di enorme spontanea vitalità). L'eleganza stilistica e formale della pellicola poi fanno il resto. 
  • Dopo l'inevitabile applauso e il brivido di commozione di chi è sicuro di aver visto un film che cambiò la storia del Cinema, ha inizio la serie di domande che comincia a porre Franco Maresco a Enrique Irazoqui. Gli spettatori meno resistenti lasciano la sala (si parla di metà di quelli presenti dall'inizio), e questo permette al cinefilo incallito, comunque in buona compagnia, di avvicinarsi con la compagna di ventura al luogo in cui il dialogo avrà sede, chiaramente sotto il grande schermo della sala De Seta. Si cominciano a porre interessanti domande a Irazoqui, dal clima che si respirava durante le riprese (un clima rilassato e d'amicizia, a detta dell'attore: il lavoro era spesso alternato ad amenità come giochi a carte o partite di pallone), all'interpretazione del personaggio di Gesù da parte dell'ateissimo Irazoqui (una figura rivoluzionaria, che all'attore ricordava altre figure della letteratura, come il principe Myskin ne L'idiota di Dostoevskij). A quel punto Maresco si lancia in una piccola digressione, sulla figura di Gesù com'è vista oggi (e viene detta anche qualcosa di un po' irriverente su Scalfari della Repubblica, sul fatto che "improvvisamente smette di parlare di economia e si mette a romperci i coglioni sulla figura di Gesù in occasione di un'enciclica di Papa Francesco"). 
  • Viene inoltre raccontato il passato della vita dello spagnolo, prima e dopo Il Vangelo. Era un militante antifranchista, che ebbe l'occasione di far incarnare ai farisei del film le figure dei fascisti più crudeli (per entrare meglio nella parte). Dopo il film non ebbe più parti di attore, se non per sostentamento (il ricavato ottenuto dall'attore in seguito al Vangelo servì per la propaganda antifranchista), ma venne maltrattato durante la leva militare e anche in seguito perché aveva lavorato in un film che, a detta di altri, era "di propaganda comunista" (con conseguente disappunto da parte dell'Irazoqui stesso, del cinefilo incallito e di tutti i presenti in sala). Irazoqui racconta inoltre dei due tentativi, da parte dell'entourage intellettuale che circondava Pasolini, di coinvolgere l'attore in questione in uno sciopero contro la produzione, prima con la scusa che la preferenza di Pasolini per Ninetto Davoli procurava maltrattamento agli altri attori, in seguito perché Pasolini avrebbe trattato male la madre Susanna (proprio la Vergine Maria) con l'intenzione di imprimerle il dolore giusto nella scena della crocifissione (altri gemiti e lamenti di disappunto giustificatissimi). Da qui un curioso aneddoto: Pasolini invitò sua madre, Izaroqui (allora diciannovenne) e la madre dello stesso Irazoqui a cena, una sera, a Roma. Durante una passeggiata si mise improvvisamente a correre e colse un fiore per la madre. Una storia che andrebbe ad argomentare la tesi di Irazoqui per cui nessuno ha mai amato la propria madre quanto fece Pasolini.
  • Irazoqui non incontrò più Pasolini per molto tempo, lo rivide a Parigi anni dopo e poi in qualche altra occasione insieme a Elsa Morante, grande stimatrice del regista romagnolo. In tal senso Irazoqui ricorda una poesia, mai edita dagli eredi della Morante, composta dalla stessa autrice per Pier Paolo. Il ricordo dell'attore, per ciò che riguarda Pasolini, era di un uomo pregno di una "vitalità disperata", che lo spingeva spesso a lasciarsi andare sopra una poltrona e a dire "Che angoscia". Altro anedotto certamente insolito, che avvolge la figura del regista in una dimensione ancora più misteriosa. 
  • Eppure, non appena Maresco ricorda dell'appuntamento di domani (o oggi, a seconda dei punti di vista) 28 settembre, ovvero un altro incontro con l'attore spagnolo anche per discutere del Pasolini di Abel Ferrara (con annessa proiezione di un'intervista che lo stesso Maresco ha fatto a Willem Dafoe intorno a quel ruolo), Irazoqui anticipa veementemente la propria posizione rispetto alla suddetta pellicola: "non semplicemente un film che non piace, ma un film disastroso che dispiace assai", quasi un insulto, a detta dell'attore, nei confronti della figura di Pasolini. Anche se, subito dopo, confessa di aver visto solo cinque minuti della pellicola di Ferrara. Attacco un po' pesante da parte di un uomo che conferma il grande mistero del personaggio Pasolini prima, ma poi forse pretende con eccessiva invadenza di affermare che il Pasolini di Ferrara non corrisponde affatto al Pasolini reale. La figura del film del regista italoamericano, a detta dell'Irazoqui, è "scialba" (dopo appena cinque minuti, in cui si vedono appena alcune sequenze di Salò: curioso), e assolutamente inadatta per il ruolo è l'interpretazione di Willem Dafoe ("insensato che un attore straniero interpreti la parte di un regista italiano").

     

  • locandina

    Pasolini (2014): locandina

  • A quel punto Maresco interviene:
  • "Conosco lo sceneggiatore Maurizio Brucci e, pur non avendo visto il film, posso affermare che l'intenzione sua e di Ferrara non era quella di proporre una riproduzione fedele del personaggio Pasolini"; al che Irazoqui risponde "Sì, ma come si intitola il film di Ferrara?", succeduto dall'ovvia risposta di Maresco. Per Irazoqui questo basta: il film parla di Pasolini. Con ulteriore fervore, prega ironicamente il pubblico di non andare a vedere il film di Ferrara. Domani se ne vedranno delle belle, specie se davvero l'attore spagnolo ha visto solo cinque minuti della pellicola imputata.
  • All'uscita dalla sala De Seta, è stato possibile dare un'occhiata alla piccola ma interessante mostra fotografica sul making of del Vangelo secondo Matteo. Immagini potenti e illuminanti, spesso anche commoventi, soprattutto quando si vede il grande regista all'opera. 
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  • Dunque l'appuntamento è domani, alle 21,00, presumibilmente sempre nella Sala De Seta, per ulteriori approfondimenti sul personaggio Pasolini e sulla sua incredibile importanza. Una retrospettiva, quella dei Cantieri Culturali, che non si dimenticherà facilmente. Il cinefilo incallito si ritiene definitivamente soddisfatto. 
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