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Venezia 2014: Giorno 2 - Delusioni e fischi
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Il secondo giorno di proiezioni veneziane comincia dopo appena tre ore di sonno, quelle utili a rimettersi in forma e alzarsi come nel migliore dei film di Romero: spaventosi nell'aspetto ma carichi ad azzannare più pellicole possibili, dal momento che il cartellone comincia a essere fitto e spesso occorre fare i salti per incrociare i titoli di interesse. La formazione di FilmTv.it al Lido al momento è composta ancora da me e EightAndHalf e, con buona pace di traghetti e gabbiani, alle 8 siamo già in fila per assistere ai primi due film della giornata: il francese The Price of the Fame di Xavier Beauvois, prodotto tra gli altri dai fratelli Dardenne , e l'iraniano Tales di Rakhshan Banietemad, entrambi in concorso ed entrambi al di sotto delle aspettative.

Se per il film di Beauvois (per chi non lo ricorda, già regista di Uomini di Dio) la delusione è cocente, l'opera della Banietemad sembra essere ferma nel tempo e inchiodata ai lungometraggi iraniani degli anni Ottanta, aggiornati solo nelle tematiche e non nello stile. Mentre Beauvois è nettamente fuori contesto in un festival, la Banietemad usurpa il concorso quando, secondo chi vi scrive, avrebbe meritato più la sezione Orizzonti. Sarebbe interessante che qualcuno dell'organizzazione selezionatrice spiegasse come vengono fatte le scelte relative alle sezioni e in base a quali criteri ma dubitiamo fortemente che abbiano voglia di sbottonarsi e di spiegare quello che potrebbe essere il quarto segreto di Fatima. Queste le recensioni dei due film: The Price of the Fame e Tales.

 

La giornata poi ha visto i destini miei e di EightAndHalf dividersi: mentre lui ha optato per il melodrammone cinese Dearest di Peter Chan (qui recensito) e per il documentario In the Basement di Ulrich Seidl (qui opinionato), io ho ripiegato sul terzo titolo da concorso della giornata: 99 Homes di Ramin Bahrani, primo vero titolo candidato a uno dei Leoni finali. Sia chiaro, non credo che Bahrani possa aspirare al Leone (nonostante gli applausi scroscianti della proiezione stampa, bisogna ricordare l'accoglienza riservata alregista due anni fa con il sottovalutatissimo At Any Price) ma il premio per la migliore interpretazione maschile è già nelle mani di Michael Shannon, incredibilmente perfetto nei panni dello squalo di periferia americana. Del resto, il tema del lungometraggio è uno dei più attuali e sentiti dell'intera Mostra: «Il fenomeno di povertà al 99% è globale. In tutto il mondo, l'uomo comune non può più dedicarsi a un duro lavoro onesto e aspettarsi di raggiungere la prosperità di fronte a un contesto di avidità e corruzione. Quando un uomo si trova di fronte al plotone di esecuzione, si schiera dalla parte del suo carnefice? Esiste una scelta diversa da quella di fare un patto con il diavolo?», spiega Bahrani nelle note di regia. Qui, la recensione.

 

Prima di 99 Homes, però, ho avuto il tempo di ascoltare un paio di commenti sul caso della giornata: la proiezione aperta al pubblico di La vita oscena di Renato De Maria e i fastidiosissimi fischi che l'hanno accompagnato. Premettendo che ognuno è libero di farsi un'idea propria sul film basandola sulle proprie percezioni, molti di coloro che hanno fischiata a un'esplicita domanda hanno risposto all'unisono: nessuno conosce la forma e il contenuto del romanzo autobiografico di Aldo Nove da cui il film è tratto. Diventa così lecito porsi una domanda: ma è corretto nel caso di una trasposizione letteraria non conoscere l'opera di origine? Nel caso del film di De Maria, chiaramente evocatorio di un cinema di non facile approccio come quello di Gaspar Noè, direi di no.

 

 

Fermandoci su aspetti meno artistici, quest'anno il Lido ha visto l'inaugurazione della Sala Darsena, finalmente degna di essere definita una sala da festival. Avvengono qui quasi tutte le proiezioni per la stampa ma cogliamo l'occasione per invitare i selezionatori a ripensare anche alle altre sale, a partire dalla Pasinetti, dove sembra di essere nel salotto di casa di amici per capienza e qualità schermo.

 

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Tre domande a Xavier Beauvois

 

Come è nato The Price of Fame?

Cinque anni fa, mentre guardavo in dvd Chaplin e il suo Luci della ribalta. Tutti pensiamo di conoscere Chaplin ma nei suoi film scopriamo sempre qualcosa di inedito: era un vero pozzo di idee. A lui si devono le origini del cinema e il cinema come lo conosciamo oggi. È stato il primo ad esplorare le possibilità che il mezzo offriva: ecco perché ho inserito una sua immagine che lo vede impegnato con una pala in mano a scavare le fondamenta della Associated Artists. La pala è anche il mezzo che i miei due protagonisti usano per dissotterrare la sua bara. Forse, per associazione di idee, è stata l’immagine di Chaplin che scava che ha evocato in me il caso della bara rubata.

 

Conosceva bene la vicenda?

No, ne avevo sentito parlare ma non l’avevo mai approfondita. Mia moglie Marie-Julie Maille, montatrice del film, non la conosceva per nulla. Inizialmente, quando le accennai il progetto, credeva che scherzassi. Le ricerche su internet l’hanno assicurata sulla veridicità del caso. Chaplin è morto il giorno di Natale del 1977 nella sua casa a Vevey, in Svizzera. Tre mesi dopo la sepoltura, due poveri immigranti ebbero l’idea del furto per richiedere un riscatto. Sembrava una storia fatta apposta per essere filmata.

 

Chaplin e i suoi film sono stati dunque fondamentali per lei.

Certo. Quando si è giovani, ci sono sempre degli eroi che fanno sognare e fantasticare: Fantomas, Tarzan… Ma quando si scopre Chaplin è chiaro che ci si relaziona con un maestro, un genio della regia e della recitazione.

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Tre domande a Rakhshan Banietemad

Come mai sono trascorsi 8 anni dal suo ultimo film?

Negli ultimi 8 anni, la composizione dei componenti della commissione cinema del ministero della cultura, era priva di qualsiasi competenza artistica e cinematografica. Ero convinta che chiedere l’autorizzazione alle riprese da una simile commissione, equivaleva al riconoscimento della stessa. Per questo ho passato un periodo di auto restrizione nella quale, anche se non ho realizzato film di finzione, ho girato documentari, scritto soggetti e tanto altro... Nello stesso tempo ero alla ricerca di una soluzione per poter, comunque, realizzare un film in modo legale e, allo stesso tempo, evitare di avere a che fare con una simile commissione.

 

E finalmente è arrivato Tales

Tales è il risultato della “resistenza” nelle condizioni che ho enunciato prima. Non volevo fare un film in modo clandestino, perché la condizione più importante del mio fare cinema, è quella di poter mostrare il mio film prima di tutto nel mio paese, agli spettatori iraniani. Avrei dovuto trovare una soluzione che non mi obbligasse ad avere rapporti con la commissione.

Nello stesso tempo non volevo agire in modo illegale, dando loro il pretesto di bloccarne la realizzazione. La realizzazione di cortometraggi non aveva bisogno dell’iter burocratico. Quindi realizzare una serie di cortometraggi poteva essere una buona soluzione. Non c’è nessuna legge che vieti ad un cineasta di proiettare i suoi cortometraggi tutti insieme, uno dietro all’altro.

 

Grande supporto ha ricevuto da attori e cast. 

Questo film è stato realizzato in una condizione anomala. Non aveva budget e non aveva l’autorizzazione alle riprese. Malgrado questo, un gruppo tra i maggiori attori, e tra i più validi tecnici, si sono riuniti con una energia straordinaria. In un mercato invaso dal cinema commerciale e film commissionati, dove le possibilità per il cinema indipendente diventano sempre più risibili, partecipare alla realizzazione di questo film si è trasformato in un atto di “resistenza”. In quel periodo due delle più bravi attrici Fateme Motamedaria e Baran Kosari, erano interdette dal lavoro e non potevano partecipare a nessun film. Il tempo delle riprese avrebbe dovuto essere il più breve possibile. Avremmo dovuto finire il film prima che potessero nascere problemi che avrebbero potuto fermare la lavorazione. Tutte problematiche che avrei dovuto tenere conto durante la scrittura della sceneggiatura. Facemmo lunghe prove alcuni mesi prima dell’inizio delle riprese. E con una programmazione precisa e dettagliata, girammo il film in 17 giorni.

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