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Attori di carattere: Nino Terzo
di scandoniano
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Chi lo ha detto che un caratterista è tale (solo) per il fisico peculiare, il volto caratteristico o la parlata riconoscibile? A smentire questa diceria si può portare l’esempio di Nino Terzo, all'anagrafe Antonino, caratterista italiano ribattezzato in epoca recente “il tartaglione d’Italia”…

L’attore, nato a Palermo nel 1923, più che per i baffi spropositati ed i dentoni da tricheco, che già da soli gli sarebbero valsi certamente un posto d’onore tra i caratteristi più tipici del cinema comico nostrano degli anni ’60, ’70 e ’80, si caratterizzò per quella falsa partenza ad ogni battuta, un mini attacco d’asma, un rantolo sordo e prolungato con cui esordiva ogni volta che toccava a lui parlare. Un difetto, vero o presunto, che ne segnò la carriera.

Iniziò nell’avanspettacolo cosiddetto “sguaiato”, quello nato negli anni ’50 a Milano, in cui la pudicizia ed il bon ton non erano minimamente contemplati. Oltre alla futura moglie, nei teatrini pullulanti di spettatori esigenti e severissimi, Nino Terzo trovò il successo. Questo taglio scanzonato e questo modus operandi accompagnarono l’attore siciliano per tutta la carriera (non a caso, un altro appellativo che gli è stato affibbiato è quello di “re dell’avanspettacolo volgare”): nella sua carriera trentennale, Nino Terzo partecipò a prodotti, a volte sottoprodotti, del peggiore trash italico, diventandone quasi un’icona, non disdegnandone tra l’altro la sua naturale affiliazione al genere. Spesso lo stile dei lavori a cui partecipò era dichiarato sin dal titolo del film (non a caso il suo esordio fu in “Le massaggiatrici”, per la regia di Lucio Fulci del 1962). Oltre che con Fulci, specie all’inizio, Terzo lavorò con Carlo Ludovico Bragaglia, Steno e Marino Girolami, partecipando anche 6 o 7 progetti l’anno, specie nel periodo tra la metà degli anni ’60 ed il decennio successivo,quando divenne un elemento imprescindibile delle pellicole con Franchi e Ingrassia.

Nonostante venga principalmente ricordato per i film accanto a Franco e Ciccio, di cui era un grande amico, la carriera di Nino Terzo non risultò monocorde, soprattutto perché la sequela di film assieme alla coppia di conterranei, venne intervallata da progetti di rilievo (come “I clowns” del 1970 o “Roma” del 1972, entrambi per la regia di Fellini), numerosi musicarelli a cui seguirono una serie sterminata di commedie pecorecce che hanno caratterizzato il cinema di serie  B nostrano tra gli anni ’70 e gli anni ’80 (film della serie “Pierino” e pellicole “stracult” di Nando Cicero, Sergio Martino o Mariano Laurenti).

Quando i copioni cominciarono a scarseggiare, in seguito alla flessione del ritmo di lavoro, dovuto anche alle vicende alterne capitate a Franco e Ciccio, Terzo arriva addirittura a prendere parte ad alcuni film che non si stenta a definire “pornografici”: “La dottoressa di campagna” e “Chiamate 6969: taxi per signora” (entrambi per la regia di Mario Bianchi, entrambi del 1981), erano film appartenenti a quella specifica tipologia di prodotti montati in doppia versione, quella “nuda e cruda” e quella edulcorata (oggi la si definisce “per tutti”). Terzo, che non negò mai la partecipazione a questi filmetti di dubbio gusto, anche perché di fatto non partecipò mai direttamente a scene hard, si limitava anche qui a fare l’attore-corollario, rimanendo fedele al suo ruolo di buon caratterista. Partecipò ancora a progetti interessanti o d’autore come “Cafè express” (Nanny Loy, 1982) o “Il bi e il ba”, firmato da Maurizio Nichetti, fino a ritornare quasi ai fasti felliniani quando rientra nel cast del pluripremiato “Nuovo cinema Paradiso”, del 1988, per la regia di Giuseppe Tornatore. A parte poca, ma immancabile TV (i trascorsi nei film pseudo-militareschi accanto a Gianfranco d’Angelo e Alvaro Vitali lo aiutano per la particina nella fiction Mediaset “Classe di ferro”), Nino Terzo risulterà praticamente introvabile fino al 2002, anno della sua triste dipartita: per ragioni di salute ed in seguito a numerosi infarti, l’attore, ridotto quasi ad un vegetale, muore nella provincia di Napoli, accudito dalla moglie dalla quale era giocoforza diventato dipendente.

Se oggi l’asma fa sorridere qualcuno non è certo per insensibilità, bensì per colpa (o per merito) di Nino Terzo, il buffo tartaglione d’Italia.

 

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