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Saranno famosi (1) - Fiorenzo Lo Presti
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Sacrificio, impegno, dedizione, forza di volontà, passione. Sono questi gli elementi distintivi che occorrono a ogni giovane attore che tenta di trasformare la recitazione in un lavoro. Non tutti sempre ce la fanno, altri invece riescono ad affermarsi e a entrare in quell’Olimpo magico che è lo star system.

Parte oggi una nuova rubrica, a cadenza bimestrale, che va alla ricerca di coloro che, tra sudore e studio, provano a fare il grande salto. Spesso le interviste vengono realizzate a chi ce l’ha già fatta, a chi è riconoscibile e a chi ha un suo seguito di estimatori. Noi abbiam deciso di invertire la tendenza e di proporci come talent scout, andando alla ricerca di quelli che eventualmente saranno gli attori di domani, la generazione del cinema italiano che verrà.

Siamo partiti da Palermo, una città lontana dai centri produttivi di Roma o di Milano. Nel capoluogo siculo, si gira in questi giorni De serpentis munere, il nuovo film di Roberto Leoni, e il set ci ha dato modo di incontrare uno dei giovanissimi interpreti: Fiorenzo Lo Presti, impegnato in un ruolo secondario e in più come controfigura del protagonista. Molto più maturo dei suoi 24 anni, Fiorenzo ha fatto scelte non semplici lungo il suo percorso: si muove infatti tra commedia dell’arte, cinema e manouche, dopo aver conseguito un diploma presso l’accademia Eutheca. A raccontarci la sua storia e le sue esperienze, sono direttamente le sue parole.

 

Fiorenzo Lo Presti

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Da dove nasce in te l’idea di fare l’attore? Ti sei appena diplomato all’Eutheca, l’European Union Academy of Theatre and Cinema di Roma, ma volevo capire da dove nasce tale desiderio e cosa ti aspetti dalla passione per la recitazione.

Il mio percorso è stato strano. Volevo fare prima il musicista e poi lo scrittore quando, interessato a un settore che coniugasse un po’ tutto, mi ritrovai a fare dei laboratori al liceo con Giuditta Perriera. Mi innamorai follemente del teatro ma smisi presto di recitare – ero una testa calda ai tempi – per dedicarmi alla musica, suonare e scrivere canzoni. Il destino, però, per puro caso ha portato sul mio cammino un musical di beneficienza organizzato dalla Spia, una onlus siciliana per le immunodeficienze primitive. In tale occasione, conobbi Lollo Franco, che mi invitò a seguire il suo corso di recitazione vedendo in me le caratteristiche necessarie per un attore. Curiosamente, tra gli insegnanti ritrovai la Perriera. Ricordo che organizzammo una rappresentazione di I giganti della montagna molto riuscita. Il giorno della prima, tra l’altro, fu molto particolare: era morto Michele Perriera, il padre di Giuditta, e in teatro vennero a vederci molti attori palermitani. Da lì, feci un provino con la Compagnia dell’Arpa e cominciai a lavorare, prendendo parte a una mini tournée e a diversi spettacoli portati in scena al Teatro Lelio, dove tuttora esiste un’impostazione della compagnia molto tradizionalista e ottocentesca. Al di là dell’essere guardato su un palco, la recitazione mi ha trasmesso subito forti emozioni e adrenalina, facendomi capire quale fosse la mia strada e quali e quanti stimoli trovassi soprattutto nella fase di preparazione di uno spettacolo e nella fase di ricerca.

Inizialmente, mi dicevano tutti che ero un pezzo di legno, rigido. Venivo da un periodo in un cui avevo fatto lotta libera ed ero molto muscolato e rigidino nei movimenti. Decisi allora di fare uno stage di biomeccanica teatrale con il maestro russo Gennadi Nikolaevic Bogdanov, che mi ha fatto capire cos’è veramente il teatro e la ricca tradizionale teatrale russa.

 

In cosa consisteva questo stage? Cosa ti ha insegnato?

Lo stage ci insegnava i principi della biomeccanica teatrale di Mejerchol’d, regista e pedagogo russo ex allievo di Stanislavskij che si distacca da lui nel momento in cui finisce il realismo e comincia il simbolismo: alle questioni relative al come interpretare psicologicamente il simbolismo, Mejerchol’d trova infatti una chiave fisica. Lo stage consisteva in qualcosa come sei ore al giorno, di cui le prime due trascorse a stare in piedi e fermo ad ascoltare la lezione.

 

E dopo lo stage?

Ho cominciato a fare provini in giro per l’Italia per le accademie. Palermo purtroppo non offre le opportunità per studiare e approfondire la recitazione. Mi sentivo come frustrato, sentivo dentro di me questa passione fortissima e, non avendo come espletarla, sono andato via dalla città. Dopo vari provini andati a male e che mi riportavano in Sicilia, mia madre e la mia fidanzata di allora mi costrinsero – letteralmente – a far un ultimo provino all’accademia Eutheca. Stanco delle esperienze precedenti, arrivai senza alcuna motivazione all’audizione con solo due giorni di studio alle spalle. Portavo un dialogo tratto da Il giardino dei ciliegi di Cechov tra Trofimov e Ljuba ma andò così male che cominciai a improvvisare: è stato un incubo. E poi una poesia di Giacomo Leopardi e un monologo di Bogosian, che non mi hanno fatto fare. Mi fecero anche cantare una canzone: scelsi Temptation di Tom Waits. Evidentemente la canzone ha funzionato, dato che mi presero. Ricevetti la notizia in un giorno per me meraviglioso: era il mio compleanno e la mia fidanzata mi aveva regalato i biglietti per assistere all’Arlecchino di Strehler a Genova.

 

Mentre frequentavi l’accademia, hai continuato a lavorare?

Parallelamente continuavo a lavorare da musicista e ho cominciato a studiare scherma con un mio ex insegnante, una persona di cui ho una stima immensa. Ogni anno il GITIS, l’Accademia di Mosca, organizza il Silver Sword, un concorso di scherma scenica a cui partecipano compagnie di tutto il mondo. L’anno scorso, a vincere è stato proprio questo mio insegnante, Massimiliano Cutrera (docente di movimento scenico e scherma), cui è stato riconosciuto il miglior realismo scenico. Quest’anno, invece, ha deciso di parteciparvi nuovamente portandovi la commedia dell’arte e chiamando me e altri due allievi dell’accademia (Domiziana Loiacono e Giuseppe Pedone), per uno spettacolo vero e proprio di circa 5 minuti tutto incentrato sulla scherma nella commedia dell’arte. Questo spettacolo ci ha permesso di portare a casa la menzione speciale del presidente della giuria e ci ha spinto a voler girare anche l’Italia nel corso dell’estate. Inoltre, il premio dimostra come la commedia dell’arte – spesso bistrattata in Italia - abbia un linguaggio universale in grado di farsi comprendere ovunque. È chiaro che studiando non ho avuto il tempo di dedicarmi a progetti lavorativi esterni all’accademia: dodici ore di lezioni, dalle 9 alle 19 con un corpo docenti formato da attori e pedagoghi. In compenso, adesso sono impegnato sul set del film De serpentis munere diretto da Roberto Leoni, lo sceneggiatore di Santa Sangre di Alejandro Jodorowski.

 

Domiziana Lo Iacono, Fiorenzo Lo Presti, Giuseppe Pedone, Massimiliano Cutrera

 

Come sei arrivato al cinema?

Ero in vacanza a Palermo e, preso dalla noia atroce, sono andato a far una passeggiata al Giardino inglese, dopo rivedo una mia ex compagna di classe diplomatasi insieme a me. In quell’istante, mi ha chiamato la mia ex insegnante di recitazione in inglese parlandomi di un provino a Roma per un personaggio che mi calzava a pennello. Risposi di essere in Sicilia e l’ipotesi provino si è fatta ancor più realizzabile: il regista si trovava anch’egli a Palermo per scegliere le location del film da girare tra Roma e il capoluogo siciliano. Il giorno dopo, io e la mia ex compagna siamo andati al provino, finendo per essere scelto. A detta del regista, avevo la faccia giusta e, poi, fattore discriminante è stata la conoscenza della lingua inglese, con cui il film si doveva girare. Oltre a interpretare un ruolo da cattivo in un thriller gotico che intreccia esperimenti scientifici, fede e misticismo, faccio anche la controfigura del protagonista Guglielmo Scilla e sono impegnato in una serie di sequenze “pericolose”, per cui utili mi ritornano gli insegnamenti del mio docente Tito Tomassini.

 

Hai trovato delle differenze tra la recitazione teatrale e quella cinematografica?

Per il modo in cui lavoro io, non ho trovato enormi differenze: si tratta semplicemente di trasportare ciò che hai imparato a teatro sul set. Nonostante si tratti di mezzi e linguaggi differenti, fondamentalmente la recitazione ha le stesse basi. Io, ad esempio, uso molto il linguaggio del corpo e tutto ciò che porto in scena è calcolato al millesimo: non sono un “emozionalista”. Forse la sola differenza consiste nel provare: a teatro provi molto per trovare delle cose tue da apportare al personaggio. Nel cinema, invece, c’è un grande apparato in movimento che prepara tutto e che sul momento ti dice cosa fare. Improvvisare con una macchina da presa che ti segue non è così facile come si pensa. Inoltre, al cinema è tutto più piccolo: apprezzo il teatro della “convenzione”, quello che è deliberatamente teatrale. Sono un estimatore della commedia dell’arte e mi piace molto l’Odin Teatret e il teatro del grottesco. Quindi, ritrovarsi a essere “naturalistico” su un set non credevo potesse essere a me congeniale: a teatro, quando interpreti una maschera con i suoi canoni, puoi essere chi nella vita reale non sarai mai. Per fortuna, ho avuto un buon insegnante di cinema in Enzo Aronica.

 

E la musica, tua prima passione, in tutto ciò che fine ha fatto?

Continuo ancora a suonare. La musica, oltre a permettermi di guadagnare qualcosa per arrivare a fine mese, mi regala ancora grandi soddisfazioni. Ho cominciato da ragazzino a scrivere canzoni: il rock alternativo è stato il primo genere a cui mi sono dedicato per poi scoprire il jazz e, in particolar modo, il manouche (o gipsy jazz). C’è da sottolineare che faccio teatro canzone, suono ma recito anche tantissimo. Tuttora sto portando in scena uno spettacolo che si chiama Concerto per violino e chitarra: sono io da solo su un palco, con chitarra, tavolino e una bottiglia di vino. Ho anche scritto uno spettacolo su Django Reinhardt, il fondatore del manouche, che andrà in scena ad agosto con la regia di Giancarlo Fares. Poi mi aspetterà la Francia per un mese per approfondire gli studi sulla commedia dell’arte.

 

Fiorenzo Lo Presti

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