Espandi menu
cerca
TSAHAL parte terza
di yume ultimo aggiornamento
post
creato il

L'autore

yume

yume

Iscritto dal 19 settembre 2010 Vai al suo profilo
  • Seguaci 113
  • Post 119
  • Recensioni 596
  • Playlist 47
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

Claude Lanzmann

Le dernier des injustes - L'ultimo degli ingiusti (2013): Claude Lanzmann

 

INDICE dei paragrafi della seconda parte:

1.Frontiera di Gaza

2.Intifada

 RIFLESSIONI

3.Un confronto di idee sul “rapporto Landau”

4.AVIGDOR FELDMAN

5.SCHLOMO GAZIT

Sul problema dei territori occupati

6.DAVID GROSSMANN:

7.AMOS OZ 

8.URI ARIEL

9.Metzadà shenìt lo tippòl[2]

 Mai più Masada cadrà

10.Il “Paese di Israele”

11.Le case dai tetti rossi

ULTIMO SEGMENTO DI TSAHAL

12.Guardiamoci dal diventare sia Sparta che un gregge di pecore innocenti nella foresta

_________________________________________________

Frontiera di Gaza

Da un furgone dell’esercito uomini estraggono una cassa con un cadavere avvolto in un lenzuolo. Lo mettono su una barella.

Siamo alla frontiera di Gaza.Sequenza successiva, addetti al servizio schierati numerosi lungo un bancone aprono le valigie e controllano tutto il contenuto mentre i viaggiatori aspettano pazienti.Arabi, quasi tutti, stando all’abbigliamento, c’è una famigliola con bambino che viene da Dubai, lui è ingegnere e tornano ogni anno a Gaza.Per loro è normale subire questo controllo, sono convinti che sia così in tutto il resto del mondo.

Poi dovrete ripiegare tutti i vestiti per rimetterli in valigia!- è la voce di Lanzmann.

Inutile, li pieghiamo a casa, qui non c’è tempo”

Una lunga sequenza, quasi surreale, con quei mucchi di mercanzia sul bancone che pian piano tornano in valigia alla rinfusa, senza che nessuno dia segni d’impazienza.Israele vive di controlli così capillari, dovunque nel mondo ha problemi di sicurezza, la lunga fila all’ispezione, anche solo per entrare in un  museo ebraico, la dice lunga sulla condizione di eterna allerta in cui vive questo popolo.

 

Lanzmann apre così l’ultimo atto della sua trilogia e conferma uno stile fatto di sguardo asciutto, precisione documentaria, antiretorica come scelta morale.E’ il capitolo delle riflessioni finali, parleranno David Grossman, Avigdor Feldmann, Amos Oz. Infine, dirà la sua anche un colono dei territori occupati, URI ARIEL.

__________________________________

Una lunga fila di Palestinesi al check point per controllare il documento d’ingresso. Dall’altra parte li aspettano furgoncini e bus che li porteranno al lavoro.Lanzmann parla con un gruppetto raccolto intorno a lui, uno è il brigadiere Ariel Schifman, capo dell’amministrazione civile di Gaza, mentre un Palestinese lì vicino sta dicendo che ha dieci figli.

Perché fate tanti figli? - chiede Lanzmann, e il brigadiere: Perché tanti figli se non avete il lavoro? Che devo fare? Non sono io, è Lui! – risponde il Palestinese, faccia simpatica, cupoletta bianca in testa, indicando verso il cielo.

Senza preservativo?

La nostra religione lo vieta. Non abbiamo il diritto d’impedirlo, la religione lo vieta.

Lanzmann è in vena di scherzi, ride: Ne puoi fare altri dieci!

E l’altro: Chissà, forse venti!

 Continuano a parlare con cordialità su problemi di lavoro precario, difficoltà. Aspettano in molti, seduti sotto una tettoia, di essere chiamati per la giornata o per qualcosa di più, sono operai, manovali, braccianti, giovani, meno giovani, facce brune, serie e un po’ tese, quelle di tanti uomini del sud del mondo che aspettano di lavorare per vivere. Passano alla ricezione, vengono fotografati ed è fatta la scheda personale

 

Intifada

Durante i primi anni dell’Intifada il problema è stato dividere la popolazione civile disarmata, donne, uomini, bambini, perché ci sono uomini armati, bambini armati, persone che lanciano molotov, granate, c’è chi spara, ma la maggioranza no, e il problema è come dividerli, come restare puliti in armi…

E’ facile?- chiede Lanzmann.

E’ difficile ma è possibile. Non ho mai voluto che si facesse come tanti eserciti durante una guerra civile. Se si spara si fanno migliaia di morti ed è finita subito, come a Damasco, in Giordania, e come i Francesi hanno fatto in Algeria.Ma noi, nell’esercito ebraico, sappiamo che anche se ricevessimo l’ordine del governo di sparare su bambini non spareremmo.

Sono parole del responsabile civile dell’amministrazione del territorio di Gaza. Seguono le dichiarazioni di un ufficiale:

Posso affermare che i nostri ordini sono dati dopo lunga riflessione e valutazione minuziosa della situazione. E poiché sappiamo che è molto delicata, non diamo che ordini che possono essere eseguiti. Abbiamo la nostra coscienza, i nostri valori e teniamo a preservarli, sono quelli del nostro popolo.E’ per questo che i nostri ordini sono eseguibili. E io ne sono fiero, sono fiero del fatto che, relativamente, riusciamo a limitare le perdite umane. E questo riguarda unicamente questa coscienza, questa scelta morale.

Immagini dal deserto, lunghe, bellissime panoramiche. Si torna al check point, file di pulmini, taxi, soldati armati di mitra che controllano.

 

 RIFLESSIONI

Un confronto di idee sul “rapporto Landau”

AVIGDOR FELDMAN

Sono nato in Israele nel 1948. I miei genitori, Aaron e Rachel, sono sopravvissuti alla Shoah. Erano ad Auschwitz. Mia madre di Lodz, mio padre di Radom. Mio padre aveva una moglie ed un bambino, sono stati uccisi. Mia madre discendeva da una lunga linea rabbinica. Il celebre rabbino di Kotsk era il mio bisnonno. Dopo la Shoah i miei genitori non erano più credenti, ma hanno ritenuto giusto inviare me e mio fratello in una scuola religiosa.

Scorrono riprese aeree di Gerusalemme, dall'alto s'intravedono la spianata delle Moschee, il Muro del Pianto.

Mio fratello a 10 anni ha dichiarato “Non credo più in Dio” e ha dovuto lasciare la scuola. Io mi sono ribellato molto più tardi, con grande violenza. Sono avvocato dal 1972, specializzato nel Diritti Umani… i Palestinesi. Non credo di essere l’uomo più popolare in Israele, ma Israele è una società molto strana. L’intolleranza e una grande tolleranza si fondono, come se volessero armonizzare contraddizioni molto profonde e inconciliabili, forzandole per accordarle, creando a volte un mostro di contraddizioni.

Il ”rapporto Landau”

Il ”rapporto Landau” è un ottimo esempio di tutte queste contraddizioni e paradossi.

Feldman si sofferma su questo spinoso problema, l’utilizzo della tortura durante gli interrogatori da parte di servizi segreti.

Davanti al giudice della Corte Suprema Landau gli agenti dei servizi negarono di averla usata e di aver mentito al tribunale. Persuasero il giudice  di aver agito per giusta causa ed egli si convinse che non andavano puniti. Essi piegarono il giudice alla loro particolare visione del mondo.Quello e altri giudici redassero un rapporto che autorizza quello che si chiama “pressione fisica moderata” scrivendo in una parte segreta del rapporto i dettagli di questa pressione.

La posizione di Feldman è molto severa al riguardo:

Come ho detto un giorno: In cosa questo giudice… lo conosco… Landau… è il giudice del  piano, è un intellettuale… in cosa è esperto… in schiaffi? In base a quale quale diritto osa specificare cosa è permesso? Siete autorizzati a colpire, moderatamente, pizzicare, forse? Ho detto per scherzo che la parte segreta era in yiddish. Perché? Solo lo yiddish offre tante sfumature nella scala dei colpi. L’ebraico è molto povero quando si tratta  di stabilire priorità. Lo yiddish ha “patsch” e infinite gradazioni. Allora, come distinguere la “pressione moderata” da un’altra? Io penso che il rapporto Landau sia un esempio unico di una società così sicura di sé stessa, del suo buon diritto, da autorizzare i suoi a esercitare una “pressione fisica” senza pensare che è moralmente inaccettabile. Questo evidenzia una stupefacente buona coscienza, non giustificata da nulla. Penso che nell’istante in cui abolite la distanza tra la mano di chi interroga e il viso dell’interrogato, dite addio alla civiltà.

SCHLOMO GAZIT, generale maggiore (riserva)

Era noto da anni che i membri del nostro Shin Bet facevano un uso limitato della forza durante gli interrogatori dei terroristi palestinesi. In spregio della legge, perché la legge non l’autorizza. Essi agivano così col permesso del capo dello Shin Bet, convinti che se non avessero agito così non avrebbero combattuto efficacemente i terroristi. Quando la cosa diventò pubblica i nostri magistrati furono scandalizzati: “Come! questo significa che voi, membri dello Shin Bet, quando giurate “alla sbarra” che non utilizzate la forza, mentite? Mentite alla Corte? E’ inaccettabile.” Questo determinò la nascita della commissione Landau.E la commisione Landau ebbe il coraggio, un estremo coraggio da parte del Presidente della nostra Corte Suprema.Nessuno può tacciare il giudice Landau d’immoralità. Lo stesso vale per il giudice Maletz e il generale Hofi. Essi dissero: “Noi non abbiamo solo delegato la responsabilità di dichiarare ciò che è illegale, noi dobbiamo offrire un mezzo adeguato per combattere i terroristi” e decisero, con tutta la crudeltà richiesta, di autorizzare, in modo molto, molto limitato, l’uso della pressione fisica nel corso degli interrogatori. Altrimenti avremmo perso la guerra. Ed è un caso unico, sul piano internazionale: avere il coraggio di definire con precisione ciò che è permesso e ciò che non lo è. Oggi, quando uno si presenta davanti alla Corte, dice “Ho usato la pressione fisica nei limiti permessi dalla legge”.

 AVIGDOR FELDMANN

Penso che questo mostri l’enorme vanità dello Stato, un orgoglio immenso che proclama: “Noi siamo così morali che possiamo torturare in tutta legittimità e ufficialmente, senza attentare alla nostra moralità”. Questo non è vero, non può esserlo.

La commissione Landau, facendo suoi gli argomenti dello Shin Bet, si è posta fuori dal cammino della legalità.

 Questo significa che la legge tenta di stare al passo con la realtà, di rimanere aderente ai fatti.- osserva Lanzmann

 Sì – continua Feldmanla tortura è considerata da tutte le istanze di uno Stato come una pratica illegittima che bisogna rifiutare o abolire.

Lanzmann:E’ ufficialmente interdetta in tutte le democrazie…

Feldmann: Sì.Esiste ma è proibita. Ma in Israele si giudicano così morali che possono ricorrervi.

Lanzmann: E lei dice “tortura”

Feldman: Si usano sempre altre parole, “pressione fisica limitata”

Lanzmann: Ma lei dice tortura?

Feldman: Sì, penso che tutte le manipolazioni del corpo e dell’anima di un altro meritino il nome di tortura. Pressione fisica moderata, privazione di sonno ecc., non vedo nessuna differenza. L’importante per me è la manipolazione del corpo di un altro. Ci si autorizza a violare l’autonomia di un altro, la sua autonomia, fisica, personale, a penetrare dentro il suo corpo e la sua anima. E’ tipico della tortura. Non possiamo accettare questa esperienza di essere sottomessi alla manipolazione altrui, è un’esperienza completamente degradante, un attentato totale all’identità.Lo dico per aver parlato con miei clienti che ci sono passati.Non sono stati orribilmente torturati, hanno semplicemente perduto la loro identità, cosa che è abominevole come la sofferenza fisica. Qualcuno dice che la sofferenza fisica è meno dura perché si può resistere, mentre qui si perde il proprio statuto di essere umano.

L’aereo delle riprese sorvola ancora il deserto, enormi dune sabbiose solcate da strade tortuose a perdita d’occhio.

Sul problema dei territori occupati

DAVID GROSSMANN

Ma l’occupazione è la malattia. Questi territori sono occupati. Impiego della forza, coprifuoco, persecuzione di donne e bambini, sono i sintomi di una malattia.Più resteremo in questi territori più saremo piagati da questa situazione che ci sembra insolubile, più

diventeremo estremisti, brutali, violenti e aggressivi. Tutto ci accadrà. E’ scritto su ogni muro.Quanto agli individui, alcuni agiscono con brutalità, crudeltà, come animali.Questo esiste fra noi, dobbiamo riconoscerlo.Se vogliamo essere onesti e trattare la questione con serietà, bisogna utilizzare le parole giuste e raschiare via tutta la sporcizia accumulata sulle parole.Questi territori sono occupati. Una delle ragioni per cui Israele è stata così sorpresa dall’Intifada, così poco preparata di fronte ad una tale situazione, è che le parole erano molto, molto sporche. Ogni altro paese al nostro posto, imponendo la sua legge a due milioni di persone che ci rifiutano, si sarebbe aspettato una sollevazione di massa e avrebbe preso le misure necessarie. Israele non era preparata perché non si vedeva come un’ occupante.Israele non capiva che lì c’è un popolo oppresso. Se voi andate in piazza, se descrivete l’angoscia, la sofferenza, tutti i tormenti di questi esseri, ci saranno persone che diranno:”Traditore! tu scrivi contro di noi. Tu mostri i nostri panni sporchi”. Io non sono d’accordo, penso che chi testimonia con sincerità e serietà è forse più fedele ai valori più profondi dell’ebraismo e di Israele.Più di quelli che lo stigmatizzano per questo.

AMOS OZ

Non esiste occupazione secondo il diritto umano. Questi termini sono contraddittori. E’ come dire “stupro amichevole”. Non esiste “stupro amichevole”, né l’occupazine militare di diritto. Forse Israele non poteva evitare un’occupazione militare. Nel ’67 bisognava occupare Gaza e la CisGiordania. Ma un’occupazione militare è un’occupazione militare. Non coloriamo le cose di rosa, essa dev’essere transitoria, non permanente.Se è uno stato permanente degenera e puzza.

DAVID GROSSMANN

Possiamo scavare su questo: non penso che noi abbiamo assimilato la nozione di sovranità. Dove sono le nostre frontiere? Come può accadere che Israele non abbia neanche una legge che fissi le sue frontiere?Israele è stata ridotta di metà quando abbiamo restituito il Sinai.Per non parlare delle nostre frontiere orientali.I territori, ad esempio, sono nostri o no? Non lo so fin dove brucia la fiamma della mia identità. Ed è tanto più duro, come cittadini, sentire questo forte legame con il nostro paese. Quando si va verso la Linea Verde[1], improvvisamente questa radiazione, questa fiamma di identità si trasforma in qualcosa di quasi folle, quando vediamo quello che i coloni fanno laggiù.

Uri Ariel, colono israeliano

Un cantiere nel deserto, case già pronte, altre in fase avanzata di costruzione, coloni al lavoro.

Uri è un colono che ha convinzioni incrollabili. Di lui Lanzmann dice nell’intervista a Serge Kaganski e Frédéric Bonnaud in prefazione a Shoah (ed.Einaudi):

"Quell’uomo dice parecchie cose interessanti. Quando gli parlo della bruttezza dei loro insediamenti mi dice “Ha ragione Claude, abbiamo molto da imparare dagli arabi.” Dice anche che se fosse un arabo palestinese sarebbe esattamente come loro e che li capisce. E secondo me è questa la cosa più interessante, perché era partito con un discorso da esaltato, duro e biblico, e alla fine ammette che a lui importa solo rimanere lì, continuare a vivere lì, stare su quella terra, anche a titolo di cittadino straniero, anche in uno Stato Palestinese

 Inizia l’intervista e Uri proclama orgoglioso:

E’ così che si costruisce il “Paese d’Israele”: attorno il deserto, nessun Arabo, pochi Ebrei… Quando gli Arabi sapranno che gli Ebrei sono qua per l’eternità prenderanno la loro parte e sarà la pace.Noi sappiamo cambiare il deserto in giardino.

 Lanzmann lo provoca:

A chi appartiene questo deserto?

Allo Stato d’Israele.

Sì, ma l’avete comprato?

Uri ha qui un leggero sorriso perplesso, poi risponde con candida innocenza:

L’ha comprato Abramo, gli Arabi mai!

Lanzmann gli dà una pacca sulla spalla e ride guardando l’operatore mentre Uri, stupito, esclama:

Claude! Gli Arabi non l’hanno comprato! Sono arrivati nel 1948 e sono rimasti fino al ’67. Cos’hanno fatto su queste montagne? Niente, zero! Lo Stato d’Israele è qua dal ’67, ha creato, costruito case, strade, valorizzato tutta la regione.

I Giordani sono rimasti qua 19 anni, e allora? La terra è loro? Chi sono i Giordani? Sono i Palestinesi. Hanno una democrazia?

Lanzmann vuol sapere come mai sono lì, le ragioni della scelta e Uri risponde che è stato il governo a decidere. E ancora Lanzmannn chiede se tutti gli operai che lavorano nel cantiere sono arabi.

Sono quasi tutti arabi, sì, questo lavoro è il loro guadagno, stessa paga degli Ebrei e li manda l’ufficio di collocamento.

Forse pensano che un giorno dovrete lasciarle queste case e che le stanno costruendo per loro, che apparterranno a loro...ironizza un po’ Lanzmann, questa sequenza con il colono è la più lunga con la sua presenza diretta in scena.

Uri non demorde e sorride:

Possono pensare quello che vogliono, noi siamo qui, dentro queste case, con i nostri figli, le nostre vigne. Non abbiamo tolto loro un acro, è il nostro paese da millenni ed essi sono i nostri invitati. Se sono OK tutto è OK.

Lanzmann: Facile e dirsi, ma anch’essi dicono che è il loro paese.

Uri: Dicono e pensano, ma noi siamo qui

Lanzmann: Sì, ma il mondo intero è contro la vostra presenza qui

Uri: Il mondo intero è contro gli Ebrei. C’è stata l’espulsione dalla Spagna 500 anni fa, la Shoah 45 anni fa, il popolo ebraico è il più antico e torna in Israele, a Gerusalemme. Noi dobbiamo evitare un nuovo esilio.Noi abbiamo bisogno di un esercito forte, un popolo forte, allora resteremo.

Lanzmann: Sì, ma voi sapete che molti, anche fra gli Israeliani, si proclamano contro gli insediamenti nei Territori e dicono “I Territori”. Voi lo sapete, non invento.

Uri:Claude lo so, sono favole. Per loro l’Intifada è insopportabile. Il popolo d’Israele ha avuto tempi più difficili, quando nella guerra d’Indipendenza c’erano dieci Arabi per un Ebreo e gli Arabi hanno rifiutato la divisione del paese ed hanno fatto la guerra. E un’altra nel ’67, e noi siamo qui. Quando ricominceranno saremo là, in fondo…

E indica lontano all’orizzonte, vediamo il deserto attraversato da una lunga, ampia strada asfaltata. La sabbia delle dune si fonde al colore alle case dei paesini raccolti come greggi vicino a macchie di verde, quadrati regolari, non oasi, sono coltivazioni, i vigneti nel deserto di cui Uri parlava poco fa.

Metzadà shenìt lo tippòl[2]

Mai più Masada cadrà

Non è un caso che in una storia di 3500 anni noi non abbiamo avuto che tre soli periodi di sovranità: il primo regno, il regno dei Maccabei,lo Stato d’Israele.

Torna a parlare uno degli ufficiali  già intervistati

Tutta la storia della sovranità ebraica è quella della lotta tra il fanatismo, o estremismo, e il pragmatismo.Questo fu particolarmente chiaro a partire dal regno dei Maccabei, creato 200 anni prima di Cristo e distrutto da Roma perché gli estremisti ne crearono le condizioni.E’ davvero l’ironia della Storia: essi furono la leva per la rinascita di una linea ebraica combattente con l’esempio che  diedero, preferendo l’autodistruzione e la morte alla schiavitù a Masada.Essi lottarono per valori sacri, ma il prezzo fu la distruzione.Andò quasi allo stesso modo sotto il primo Regno, fondato da Saul, poi Davide e Salomone.La base del dibattito politico era: dobbiamo combattere senza speranza contro le super potenze di allora, Babilonia, Egitto ecc. o trovare la via di mezzo, la via d’oro, la via pragmatica?Ogni volta le questioni che si pongono alla nazione sono  fondamentali.Questa scissione tra pragmatici e idealisti visionari, è al primo posto.

Queste tre generazioni, ultima fase del Sionismo, incoraggiano in un certo senso pensieri chimerici sulla realtà…Nella provincia dello spirito si può essere visionari, il cielo è il limite, tutto passa nella vostra testa o in quella dei vostri compagni. Nelle provincie della real politik nulla accade a vuoto. Tutto influenza le vostre scelte, i vicini, i nemici, i testimoni.I profeti non hanno mai smesso di pregare per dei politici ragionevoli.Essi davano direttive assolute riguardo alla sua condotta, quella dei suoi governanti, le relazioni fra le classi.Essi hanno forgiato l’eredità morale che ha influenzato profondamente tutta la cultura occidentale.Politicamente essi predicavano il pragmatismo, la moderazione, valutando il potenziale avversario, non mettersi contro le super potenze, salvo se la situazione lo esige. Abbiamo ricevuto in eredità le lezioni, scritte o trasmesse dalla tradizione, di questi due periodi di sovranità.Esse ci prescrivonocategoricamente di evitare guerre intestine, odio, lotte fratricide prive di senso.Ci ordinano di non  combattere con il resto del mondo.

Il “Paese di Israele”

Lanzmann ora mette alla prova il colono Uri, gli chiede cosa farebbe se un giorno il suo Stato, i suoi governanti, gli chiedessero di lasciare i Territori.Prenderebbe le armi contro Ebrei come lui?

No, in nessun caso! Ci opporremmo, ma senza armi, senza uccidere.Mai una guerra civile. Un Ebreo non ucciderà mai un Ebreo. Staremmo nelle nostre case, non partiremmo, è casa nostra e non solo da 12 anni, da 4000 anni.E’ il “Paese d’Israele”.

Lanzmann dà l’affondo finale:

Accetteresti di essere un cittadino palestinese vivendo in un paese che chiami “Paese di Israele” ?

Uri porta la mano sul cuore, ma istintivamente, niente di enfatico:

Io voglio essere cittadino israeliano. Ci sono Israeliani in Italia e sono comunque cittadini Israeliani. Se è una vera pace…

Lanzmann: Sì sì d’accordo, ma immaginiamo che qui ci sia uno Stato Palestinese, come lo vogliono gli Arabi e che vi autorizzino a restare. Accettereste di vivere qui, cittadini israeliani ma da stranieri, come in Italia, l’hai detto tu?

 Sì, Claude, io personalmente sì

 D’accordo, ma è duro capirvi. Dite cose contraddittorie: dite che è il “Paese di Israele” e confrontate una vita eventuale, qui, sotto la dominazione araba, ad una vita, che so, in Francia o in Italia.

 Ma Uri, calmo, determinato, esclama:

Claude! E’ il “Paese di Israele”. Quando qui c’erano i Greci era il “Paese di Israele”, quando c’erano gli Inglesi, nel ’45 era il “Paese di Israele”, quando c’erano i Turchi era il “Paese di Israele” e gli Ebrei ci vivevano e noi ci vivremo finchè potremo.

D’accordo – insiste Lanzmannla questione della cittadinanza non è dunque così importante per voi.

 Uri, meditativo:E’ importante anche se, Dio ce ne guardi, ci fosse uno Stato Palestinese, perché proibirlo agli Israeliani? Perché tutti questi problemi? Perché voi non credete che una vera pace sia possibile e che degli Ebrei, cittadini Israeliani, vivranno qui.Nessuno al mondo ci crede e quindi ponete la questione, ancora e ancora.

Lanzmann: Io la pongo ancora e ancora perché il problema si ripropone ancora e ancora ed è molto difficile capire la vostra posizione.Io penso che in fondo, al fondo di voi, abbiate paura

Uri adesso è molto serio, Shalom, pace, è una parola troppo importante: Tu parli della pace. La pace significa che tutti possono vivere qui. Non importa chi. Inglesi, Arabi e Israeliani.Ma tu non credi che ci sarà una vera pace.

Le case dai tetti rossi

Qualche secondo di silenzio, sono parole su cui meditare, poi la voce di Lanzmann riprende, un campo lungo inquadra un paese che s’inerpica sulla collina, case bianche squadrate, una torre sottile, forse un minareto…

Una cosa mi preoccupa da tanto- dice a Uri - quando vedo un villaggio arabo lo trovo bello e completamente integrato nel paesaggio. Gli insediamenti Israeliani, con i loro tetti rossi, distruggono la purezza e l’armonia dell’ambiente.

Uri:Sono d’accordo, Claude.Non abbiamo imparato abbastanza come costruire nel deserto. Costruiamo come sulla costa e allora lo impareremo, progrediamo lentamente

La  macchina si muove piano, registra il paesaggio, più in là si vedono in fila le casette dai tetti rossi, e sì, sembra proprio un centro balneare di villette a schiera.

Abbiamo molto da imparare dagli Arabi, molto - fa Uri 

Lanzmann:Se fossi un Palestinese e vedessi improvvisamente degli Ebrei arrivare sulla collina, di fronte al tuo villaggio e mettersi a costruire queste case dai tetti rossi non saresti ferito nell’animo?

Uri:Eccome! E mi batterei!

Lanzmann: Questo significa che li capite?

Uri:Io li capisco, non capisco il nostro governo.

Lanzmann: Ma tu hai detto di esser sicuro del tuo diritto e ora dichiari di comprenderli e che al loro posto faresti lo stesso.

Uri: Non c’è contraddizione, nessuna contraddizione!E’ il “Paese di Israele”, noi dobbiamo governare.Capisco che non siano contenti, ma io non sono Arabo, sono Ebreo.E io li capisco. Si batteranno e saranno battuti e staranno tranquilli.

Lanzmann: Torniamo sempre all’eterna questione della forza, del potere?

Uri:Non è la ragione più importante, non è che una piccola parte la forza, la guerra.Tutto questo comincia con la Thora, con la promessa di Dio al popolo d’Israele che questa è la sua terra. E’ scritto anche nel Vecchio Testamento dei Cristiani e nel Corano, Claude, è nel Corano

Lanzmann: Si, io non conosco il Corano… Ma io credevo che Dio fosse un buon architetto. Voi dovreste ispirarvi a lui per costruire le vostre case.

 Lanzmann ride indicando le orribili casette dai tetti rossi, ha capito che con Uri c’è poco da fare, ma le case, no, su quelle vanno d’accordo!

Uri: Abbiamo molto da imparare da Dio, non siamo che esseri umani. Piccoli!

Che dire di più? Una pacca sulla spalla, si abbracciano e sorridono, i problemi sono tanti e immensi e gli esseri umani così piccoli!

ULTIMO SEGMENTO DI TSAHAL

Guardiamoci dal diventare sia Sparta che un gregge di pecore innocenti nella foresta

Negli ultimi cinque minuti, tornano a sferragliare thanks sulle pietre del deserto e parla Ehud Barak:

Mia madre ha perso quasi tutta la sua famiglia a Treblinka, mio padre è cresciuto orfano dopo un pogrom in Lituania. I genitori furono uccisi quando aveva tre anni alla vigilia della prima Guerra Mondiale. Sono cresciuto senza i nonni. Per me i genitori erano all’inizio della catena dell’esistenza umana, Noi abbiamo nel sangue i geni dei Maccabei e di quei Zeloti morti a Masada, ma nello stesso tempo siamo discendenti di Rabbi Yochanan Ben Zakai, che, lontano da Gerusalemme, accerchiato dalle legioni romane, è fuggito, evitando la morte per salvare, a Yavneh, il filo dell’eredità biblica e talmudica e trasmetterla. La Storia dirà che Yochanan Ben Zakai ha avuto ragione perché ha assicurato la sopravvivenza del popolo Ebraico. Senza l’eredità di Rabbi Yochanan Ben Zakai nella nostra identità non saremmo sopravvissuti attraverso i millenni. E senza i geni dei combattenti d’Israele iscritti nel nostro patrimonio per duemila anni non avremmo potuto rinascere come entità politica sovrana lottando per una piena vita Ebraica da qualche parte sulla terra.

Noi dobbiamo essere molto vigili: guardiamoci dal diventare sia Sparta che un gregge di pecore innocenti nella foresta.

Noi dobbiamo trovare la via mediana tra questi due estremi. Se riusciremo ad andare in battaglia come gli Spartani e avere l’equivalente dell’ antico coro ad Atene, creando un luogo dove gli Ebrei potranno vivere per generazioni nella pace più accettabile con i loro vicini, sarà forse la chiave della sopravvivenza, qui.

Le parole ora tacciono, il fumo e la sabbia sollevati dalla lunga fila di carri si posano, in primo piano sorride il giovane istruttore carrista con gli occhialoni e la faccia da studente conosciuto nel primo capitolo di TSAHAL.

 _________________________________

 

Shalom

 

 ______________________________

[1] Linea di demarcazione risalente agli accordi arabo-israeliani del 1949 fra Israele e Siria, Giordania, Egitto alla fine della guerra arabo-israeliana del 1948/49   

 

[2] Antica fortezza che sorgeva su un altopiano di circa sei km² situato su una rocca a 400 m di altitudine rispetto al Mar Morto nella Giudea sud-orientale, in territorio isareliano vicino all'attuale Palestina

La fortezza divenne nota per l’assedio dell’esercito romano durante la prima guerra giudaica e per la sua tragica conclusione.

Dopo un lungo assedio, i Romani riuscirono alla fine a costruire una imponente rampa di accesso che consentiva alle torri di assedio di arrivare sotto le mura per sgretolarle con gli arieti. Tuttavia, poco prima che ciò avvenisse, nell'anno 74 d.C. gli assediati misero in attoun'azione rimasta unica nella storia; quando i soldati romani vi entrarono senza trovare resistenza davanti ai loro occhi trovarono solo una orrenda ecatombe: il suicidio collettivo della comunità ebraica zelota che aveva resistito al potere di Roma anche dopo la caduta di Gerusalemme e la distruzione del suo secondo tempio.

Dopo la sua presa, Masada rimase in mano ai romani fino a tutta l'epoca bizantina. In questo periodo venne a lungo abitata da monaci cristiani che vi costruirono anche una basilica. Dopo l'invasione araba il luogo venne abbandonato e piano piano si perse addirittura il ricordo della sua posizione; venne infine riscoperta oltre un secolo e mezzo fa per diventare simbolo della causa sionista. Tutt'oggi reclute dell'esercito israeliano vengono condotte sul luogo per pronunciare il giuramento di fedeltà al grido di: "Mai più Masada cadrà". (da Wikipedia)

____________________________

Filmografia di Claude Lanzmann

SHOAH

Shoah parte prima

Shoah parte seconda 

Shoah parte terza

Shoah parte quarta

Shoah parte quinta

Shoah parte sesta

Shoah esodo

 

ALTRE OPERE SULLA SHOAH

Le dernier des injustes - L'ultimo degli ingiusti 2013

Sobibor, una foresta e una storia lontana (playlist 2014)

Sobibór, 14 octobre 1943, 16 heures 2001

 

SULLA QUESTIONE ISRAELO/PALESTINESE

Pourquoi ISRAËL, ritratto di una Nazione 1972

parte prima

parte seconda 

 

TSAHAL 1994

recensione

parte prima

parte seconda

parte terza

 

 

 

Ti è stato utile questo post? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati