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We Are the Best: 3 domande al regista Lukas Moodysson
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Volevo fare un film che mostrasse come – nonostante tutte le avversità e le difficoltà – valga sempre la pena di vivere: è bello avere amici, è meraviglioso suonare uno strumento senza sapere come, è fantastico dare fuoco a una vecchia statua, è inebriante avere i genitori più fastidiosi del mondo, è stupefacente vomitare sui dischi di qualcuno, è stupendo essere fischiati e derisi. Ma è ancora più fenomenale essere i migliori.

Lukas Moodysson

 

Arriva nelle sale il prossimo 5 giugno We Are the Best!, l’ultima fatica del regista svedese Lukas Moodysson presentata in anteprima assoluta allo scorso Festival di Venezia. Regista, sceneggiatore e scrittore svedese, Moodyson ha trovato il successo internazionale a 29 anni quando, nel 1998, il suo primo lungometraggio Fucking Amal viene venduto in tutto il mondo, portando il suo nome all’attenzione di pubblico e critica. Sebbene negli anni la sua carriera sia stata in continua ascesa, poche sono le opere che portano la sua firma e We Are the Best! arriva a ben quattro anni dal suo Mammoth per raccontare la storia di tre ragazzine che nella Stoccolma degli anni Ottanta decidono di formare una band punk a dispetto della mancanza di strumenti e delle voci secondo cui il punk è in realtà già morto. Tratto dalla graphic novel Never Goodnight di Coco (moglie di Moodyson), We Are the Best! è un inno alla cultura del fai da te e alla potenza della ribellione, che le parole dello stesso regista ci spiegano.

Lukas Moodysson

We Are the Best! (2013): Lukas Moodysson

 

Cosa ha fatto durante gli ultimi quattro anno, dopo la release di Mammoth?

Dopo Mammoth ero stanco sia del cinema sia di me stesso come regista e ho cominciato a cercare altre strade da percorrere. Ho scritto due romanzi, ho insegnato alla Scuola di Cinema di Helsinki e ho provato a diventare, senza successo, un buon giocatore di scacchi. Volevo anche trovare qualcosa che mi permettesse di sostentarmi finanziariamente ma non mi è venuto in mente nulla.  Ho poi ereditato una casa nel sud della Svezia, in un luogo dove ho potuto vedere i The Cure in concerto: una delle esperienze più belle della mia vita.

Non volevo fare più fare film: Mammoth era stata una delusione, non tanto in termini di risultato ma soprattutto per la realizzazione, lunga e tediosa. Beh, forse non è del tutto vero: durante la postproduzione del film mio padre è venuto a mancare e in me era nato il desiderio di fare un film su un padre in punto di morte. Un film piccolo, però: tre attori e tre persone nel cast tecnico.

 

Poi invece è arrivata la decisione di adattare in We Are the Best! la graphic novel di sua moglie Coco. Cosa lo ha spinto a tale scelta?

Considerando che siamo in un momento in cui l’oscurità attanaglia tutti quanti, volevo fare un piccolo film “felice”, in grado di infondere luce e di suggerire che la vita non è fatta solo di cose impossibili ma anche di modi e opportunità da saper e voler cogliere. Volevo replicare i toni della storia di Coco, forse ne ho cambiato un po’ gli eventi ma non il mood. Il tono, come si evince dal mio cinema, è ciò che mi interessa maggiormente: umore e dettagli sono fondamentali e la trama passa anche in secondo piano, fattore che per molti più che un pregio è un difetto. È stata la scrittrice Herta Müller, prendendo forse spunto da Ionescu, a suggerire che dobbiamo vivere nei dettagli, no?

We Are the Best!, ispirato alla vera vita di Coco, offre poi una prospettiva del tutto inedita: a voler sfondare nel mondo del rock sono tre ragazze, quando tutti sono convinti che il punk sia un universo maschile fatto di eccessi e senza misure. Inoltre, altro aspetto divertente, è che tutti pensano anche che le ragazze alternative, quelle che vogliono far punk (nel 1977, nel 1982 o nel 2013) debbano necessariamente essere carine e graziose. È bello invece quando qualcuno, che non ha queste caratteristiche ma ha una forte personalità propria, decide di sfidare le convenzioni e di andare in direzione opposta, come hanno fatto Coco e il suo gruppo.

 

C’è un tema (o ce n’è più di uno) che ricorre nella sua cinematografia?

Si. Le relazioni tra bambini e adulti. La nostalgia per un altro posto. La solitudine. L’euforia. Mi piacerebbe poter sottolineare come qualcosa di buono accade anche quando la tragedia circonda tutto. Anche se poi non so quanto ciò sia vero ma mi piacerebbe che lo fosse. Se qualcuno dicesse che We Are the Best! ha molto in comune con Fucking Amal o con Together non gli darei torto: in quei due film, c’erano toni ed atmosfere a cui volevo esplicitamente tornare.

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