Espandi menu
cerca
Il Buono, il Brutto e il figlio del Cattivo
di billykwan
post
creato il

L'autore

billykwan

billykwan

Iscritto dall'8 agosto 2003 Vai al suo profilo
  • Seguaci 48
  • Post 8
  • Recensioni 154
  • Playlist 39
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

 

 

Un colpo di fucile recide un cappio. Un’imprecazione soffocata dalla colonna sonora. I titoli di coda scorrono. La trilogia del dollaro si chiude, e quella sull’America si apre.

Oreste De Fornari, in Tutti i film di Sergio Leone, racconta che Vincenzoni aveva approntato un soggetto per il seguito de Il Buono, il Brutto e il Cattivo. Nello script di Vincenzoni l’escamotage per il rientro in scena di Lee Van Cleef era rappresentato dal fratello gemello di Sentenza. Il film non vide mai la luce, e rimase tutto su carta. E dalla carta, oggi, tutto riparte.

Nelson Martinico, già stuntman del western italiano, poi docente di latino e greco, consegna alle librerie Il Buono, il Brutto e il figlio del Cattivo, ideale seguito del film di Leone.

Operazione nostalgia? Abile mossa commerciale? Ai lettori la sentenza, per l’epilogo di una storia che per una volta fa il tragitto inverso, ovvero dal cinema nasce un romanzo. Medium diversi, destinati entrambi, in questo caso, a stampare la leggenda.

Perché Il Buono, il Brutto e il Cattivo rappresenta un picco ineguagliato nel panorama del western italiano. Una ballata picaresca in cui ironia, violenza, dramma e grottesco trovano equilibrio in un fruttuoso e spumeggiante connubio. Quel che resta del western italiano è poca cosa. Al di là dei film di Leone, faccio fatica ad andare oltre una quindicina di titoli memorabili.

Di memorabile rimane un’epoca in cui ancora, in Italia, c’era spazio per il cinema di genere il cui filone rappresentava una palestra per tanti attori e registi che da bravi mestieranti potevano arrivare a ottimi professionisti.  

Oggi Cannes omaggia, con la riedizione di Per un pugno di dollari, l’alba del western italiano. Si tratta di una celebrazione, nulla di più, però curiosamente lo stesso festival presenta quest’anno ben due altri western. The Homesman di Tommy Lee Jones e The Salvation di Kristian Levring. Il film di Lee Jones, sul tema del viaggio e della redenzione, sembra mettere al centro del west la figura femminile e la memoria corre allo stupendo Donne verso l’ignoto di Wellman.

Più curioso The Salvation, non foss’altro per la produzione. Danese. C’è del marcio in Danimarca e un regista del Dogma firma una storia di vendetta.

Sembrano due buoni prodotti. E alla Berlinale era presente un western tedesco. Cannes è forse il festival che da sempre è più sensibile verso le storie di frontiera. Nel periodo più oscuro del western, Cannes, nel 1985, presenta in concorso Il cavaliere pallido. E’ una piccola scossa, da lì qualcosa si smuoverà, da lì qualche produttore punterà ancora sul genere americano per eccellenza e per più di un film (non i più meritevoli, in verità) gli spettatori hanno riempito le sale. Ciò non è bastato a rivitalizzare il genere, ma lo ha perlomeno rianimato. Truffaut eleggeva Vera Cruz a uno dei film della vita e affermava che Jules e Jim non sarebbe esistito senza Fratelli messicani. Forse il western è più vicino a noi europei di quanto non si pensi. In fondo aveva ragione Leone quando affermava che il western più grande di tutti i tempi lo aveva cantato Omero.

Forse c’è ancora spazio per le storie di frontiera. Speriamo ce le lascino vedere, ho perso il conto degli western non distribuiti nel nostro Belpaese.

Ti è stato utile questo post? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati