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La Sigaretta "Humphrey Bogart" In Casablanca. Parte Prima.
di Utente rimosso (Marcello Del Cam ultimo aggiornamento
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Seduzione della sigaretta (Cigarette are Sublime), 1993 di Richard Klein, Duke università Press, tradotto in italiano nel 1994 da Francesco Bruno per Rosellina Archinto editore, è un saggio in cui “richiamando il concetto di sublime di Kant, Richard Klein sottolinea l’oscura bellezza, il piacere negativo e i vantaggi dell’uso del tabacco e più precisamente della sigaretta” in un excursus culturale affascinante nelle arti visive, nella letteratura (“Il paradosso di Zeno”), nell’opera lirica (“Il diavolo in Carmen”), in guerra (“L’amica del soldato”), nel cinema. “L’autore, pur nel suo pressante desiderio di smettere di fumare, riscontra atteggiamenti moraleggianti e ipocriti nell’esame del credo corrente contro le sigarette… Un libro rivolto a coloro che amano fumare e a coloro che non sopportano il fumo.”.

 

Da questo saggio è estratta gran parte del capitolo “L’air du temps” (pp. 185-204) , un’analisi straordinaria del potere evocativo del fumo nel film Casablanca e le sue implicazioni con la psicoanalisi, l’estetica, la politica.

 

 

 

Jean Cocteau

 

 

 

 

********************************************************************

 

[Nel] film Casablanca… tutti fumano continuamente.., fatta eccezione per le dorme. Nessuna donna è mai mostrata intenta ad aspirare effettivamente una boccata. In una delle prime scene del film, vediamo un’anonima signora, seduta accanto al pianoforte di Sam tra la gente che affolla il Café Américain di Rick, che tiene fra la punta delle dita una sigaretta accesa, mezzo fumata. Sta per portarsela alla bocca, ma il movimento della sigaretta verso le labbra s’interrompe di colpo, ed ella sorride come se fosse stata improvvisamente inibita da un pensiero che la distrae o si fosse momentaneamente incantata ad ascoltare la musica di Sam. In realtà, venne probabilmente fermata da un cenno del regista. Nel 1942 la forza del tabù che impediva ai film hollywoodiani di mostrare donne che fumano […]

Ma i tempi sono cambiati […], lo scandalo è oggi Casablanca, non soltanto perché in esso alle donne non è consentito di mostrarsi intente a fumare, mentre gli uomini non fanno altro, ma perché questa convenzione fa parte di un intero repertorio di presunzioni scioviniste che fanno di Casablanca un film fallico per eccellenza. Una donna che guarda Casablanca, se non è affascinata, è irritata, e, se non irritata, divertita nel vedere uomini che maneggiano le loro sigarette, esibendo le loro inconsce ostentazioni di dominio con tutti i timori e le vuote pretese annessi, nell’osservare i gesti con cui essi offrono, accettano, accendono e aspirano, inalano, espirano, fanno danzare e schiacciano le loro sigarette. […]

L’operazione metaforica di indicare un simbolo fallico ogni volta che un particolare testuale somiglia all’organo maschile svilisce il concetto freudiano, entro il quale le sue funzioni sono ben più complesse. Scovare simboli fallici è diventata un’operazione critica così banale da risultare praticamente la sola che l’adolescente americano impara a fare a scuola. (I simboli fallici più banali sono le pistole, le corna di toro, i cannocchiali e i nudi sigari prediletti dagli uomini duri.[…]
Per quanto riduttiva sia l’equazione fallica, non si può negare che in alcuni momenti la sigaretta è qualcosa di più di una sigaretta. La maggior parte dei critici, per esempio, affermano concordemente che Humphrey Bogart nel ruolo di Rick, il protagonista di Casablanca, ha il ruolo del “Prick” (Cazzo).  All’inizio del film egli rifiuta di proteggere un membro della Resistenza dalle grinfie della polizia di Vichy, e tratta le donne che lo amano e hanno bisogno di lui con noncurante crudeltà, perfino con brutalità. Il suo carattere fallico è simboleggiato dalla sigaretta, che lo identifica fin dall’inizio. Dopo che la macchina da presa è passata attraverso il bar fumoso del Café di Rick ed è entrata nel suo tempio interno, dove si trovano i tavoli della roulette, Humphrey Bogart fa la sua prima comparsa in Casablanca.

 

 

Prima di vedere Lui (ovvero la Faccia), una mano - la sua mano - attraversa lo schermo dirigendosi verso un posacenere di cristallo; tiene una sigaretta, tipicamente, fra pollice e indice. In modo impercettibile scuote la cenere, prima di abbandonare la sigaretta nel posacenere dove, per alcuni fotogrammi, essa fuma anonimamente. La mano ora libera prende un blocchetto da un cameriere, lo posa e solleva una penna; firma “O.K. Rick” su una linea tratteggiata per una autorisation con cui si dà il benestare per il pagamento di mille franchi marocchini da parte del Café Américain di Rick. La mano restituisce il blocchetto. Con un dito essa tocca poi la punta della mitra di un alfiere bianco che è stato “mangiato”; Bogart, nel film un “pensatore” (nella vita un serio studioso degli scacchi), sta giocando da solo. Siamo tenuti a pensare che il giocatore abbia qualche alta dignità episcopale nella congregazione della società di Casablanca, oppure egli è fou? [matto nei tarocchi, alfiere negli scacchi. N.d.T.]  Toccare la testa dell’alfiere può essere un segno squisitamente sessuale oppure oppure un modo per stabilire la puntigliosa, permalosa natura del personaggio di Bogart. La mano torna poi alla sigaretta ancora fumante. Vediamo per la prima volta la Faccia di Bogart mentre, tenendola fra pollice e indice, porta la sigaretta all’angolo della bocca, le dita piegate attorno al tubicino sottile allo stesso modo in cui un soldato potrebbe schermarlo con il palmo. Rick tira una lunga boccata dalla sigaretta senza filtro; aspirando profondamente, fa una smorfia mentre sopporta l’intenso malessere che accompagna l’alto tasso di nicotina malato. Poi, esalando il veleno, deliziandosi a quella piccola vittoria su se stesso, fa risalire perfidamente il fumo e lo fa uscire a fiotti dal naso finché gli avvolge la testa in una nuvola grigia.

“O.K. Rick” è ciò che scrive Bogart in calce all’appunto e che noi vediamo prima ancora di vedere Bogart che interpreta Rick, proprietario e creatore del suo locale - della sua “parte” - in cui la macchina da presa ci ha appena introdotti, nel centro politico e sentimentale di Casablanca... questo allegorico interno del mondo in guerra. “Tutti vanno da Rick” è il titolo della mai prodotta commedia da cui fu tratta in origine la sceneggiatura. Nel caso in cui però ci fossero dubbi circa l’autorità dell’autore della performance cui stiamo assistendo, Bogart firma una seconda volta, siglando la propria “parte” con la scena iniziale in cui fuma la sua sigaretta-firma, quella che Annie Leclerc in Au feu du jour chiama “la sigaretta ‘Humphrey Bogart’”. L’assenza di distinzione fra l’attore nella sua parte e la parte assunta dall’Attore complica immensamente il lavoro dell’attribuzione biografica nel momento stesso in cui ci invita a interrogarci sul rapporto fra l’uomo, la persona, e il personaggio che recita nel film. Per tutta la durata di Casablanca, il set è spazzato dall’”occhio di bue” di un riflettore. Un critico vede giustamente in esso un segno di “fuga o relegazione”, indicando uno dei temi dominanti, espliciti, del film, ambientato in una città, al limite estremo dei continenti dilaniati dalla guerra, dove tutti “aspettano, aspettano, aspettano”. E anche un riflettore che illumina Bogart, seguendo frequentemente le sue uscite e i suoi ingressi, toccando lui solo con un’aureola di luce. L’unica volta che vediamo la sua silhouette nel film, stagliata contro un’ombra rotonda che è come il negativo dell’occhio di bue, egli è andato alla grossa cassaforte a muro del suo ufficio per prendere del denaro, che sembra essere il principale motivo d’azione del suo personaggio... forse di Bogart stesso. Proiettata contro la parete, di profilo, la sigaretta gli sporge dalla labbra.

 

 

Il talento di Bogart orchestra il modo in cui egli costantemente esibisce il lato nascosto, materiale, della persona che sta interpretando.., le peculiarità della star dietro il ruolo che interpreta. La sigaretta che egli fuma non è soltanto di Rick Blaine, è anche quella di Humphrey Bogart. È noto che Bogart improvvisò quasi tutte le sue parti in Casablanca; le tante firme hanno proprio il compito di segnalare il suo molo padronale nel delineare il personaggio di Rick quale figura di “duro” da lui inventata e continuamente perfezionata. Quel personaggio ha una vita propria, che molti, come Woody Allen in Provaci ancora, Sam, hanno preso a modello.., a cominciare dallo stesso Bogart.

Supponendo che esista quella che chiama “la sigaretta ‘Humphrey Bogart’”, Annie Leclerc ne dà un’interpretazione che sarebbe fin troppo facile etichettare come “femminista”, se ella non la presentasse aneddoticamente mentre viene fumata da una donna... una donna che somiglia a lei:

 

Ora ricordo il sapore di quella sigaretta, il suo sapore nauseante, volgare di menzogna. Non è una sigaretta comune. Quanti film perderebbero il loro sapore, quanti personaggi la loro intensità se si togliesse loro questa sigaretta. È la “sigaretta ‘Humphrey Bogart’”. La sigaretta del poliziotto, del giornalista, del duro, la sigaretta di qualcuno “che la sa lunga” [avertie], che sa già tutto in anticipo. È la sigaretta del politico, dello scienziato, del militante, uomo o donna che sia. È sempre la sigaretta militare, coloniale, imperialista. È il fantasma del potere desiderato, ambito, fumata per così tanto tempo che finisce con l’assumere una forma, col cristallizzarsi. [...]

Non voglio dire con questo che tutte le sigarette siano fatte dello stesso tabacco. Né che ogni fumatore prima o poi ne ha fumata una. Dico semplicemente che qualche giorno fa ho visto la “sigaretta Humphrey Bogart” in mano a una donna, e che quella donna potevo essere io, che io stessa potevo aver fumato quella sigaretta, e ciò mi ha terrorizzata.

Perché era necessario, perché è sempre necessario trasformare l’umiliazione in arroganza, sopprimere l’infermità con l’ortopedia? Perché avere sempre paura di tutto ciò che si nasconde dietro la paura del nulla?

 

La bugia raccontata dalla sigaretta di Humphrey Bogart è, in fondo, la menzogna di quella che la Leclerc chiama altrove “fallocrazia”, elencando alcune delle sue tronfie maschere: poliziotto, soldato, politico, militante. La fallocrazia dà origine ai fantasmi del potere, la cui proterva sicurezza di sé nasconde il carattere arbitrario della loro pretesa di possedere l’autorità e di sapere come usarla. La “sigaretta ‘Humphrey Bogart’” è una di quelle maschere che, simulando un’impavida arroganza, nasconde le carenze che stanno dietro la menzogna di un ruolo. Annie Leclerc diagnostica la castrazione dietro l’insolenza della posa da duro, l’incertezza maschile che Bogart manifesta con il gesto di fumare la fallocratica sigaretta in un film che può essere considerato il suo breviario. Fumata fra le labbra arricciate, la sigaretta è l’incarnazione eretta e visibile del potere ambito, il fantasma del potere che diventa consistente e prende forma.

Da questo punto di vista, l’interpretazione che dà la Leclerc della sigaretta di Humphrey Bogart sembra seguire una lettura ortodossamente freudiana di Casablanca che al pari di lei scopre sotto gli atteggiamenti spavaldi segni indubbi di impotenza, omosessualità e violenza. Il dottor Harvey Greenberg, psicoterapeuta, ha scritto un libro intitolato The Movies in Your Mind. Con lo strumento spuntato del suo rozzo freudianesimo egli va a incidere le superfici accuratamente levigate dei film hollywoodiani. In tono altisonante, porta in luce, da sotto le apparenze edificanti, storie edipiche di famiglia manifestamente represse, che egli vede come modelli di violenza castratrice e di perversione paranoide. Il suo trionfalismo lo induce a scrivere frasi come questa: “Altre valide interpretazioni di Casablanca - nella mia opinione sicuramente prevenuta - hanno comunque il difetto di trascurare il tema edipico”. Il suo successo nel rivelare questi temi sessuali sotterranei può essere dovuto sia alla sua prevenzione, sia al fatto che essi furono coscientemente inseriti nei film hollywoodiani da scrittori e sceneggiatori il cui senso della modernità intellettuale nel 1940, quando fu girato Casablanca, includeva l’interpretazione egopsicologica americana delle scoperte di Freud; i film che Greenberg esamina possono benissimo essere stati fatti avendo in mente spettatori come il dottor Greenberg.

Può essere ingeneroso vedere un segno dell’errata lettura di Greenberg nel modo in cui il film sembra confermare la sua interpretazione in ogni suo punto... troppo splendidamente vero per essere buono. Non è certamente un semplice errore a indurlo a considerare Rick, il personaggio principale di Casablanca, come se fosse il sostituto palesemente rimosso del paziente reale del medico, Humphrey Bogart, la cui sessualità contrastata è il vero soggetto dell’analista. Greenberg è un lettore troppo attento per non aver notato il modo in cui Humphrey Bogart sembra corroborare nella finzione il personaggio di Rick Blaine, e infatti si rende conto che nel film ci sono altri temi nascosti oltre a quello edipico: Casablanca, dice, è “la miscela cinematografica più entusiasmante di fantasie sessuali e patriottiche”. La lettura del film fatta dal dottor Greenberg non ha bisogno di essere discussa, ma quella che egli chiama miscela di politica e sesso è in realtà un’articolazione ben più complessa del legame che vede lui. E ciò che fa di questo film uno dei “pezzi forti” della propaganda politica prodotti dall’America durante la Seconda guerra mondiale, in un momento in cui enormi risorse artistiche venivano investite da ambo le parti in lotta. Come la maggior parte della propaganda, il suo scopo reale era quello di influenzare l’opinione politica interna; e il segno e lo strumento principale per diffondere messaggi politici attraverso il sesso è costituito dalle innumerevoli sigarette fumate nel film.

 

 

Il dottor Greenberg, naturalmente, non considera mai le sigarette. È parte del prezzo interpretativo che egli paga per non aver reso esplicite le premesse del suo assunto d’essere autorizzato a interpretare l’inconscio dei personaggi hollywoodiani. Ma paga il resto del prezzo quando scrive, per esempio: “Gli impulsi [inconsci] omicidi di Rick verso Laszlo [il capo della Resistenza] trovano un accettabile sostituto nella persona del maggiore [il nazista] Strasser”. Greenberg attribuisce al personaggio Rick una dimensione di scelta morale inconscia, una coazione edipica, e una nozione di quanto è accettabile (sparare al nazista) che somiglia in modo sospetto a una proiezione identificativa autobiografica; Greenberg può inventare l’inconscio di Rick Blaine, ma il prezzo che paga è l’involontaria rivelazione al mondo delle fantasie di Harvey Greenberg. La sua identificazione fa sì che egli somigli ad Humphrey Bogart meno di Woody Allen, il cui remake edipico della scena finale di Casablanca all’aeroporto in Provaci ancora, Sam, anticipa le conclusioni del dottore.

 

 

Questi lo ammette in parte in un “poscritto” in cui cita “‘lo spassoso commento’di Woody Allen, il cui ‘scialbo’ eroe rafforza un Io moscio sognando Humphrey Bogart quale mentore sessuale”. Ciò che la scialba interpretazione di Casablanca proposta da Allen e da Greenberg ignora, sono le eroiche battaglie storiche che il film non si limita a rammentare ma cerca ardentemente di vincere.

Che cos’è uno “scialbo”? Diversamente dai critici tematici convenzionali, che scoprono il contenuto del testo alla superficie, nelle sue dichiarazioni palesi, psicanalisti come Greenberg scavano un po’ più a fondo e portano in luce contenuti latenti (omosessualità, castrazione, omicidio incestuoso) che allora manifestano il loro già occulto significato. Interpretando erroneamente il dramma politico della perdita, del tradimento e dell’eroismo, Greenberg “legge” Casablanca come una rappresentazione di paure di castrazione, di frustrazione edipica, e del lutto causato dall’abbandono da parte della donna amata: uno “scialbo” è un Io fallico che s’ammoscia. Il dottore ha la pretesa di dimostrare che sotto l’immagine del “duro” dal fascino incomparabile c’è la latente omosessualità dello “strano” personaggio interpretato da Humphrey Bogart: “L’idea che Rick fosse un omosessuale non dichiarato è folle (e, per chi ha il culto di Bogart, blasfema). Ma il suo rifiuto di Ilsa [Ingrid Bergman] a vantaggio di un’amicizia che crescerà nel sacrificio della lotta è sicuramente dettato dalla paura delle donne di Rick e dalla sua conseguente misoginia”. Lo psichiatra deve unirsi alla compagnia dei suoi folli (e dei blasfemi), se intende confermare la sua strampalata opinione che Blaine-Bogart sia un “omosessuale non dichiarato”. Greenberg dice che il “rifiuto” di Ilsa-Ingrid da parte di Rick è “sicuramente dettato” dalle sue paure e avversioni edipiche, proprio perché non è affatto certo, nel film, che la partenza della donna debba essere vista come un rifiuto, tantomeno dettato da motivazioni sessuali. Né viene mai chiaramente spiegato come la decisione di Rick di abbandonare Ilsa “a vantaggio di un’amicizia che crescerà nel sacrificio della lotta” sia compatibile con la sua “paura delle donne e la sua conseguente misoginia”. Quale valore assegna il dottore all’amicizia e al sacrificio nella lotta? Blaine-Bogart lascia Ilsa-Ingrid in nome di qualcosa che spaventa o che esalta? Siamo di fronte a repressione o a sublimazione? Scialbore o nobiltà?

Alla fine del film, Rick rinuncia alla donna per una causa più importante di lui, a dispetto del fatto di aver ripetutamente affermato nel corso del film: “Non m’impiccio per nessuno”. Come quello che Freud, nel “Mosè di Michelangelo” chiama “un eroe culturale”, egli sacrifica l’amore e accetta la propria castrazione per gli interessi più alti dell’umanità: la lotta della Resistenza contro un’occupazione crudele. La congiunzione di amore e sacrificio è rappresentata nel film dalle innumerevoli sigarette fumate. Le sigarette in Casablanca sono ovunque; sono il tratto visibile dominante del Café di Rick che è una micro-polis, in quanto centro vitale politico della città che in tempo di guerra pullula di profughi, spie, criminali e soldati di ventura, dove allignano prostituzione e corruzione, pittorescamente colorita dal cinismo provocato dallo spettacolo permanente di disperazione. L’attenzione della macchina da presa non si concentra tanto sul personaggio di Humphrey Bogart quanto sul luogo che gli appartiene e che egli gestisce, e la cui vistosa insegna sul tetto, che si vede di frequente nel film, dice “Rick’s Café Américain”.

Prima che Bogart compaia nel film, la macchina da presa inquadra la facciata del bar di Rick. Di notte, dall’esterno, la sua insegna sembra fluttuare sul locale. Il nome luminoso è circondato da una nuvola al neon arricciata, quasi che il luogo potesse parlare, come in un fumetto, con quelle nuvolette sopra di sé... quasi fosse un personaggio, il personaggio principale del film. Il bar, di notte, è una sorta di postribolo frequentato da tutta la società cosmopolita di Casablanca in cerca di piacere e di evasione. Come in un postribolo o in un cinematografo, al Café di Rick, dice Ferrari, che controlla il mercato nero, “la gente è la merce più importante”. Al centro di questo bordello c’è il pianoforte tintinnante di Sam, la cui musica, suonata con talento, è la custode della memoria del locale, del locale nell’importantissima storia della guerra che lo circonda e lo abita.

Una lunga, muta sequenza di inquadrature ci introduce nel ritrovo, quasi fossimo avventori paganti (lo siamo), oltre l’usciere alla porta, oltre il lungo bar, fino al “tempio” interno delle roulette, al solitario tavolo rialzato dove siede - davanti a una scacchiera, un posacenere e un registro - il proprietario, Bogart, che pensa e fuma mentre il tempo passa. All’inizio della sequenza, macchina da presa a sinistra dell’ingresso, due coppie ben vestite entrano nel locale; inquadratura dell’insegna: Rick’s Café Américain; panoramica inferiore: due ufficiali americani che accompagnano una donna sono seguiti all’interno da due arabi soli (niente donne per gli arabi). Poi, mentre la macchina da presa comincia ad avanzare, vediamo la schiena di una signora elegante la quale varca la porta seguita da un uomo vestito di bianco, che proletticamente rimanda al bianco immacolato che Laszlo, l’eroe della Resistenza, indossa per tutto il film... presagio del prossimo (dirompente) ingresso di Laszlo stesso e di Ingrid Bergman; e, in contrasto, l’uniforme nera dei nazisti del film.

 

Mentre la macchina da presa varca l’ingresso, riceve un cenno di saluto dal portiere in fez. Viene bloccata per un attimo dal braccio di un cameriere di passaggio, che poi si sposta per consentirci di scorgere un uomo, seduto di profilo a un tavolo, che porta una sigaretta alle labbra e dà una rapida boccata. Espelle il fumo velocemente mentre la macchina da presa riprende a muoversi per seguire la coppia che va a sedersi. L’obbiettivo li perde temporaneamente dietro uno schermo proprio mentre inquadra da un’angolatura diversa l’interno del locale fumoso da sopra l’orchestra, sul lato destro del batterista, la cui posizione leggermente soprelevata gli consente di avere una visione completa del locale invaso dal fumo. Mentre la coppia sparisce, un cameriere che porta due coppe di champagne su un piccolo vassoio rotondo emerge sul lato destro dello schermo in secondo piano. La macchina da presa lo inquadra e lo segue attraverso il locale mentre appare e scompare, una mano che sorregge abilmente il vassoio teso in avanti, come il garçon de café di Sartre. Scompare alla vista proprio quando arriva dietro la bella coppia cui è destinato lo champagne e che si staglia scura contro la foschia splendente. Di colpo la macchina si sposta su un bel soldato che accende elegantemente la sigaretta e al tempo stesso si volge verso il profilo in movimento della sua splendida compagna dai capelli scuri. In quel momento il cameriere compare fra i due e con un breve inchino porge il vassoio con le coppe di champagne. Il soldato espira e per un attimo, prima che i due prendano le coppe, lo schermo viene colmato dall’immagine magistralmente centrata delle coppe di champagne sulle quali si libra per un istante una nuvoletta perfetta di fumo grigio. Incorniciate dai bei profili scuri e viste leggermente dal basso, le coppe fumanti imprigionano tutta la luce del locale.., un momento epifanico di indicibile bellezza nel film. “Tutti vanno da Rick” per scoprire quell’epifania... un momento fermato in un fotogramma ma movimentato dal proiettore per rappresentare l’estatica sospensione del tempo, o la finzione di un altro tempo, fuori della guerra, che le tante distrazioni del Café Américain di Rick regalano per un fugace istante. Per Umberto Eco il bar di Rick rimanda a numerosi luoghi archetipi: Legione Straniera, Grand Hotel, Battello sul Mississippi, Macao Inferno del Gioco, Posto di Frontiera e Paradiso dello Spionaggio, l’Ultimo Fortino ai Margini del Deserto.

Ma quello di Rick è anche il locale dove i profughi della guerra sono costretti a recarsi per ottenere un visto per lasciare Casablanca con l’aereo per Lisbona, primo passo sulla via della libertà in America. Il bar è la vera, sola ambasciata cittadina che provveda al servizio. La sua straordinaria notorietà è attribuibile non soltanto all’intraprendenza meticolosamente calibrata di Rick, ma anche alla sua neutralità politica e alla sua ambivalenza morale. Egli intrattiene rapporti di compiacente cameratismo con i rappresentanti del governo di Vichy, mettendo a loro disposizione il locale per operazioni spesso brutali, corrompendoli elegantemente, esibendo una divertita indifferenza di fronte all’ipocrisia della loro pretesa indipendenza dal controllo dei nazisti, il cui droit de regard e i cui ordini indiretti sono visti come tali da determinare in tutto e per tutto l’essenza politica del soi di Vichy. Per molti versi la politica di Rick in Casablanca non è molto dissimile da quella del console americano in Nordafrica neI 1941; la sua neutralità nei confronti delle dure lotte politiche che contrappongono Vichy e i suoi supervisori nazisti al Libero “Francese Combattente” rispecchia esattamente la posizione del governo Roosevelt. La somiglianza comprende anche il fatto che Rick è ostile al capo del movimento resistenziale, proprio come Franklin Roosevelt detesta l’arrogante ostinazione di Charles de Gaulle (che stava dirigendo la lotta da Londra) e sospetta, sbagliando, che essa sia segno della sua ambizione bonapartistica di fare un colpo di stato. Possiamo avere un saggio dell’insofferenza di Roosevelt nei confronti dell’untuosa presunzione di de Gaulle e valutarne la portata ascoltando la risposta che Rick ha dà Laszlo, il capo della Resistenza. Rick domanda: “Vi siete mai chiesto se ne vale proprio la pena? Il giuoco vale la candela?”. “Sarebbe come chiedere perché respiriamo. Se non respiriamo, moriamo; se noi cessassimo di combattere, il mondo perirebbe”, risponde Laszlo-de Gaulle, accomunando modestamente il destino del mondo alla continuità di respiro di quelli che egli abbraccia con un regale “noi”. Comprensibile è l’irritazione di Rick quando dice a lngrid-Ilsa, la moglie del grand’uomo: “Ah, ora mi tocca sentire di nuovo che grand’uomo è vostro marito e che nobile causa egli ha sposato!”

Nel film, Laszlo, come de Gaulle nella vita, fuma sigarette con grande dignità e serenità, continuamente; quasi ogni suo respiro nel film è accompagnato dal fumo della sigaretta... l’aria stessa della lotta politica.

La politica del Café Américain di Rick, visto come una fumosa sede staccata del consolato americano di Casablanca nel 1942, rispecchia il continuo riconoscimento di Vichy da parte degli USA, a dispetto del numero crescente di voci che esortano il governo americano a richiamare i suoi diplomatici, come hanno fatto inglesi e canadesi, e a dare il suo sostegno alle forze che lottano sotto la bandiera della Croce di Lorena. Nelle scene di apertura di Casablanca, la polizia di Vichy spara e uccide un uomo che ha in nano dei fogli con lo stemma della Francia Libera.

Nel locale, Laszlo e Ilsa vengono avvicinati da un uomo che finge di voler vendere loro un anello. È Berger, agente segreto della Resistenza al servizio del suo capo, un uomo disposto a ogni sacrificio:

 

Berger: “Mi sembrate una coppia diretta verso l’America. Laggiù troverete da vendere questo anello. Io sono costretto a disfarmene per bisogno. È unico nel suo genere”. (Apre l’anello per mostrare la Croce di Lorena nascosta all’interno)

Laszlo: “Oh, certo, m’interessa moltissimo”.

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