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Ken Loach: quando esiste coerenza tra film e vita!
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Oggi parte ufficialmente il Torino Film Festival (sul sito Filmtv.it tutta le schede complete dei film in concorso, divise per sezioni), una manifestazione che sinceramente mi incuriosisce molto, soprattutto quest'anno per la presenza di molti film di genere horror e thriller presenti nella sezione “Rapporto confidenziale”, un genere che ultimamente sta cercando un nuovo sbocco di idee, spesso limitate ai remake di film famosi di anni precedenti.

Ma non è dei miei gusti e delle mie curiosità che voglio scrivere, e nemmeno fare pronostici o classifiche di preferenze... voglio condividere sul blog con tutti la mia manifestazione di stima per il rifiuto di Ken Loach al premio “Gran Premio Torino” per il suo film “La parte degli angeli” presente nella sezione Festa Mobile (e ora ritirato dal festival) , un grande gesto da parte del regista che non si è tirato indietro alla richiesta di aiuto da parte dei lavoratori precari della cooperativa Rear. Cooperativa che lavora presso il museo del cinema di Torino, che amministra a sua volta il festival torinese.

Da mesi i lavoratori della cooperativa hanno inviato richieste di solidarietà a vari registi impegnati, Loach ha risposto in maniera coerente con tutto ciò che è stato il suo lavoro sino ad ora, questo il suo comunicato:

“E' con grande dispiacere che mi trovo costretto a rifiutare il premio che mi è stato assegnato dal Torino Film Festival, un premio che sarei stato onorato di ricevere". Quindi le ragioni: "C'è un grave problema, ossia la questione dell'esternalizzazione dei servizi che vengono svolti dai lavoratori con i salari più bassi. Come sempre, il motivo è il risparmio di denaro e la ditta che ottiene l'appalto riduce di conseguenza i salari e taglia il personale. È una ricetta destinata ad alimentare i conflitti. Il fatto che ciò avvenga in tutta Europa non rende questa pratica accettabile”.

Sono rimasta malissimo per la risposta piccata del presidente del festival Gianni Amelio, che ha dato del narcisista al regista britannico, svalorizzando così un gesto che personalmente reputo di gran classe e coerenza, coraggioso, che finalmente porta allo scoperto le incongruenze di contratti capestro rese legali con normative assurde.

Non mi importa se Ettore Scola (presente a Torino per ricevere lo stesso premio) porterà sul palco una rappresentanza di lavoratori della cooperativa in questione al ritiro dei premi, secondo me il gesto che arriva da un paese lontano dal nostro è molto più efficace e di lotta, non badando così alle giostre ballerine da red carpet e belle vetrine.

Certo bisogna parlare di cinema (dicono Barbera il direttore del museo del cinema di Torino e Gianni Amelio), ma Loach ha sempre parlato di certe questioni nel suo cinema (come non ricordare il bellissimo Bread and roses), il suo cinema parla proprio di questi disagi da anni, quello che forse altri hanno compreso solo ora è che l'ha sempre fatto senza ipocrisie, credendoci, per questo forse risultano così potenti le sue pellicole? Ora senza indugi dico sì!

Mi spiace davvero per la caduta di stile di Amelio, che ammiro moltissimo per i suoi film, forse non credeva che Loach portasse fino in fondo la sua decisione, forse pensava che il prestigio di un premio passasse avanti ad un principio più volte ribadito nei suoi film, quello del diritto al lavoro. Loach ha dato una lezione di cosa vuol dire essere un artista deciso e coerente, doti che in Italia purtroppo risultano di poco valore e commerciabili al primo barlume di una qualsiasi targa di onorificienza.

Queste le parole di Loach con le quali concludo il mio post: “Abbiamo fatto un film dedicato proprio a questo argomento, Bread and Roses. Come potrei non rispondere a una richiesta di solidarietà da parte di lavoratori che sono stati licenziati per essersi battuti per i propri diritti? Non possiamo dire una cosa sullo schermo e poi tradirla con le nostre azioni".


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