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Una domanda sorge spontanea quando si tratta di valutare questo film? Chi ne è il vero autore? Troppo facile rispondere Kubrick. Le cose non stanno così o, almeno, non sono così semplici. E’, ad esempio, il solo dei film di Kubrick di cui non ha avuto il pieno controllo. E’ inoltre, se non il migliore, il più intelligente e il meglio documentato dei film ambientati nella Roma antica. E’ inoltre il film che segna la fine della “Black-List”, in quanto l’autore della sceneggiatura, Dalton Trumbo, era stato messo al bando dal 1951 e Kirk Douglas, protagonista e produttore del film decise di sfidare l’HUAC (la famigerata commissione che indagava sui presunti non-americani (leggi comunisti)presenti nel campo cinematografico[1]

La storia di Spartaco la conosciamo tutti, o quasi. La sua figura ha affascinato, interessato per secoli. Lo schiavo che si libera e diventa il simbolo della lotta contro l’oppressione è un argomento suggestivo che ha ispirato movimenti, rivolte, libri, drammi e film. Basti pensare, tra i tanti, ai moti spartachisti tedeschi pre-nazisti guidati da Karl Liebknecht e da Rosa Luxembourg.

In questi mesi, poi, SKY ha mandato in onda una mini-serie americana di telefilm basati sul personaggio trace. Il pubblico più giovane e quello più sprovveduto avrà pensato che la realtà fosse quella raffigurata. Beh, la realtà è tutt’altra cosa e sorvolo per un senso di carità cristiana sulla qualità di questa mini-serie.

 

THE MAKING

Nel nostro caso, tutto nasce da un romanzo di Howard Fast, uno scrittore newyorchese figlio di immigrati ebrei (lui, Barney, ucraino, lei Ida, britannica), che cominciò a scrivere “Spartacus” mentre era in prigione. Scontava una condanna di tre mesi inflittagli da un tribunale per disprezzo alla corte, in quanto si era rifiutato di fare i nomi di coloro che avevano organizzato una colletta per gli orfani delle vittime americane della guerra civile spagnola. Fece pubblicare il romanzo a sue spese ed ebbe successo. Lo lesse anche Kirk Douglas e gli piacque tanto che acquistò un’opzione per trarne un soggetto, pagandola personalmente. A quel tempo, siamo alla fine degli anni ’50, era co-proprietario della casa di produzione Bryna. Era un po’ depresso perché William Wyler gli aveva preferito Charlton Heston come protagonista di BEN HUR (e lui aveva sdegnosamente rifiutato la parte di Messala). La storia di Spartaco gli apparve abbastanza vicina a quella di Ben Hur e, con l’orgoglio e la tenacia che gli si riconoscevano, decise di produrre il film. Riuscì poi a convincere la Universal a finanziarlo, soprattutto dopo essersi assicurato attori come Laurence Olivier, Charles Laughton e Peter Ustinov. Fast fu poi chiamato a scrivere l’adattamento, ma la cosa non funzionava. Non è facile per un romanziere scrivere soggetti. Venne chiamato allora Trumbo, di cui si sapeva il valore e questi accettò con entusiasmo l’incarico. Douglas pensò di affidare la regia a Olivier (cfr:JOSEPH MCBRIDE,KIRK DOUGLAS,Milano Libri Edizioni, settembre 1985), ma poi si risolse a chiamare Anthony Mann, che si era fatto un nome con i grandi western a colori. Ben presto, sorsero attriti fra lui e Douglas. Stando a quanto il regista racconta in un’intervista(JEAN-CLAUDE MISSIAEN, ANTHONY MANN, Editions Universitaires, Paris, 1964), Mann lo considerava troppo invadente e soprattutto non era d’accordo nel fare di Spartacus una sorta di eroe portatore di un messaggio di libertà. C’erano troppe prediche e poca azione. Mann invece voleva che il messaggio lo dessero le immagini della terribile situazione in cui versavano gli schiavi. Douglas era più vicino al romanzo di Fast che al linguaggio filmico. Alla fine, Douglas cacciò Mann e contrattò Kubrick, allora trentenne, che si era messo in luce con ORIZZONTI DI GLORIA tre anni prima. Il regista, malgrado la sua forte personalità, non riuscì a imporre il suo punto di vista, in soggezione forse, di fronte alla prorompente invadenza di Douglas e all’enorme fascino che trasmetteva Trumbo. E’ una delle ragioni per cui Kubrick non riconobbe come “suo” il film.

Un’altra ragione sta nel suo desiderio di dirigere in contemporanea un film che rivaleggiava con SPARTACUS, THE GLADIATORS (niente a che vedere con l’omonimo film di Delmer Daves del 1954. Poi il progetto naufragò, visto l’entusiasmo dei produttori dopo le prime scene di SPARTACUS.

Un altro motivo, forse, sta nell’impronta “socialisteggiante” che Fast e Trumbo diedero alla storia. In effetti, il personaggio SPARTACUS, secondo il parere degli storici, non è assimilabile “tout court” al simbolo della lotta per la libertà contro l’oppressione, del tipo Gandhi o Nelson Mandela. Pare che Spartacus abbia fatto uccidere trecento prigionieri per vendetta contro l’uccisione del suo amico Crixus. Inoltre, ma questo è un aspetto controverso, pare che la sua furia devastatrice abbia avuto poi il sopravvento sul suo desiderio di lasciare l’Italia e lasciare che i suoi seguaci tornassero ai loro paesi d’origine (cfr. JOHN BAXTER, Stanley Kubrick: a Biography, Carroll & Graf, New York, 1997, pag 126).

Nonostante questo, Kubrick riuscì a limare la sceneggiatura di Trumbo, che appariva troppo verbosa, almeno nelle scene dove compare il commento.

Ma la ragione più importante, probabilmente, del rifiuto da parte di Kubrick di considerare SPARTACUS un “suo” film, sta nel “memo” di 80 pagine che Trumbo scrisse dopo aver visto le scene girate fino ad allora (a film finito). A detta di Douglas, quel memo era l’analisi più brillante sulla direzione di un film che mai avesse letto. In effetti, secondo Trumbo, c’erano diversi problemi che andavano affrontati e risolti. Douglas accettò quei suggerimenti e fece ri-dirigere le scene sotto accusa seguendo “in toto” i consigli di Trumbo. Questo irritò molto Kubrick, come era da aspettarsi.(cfr. KIRK DOUGLAS, The Ragman’s Son: An Autobiography,Pocket Books, New York, 1989, pag.297).

Ma allora, se Kubrick non riconosce come suo il film, a chi dobbiamo dare il merito di aver realizzato uno dei più bei film ambientati nella Roma antica?

Una cosa è certa, la rabbia che si respira nel film deve in parte la sua ragion d’essere nel clima di dispetti, ostilità, ripicche che costellarono le riprese. Ad esempio, e questo ci rende meno simpatico Kubrick, ad un certo punto si doveva decidere sotto quale nome si dovesse celare il lavoro di Trumbo (era ancora nella lista nera e non poteva figurare nei “credits”). La produzione decise di scegliere un nome fittizio, Sam Jackson. Quando le voci dell’identità vera di Trumbo arrivarono a Ustinov e Laughton, questi, separatamente, andarono trovarlo per discutere i loro ruoli con lui. A Douglas tutto questo non piaceva. Che fare? Kubrick allora suggerì che si mettesse il proprio nome. Douglas ne fu disgustato. Dopo essersi consultato con i capoccia della Universal, decise di rompere il tabù. Trumbo sarebbe comparso col proprio nome, nonostante la lista nera.

Un altro motivo di lite era il fatto che Fast e Trumbo si odiavano. Pur condividendo la stessa ideologia, ognuno accusava l’altro di rappresentare la parte sbagliata del comunista americano.

E dire che Trumbo non era una prima scelta: prima, come si è detto all’inizio, si era affidato l’incarico a Fast: ma era troppo verboso e inadatto allo schermo, Vennero contattati due grossi nomi del Gotha degli scrittori di cinema e cioè Maxwell Anderson e Lillian Hellman, ma senza successo.

Trumbo aveva poi una virtù straordinaria: scriveva ad una velocità incredibile e, quando gli si obiettava che la tal scena non andava bene, prendeva i fogli che contenevano i dialoghi di quella scena e li strappava, pronto ad accettare i suggerimenti e riscrivere con ugual velocità la stessa scena, magari stando seduto nella vasca da bagno con la portatile sopra un supporto che gli permetteva di lavorare al fresco.

 

UN MODELLO SOCIALE ALTERNATIVO

 

Quando Trumbo affrontò la sceneggiatura, dovette affrontare e risolvere un problema molto importante non tanto a livello narrativo e storico, ma a livello ideologico e sociale. Egli avrebbe voluto stabilire una certa connessione fra la storia di Spartaco e la propria. E cioè le proprie vicende personali di scrittore di cinema, cacciato dal sistema. Una questione di libertà di coscienza di fronte a un mondo ideologicamente chiuso, conservatore e reazionario. La sfida che egli voleva affrontare era molto “tosta”, ma la vicenda di Spartaco sembrava fatta apposta per permettergli di esprimere tutta la rabbia che covava dentro.

Il pericolo insito in storie come questa di Spartaco, quello cioè di fare dell’eroe trace un simbolo, un mito (proprio quello che temeva Anthony Mann e lo stesso Kubrick), annacquando la carica ideologica che la sua vicenda possiede è sempre molto presente. Sei anni prima, nel 1954, Elia Kazan aveva diretto un capolavoro come FRONTE DEL PORTO. Il regista era stato molto criticato dagli ambienti della sinistra americana, per avere esaltato oltre il lecito la figura del protagonista (Marlon Brando), disegnando una parabola essenzialmente individualista, svilendo il ruolo della classe operaia che era la vera protagonista della vicenda. E, a quel tempo, queste osservazioni trovarono un certo favore, avvalorate dalla vicenda personale di Kazan, reo di “aver fatto i nomi” di alcuni colleghi e compagni davanti alla Commissione dell’HUAC. L’eco di quella storia era ancora ben presente nelle intenzioni di Trumbo. Si trattava quindi di inserire il più possibile la figura di Spartaco all’interno di un movimento più generale di un’intera classe sociale (gli schiavi, principalmente) che si rivolta contro una classe dominante.

 

Si doveva quindi, da un lato, descrivere scene di massa, di vita collettiva, di forme di aggregazione sociale “alternativa” a quella della vita romana imposta con il ferro e il sangue ai popoli vinti e alle classi più deboli.

E’ illuminante, ad esempio, il senso che Trumbo vuole comunicare al pubblico, quando viene descritto un momento di vita quotidiana degli schiavi che si sono aggregati alla banda di gladiatori che si era ribellata a Capua. E’ chiaro il significato: la forma sociale che gli schiavi si sono data e cioè uguaglianza piena, divisione democratica dei compiti, giustizia sociale e libertà, pur sotto la guida di un capo carismatico che proviene dalla loro stessa origine, è un modello sociale che viene proposto in alternativa a quello aristocratico, classista e conquistatore del mondo romano. Chiaro è, almeno per i meno sprovveduti, il messaggio sociale che ne discende, in rapporto con l’attualità.

Tuttavia, la pressione continua di uno spirito “individualista” come padrone della produzione (Kirk Douglas) e la personalità di Kubrick, più interessato alla forma estetica (d’accordo con Russell Metty (cineoperatore), Alexander Golitzen (scenografo) e Saul Bass (campione dei titoli di testa), furono un ostacolo notevole alla realizzazione dei piani dello sceneggiatore.

 

RAGIONI DELLA STORIA E RAGIONI DEL CINEMA

 

La raffigurazione dei personaggi del film era fondamentale. Era necessario, perché lo scopo di Trumbo (e anche di Fast) fosse raggiunto compiutamente, costruire figure che si incastonassero alla perfezione nel quadro sociale che si voleva rappresentare. Spartaco è un personaggio storico: era necessario quindi calare il suo personaggio nell’epoca storica di riferimento. Il pericolo insito in questo tipo di operazioni è quello di essere troppo fedeli al dato storico. Il vincolo storiografico spesso limita la creatività. Trumbo usa quindi il metodo misto: accanto a personaggi storici, ne inserisce altri che sono non solo di supporto, ma sono necessari per la costruzione di un quadro armonico, funzionale al suo progetto.

Accanto a Spartaco, ecco quindi comparire Marco Licinio Crasso e Giulio Cesare. Accanto a Spartaco vengono inventati personaggi verosimili (Batiatus, Draba, Varinia, Antonino) ed altri del tutto fuori dalla verità storica, come Gracco nessuna parentela, a quanto pare, con i fratelli Gracchi di cent’anni prima).

Ci si aspetterebbe di vedere Pompeo Magno, ma ai fini della costruzione dell’intrigo, Trumbo (e Fast) costruiscono sullo straordinario attore inglese Charles Laughton la figura di un senatore, saggio e opportunista ma deciso a contrastare i piani egemonici di Crasso, che sarà due anni dopo ripresa, per molti versi, da Otto Preminger in TEMPESTA SU WASHINGTON.

La figura di Crasso sembra essere quella che più si avvicina al personaggio storico omonimo e cioè la sua sfrenata brama di potere oltre ad un’immensa vanità (che rasenta la superficialità)[2].

 

Crasso serve anche per raffigurare il lato dell’arroganza del potere, del lusso sfrenato, del privilegio e dell’abuso, in contrapposizione alla vita grama, all’ingiustizia, alla condizione sociale priva di ogni elementare diritto, ma ricca di sentimenti e valori positivi (in contrapposizione, a questo proposito, con la lussuria e i vizi della classe dominante).

 

La storia ci dice che la vita comunitaria idilliaca descritta da Kubrick e Trumbo non risponde alla verità: presto Spartaco dovette fare i conti con le pecche gravi della sua armata e dei suoi capi: ribellioni, contestazione, amore per gli agi, invidia e ruberie: niente di nuovo sotto il sole, insomma.

Ma ciò che rende grande questo film sono la magistrale sceneggiatura e i dialoghi, semplicemente straordinari. Credo che questa di SPARTACUS sia, in assoluto, la sua migliore sceneggiatura. Basterebbe ricordare quanto dice Crasso a un certo punto:

“Un giorno purificherò questa Roma che i miei genitori mi lasciarono in eredità. Riporterò tutte le tradizioni che la resero grande. Ne consegue, quindi, che non posso arrivare al potere e nemmeno difendere me stesso, con un atto che tradisca le più sacre tradizioni. Non porterò le mie legioni entro queste mura. Non stuprerò Roma dopo che l’avrò posseduta”.

 

Oppure questo dialogo:

Batiatus: Nonostante i tuoi vizi, sei il Romano più generoso del nostro tempo

Gracco: Vizi?

Batiatus: Le signore

Gracco: Le signore?E da quando sono un vizio?

Batiatus: Oh, forse ho usato il termine errato. Un’eccentricità, una mania… E’ noto che perfino il tuo staffiere e il tuo maggiordomo sono donne.

Gracco: Sono l’uomo più virtuoso di Roma.

Batiatus: Cosa?

Gracco: Io lascio fuori queste donne dal mio rispetto per la moralità di Roma. Quella moralità che ha reso Roma forte abbastanza da rubare due terzi del mondo ai loro legittimi proprietari. Fondata sulla santità del matrimonio Romano e della famiglia Romana. Succede che mi piacciano le donne. Ho una natura promiscua, e a differenza di questi aristocratici, non prenderò un impegno matrimoniale che la mia natura mi impedisce di rispettare.

Batiatus: Tu hai un rispetto altissimo per la purezza della natura femminile.

Gracco: Esatto!

 

Per concludere e tornare alla questione iniziale se sia più un film di Kubrick o di Trumbo, credo che non si possa stabilire seriamente una paternità artistica precisa. A me pare che la reazione a posteriori di Kubrick sia dovuta più alla sua natura un po’ narcisistica e iper-perfezionista. In realtà, non si può sottovalutare la potenza e il talento dispiegati anche in questo film. D’altro canto, il talento di Kubrick si combina armoniosamente con una sceneggiatura al limite della perfezione.

Tutto questo ha regalato a noi spettatori uno spettacolo straordinario, oltre a mettere fine, e non è poco, alle conseguenze di uno dei periodi più bui del sistema cinematografico hollywoodiano (e non solo) con il riconoscimento doveroso a uno dei più grandi scrittori di cinema di sempre.

Per scrivere queste righe, mi è stato di fondamentale aiuto il saggio di PETER HANSON, Dalton Trumbo, Hollywood Rebel, a Critical Survey and Filmography,McFarland & Company, Jefferson, North Carolina, 2001.

 

 

 


[1] Negli ambienti cinematografici si conosceva l’identità di Trumbo dietro l’autore ufficiale della sceneggiatura e cioè Ian McLellan Hunter. Dsolo nel dicembre del 2011, venne riconosciuta ufficialmente la paternità della sceneggiatura a Trumbo.

[2] A questo proposito, andrebbe ricordato l’esito catastrofico della disfatta di Carre, quando l’esercito di Crasso venne distrutto dai Parti, la cui causa si deve in buona misura all’impreparazione e alla superficialità.

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