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GLI INGUARDABILI: Orrori di film e falsi capolavori annunciati subito dimenticati
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GLI INGUARDABILI: Orrori di film e falsi capolavori annunciati subito dimenticati

Non sono un cinofilo, ossia uno sponsor di registi e attori cani e quindi se li guardate siete avvertiti. Poi se un giorno verranno rivalutati sorgeranno le speranze per una futura trasformazione della latta in oro o almeno potranno invogliare chiunque di tentare di fare il regista di film o almeno di spot pubblicitari. Qui si va dal tragicomico involontario del falso capolavoro annunciato d' autore fino al sadomasochismo visivo premeditato di film volutamente o involontariamente brutti e giustamente subito dimenticati da quei pochi che li hanno visti. E meno male che in teoria un qualsiasi film dovrebbe attirare l'attenzione del pubblico pagante non allontanarlo dalla visione come un passante dalla merda dei cani sul marciapiede. A scanso di equivoci, malattie mentali, droghe pesanti e superalcolici c'entrano poco o niente e l' unica spiegazione possibile è che questi pessimi registi avevano poche brutte idee ma tanti soldi da buttare via. Mi riferisco solo a questi film e non alle solite banali mediocrità di oggi, tutta roba che si può vedere come si può lasciar perdere facilmente, i cosidetti film passabili di una visione all' anno.  Per quelli è sufficiente un gosth-writer di Massimo Bertarelli, quel cinecritico di borgata romana obbligato a vedere dei film che non gli interessavano per niente: Citerò questa questa sua esemplare recensione, pubblicata nel suo dizionario dei film, che detta alla sua maniera suonava più o meno così: "Che pizza stò Taxi Driver! Meio Er Tassinaro de Sordi".

 

  E' comunque evidente (basta vedere nei canali video del web) che la maggior parte degli esperti di film da spazzatura (trash) li vedono soltanto come una valida alternativa ai film comici, sempre pronti a sfotterli e a stroncarli senza pietà come facevano quelli della Gialappa's Band con le trasmissioni più brutte delle reti televisive locali. Questi primi tredici da me recensiti sono bruttissimi e basta senza nessun pregio evidente. Alcuni sono solo dei repertori di orrori visivi girati solo per disgustatare lo spettatore mentre altri, pur non mostrando niente del genere, sono degli orrori di film. Se il cinema è libera espressione della fantasia, certi film qui elencati sono paragonabili al tema di una testa vuota che in classe scopiazza male a destra e a manca i temi degli altri più bravi di lui.

 

  Questa lista di stronzate di celluloide di registi ignoti e noti sarebbe molto più lunga ma ho tralasciato certi sconosciuti scults-movies già recensiti o meglio distrutti senza pietà sui canali video da vari studenti ventenni sclerati. Incredibile ma vero alcuni sono considerati da molti utenti di questo forum dei capolavori sottovalutati ma si tratta dei soliti gruppetti di cinofili che esaltano dei presunti cult-movie soltanto per aver visto il nome del regista nella scheda o per mandare il disinformato di turno a vedersi un brutto film che non è piaciuto a nessuno, anche se per la maggior parte si tratta di evidenti boiate e fiaschi colossali di autori di qualità molto variabile. Purtroppo c'è anche chi non sa distinguere il banale, il bello, il brutto, il mediocre e l' originale e infatti gran parte di questi film indifendibili hanno addirittura degli estimatori che li difendono a spada tratta, in questo e su altri deserti forum. Basta leggere i giudizi dati a certi film da me inseriti in questa hit-parade di boiate ma non c'è da aspettarsi niente di buono da certi falsi cinefili e veri cinofili, vidioti che fanno i cruciverba con i titoli dei film, esaltatori di film ciofeche trash e denigratori di capolavori, fans di mascelloni e nasoni del momento e altri anonimi fulminati virtuali. Spero soltanto di far sorridere qualcuno con un grammo di cervello in più che ha avuto il coraggio di vedere qualche film di quelli da me inseriti in questa lista. Quel brutto ceffo nella piccola foto in alto a sinistra é uno dei registi di questi film (Indovina quale?). 

Playlist film

Alex l'ariete

  • Azione
  • Italia
  • durata 90'

Regia di Damiano Damiani

Con Alberto Tomba, Michelle Hunziker, Ramona Badescu, Orso Maria Guerrini

Alex l'ariete

Dilettantesco film d' azione tragicomico involontario, molto imbarazzante per i protagonisti e sopratutto per lo scomparso regista, neanche tanto incapace ma qui la regia è assente così come gli indispensabili doppiatori, dato che Tomba è una lapide e di conseguenza recita come parla. Forse Damiani si era limitato a dirigere qualche scena per poi abbandonare il set dopo aver visto "recitare" Tomba, cosa facilmente comprensibile dato che tempo fa aveva diretto altri attori più che bravi e famosi come Franco Nero e Gianmaria Volontè. Questo action-movie poliziesco sembra un film barzelletta sui carabinieri interpretato da uno vero e forse Tomba è stato obbligato a recitare una parte che non competeva al suo grado (brigadiere) come imponeva il regolamento sul suo libretto di servizio, come quando era obbligato a rilasciare delle dichiarazioni alla stampa sportiva. 

   

  Meglio se Albertone il Campione ci provava, magari insieme a un altra attrice e ben doppiato, con un cinepanettone vacanziero montano dove, in un ruolo secondario, faceva le corna al Boldi-De Sica di turno come istruttore di scii e doppio slalom a letto ma probabilmente i produttori volevano toglierlo di mezzo dal mondo del cinema per sempre insieme alla Hunziker, qui nel ruolo di Antaleva Bottazzi (la protagonista femminile del film, non la vecchia zia del carabiniere romagnolo). Se erano così tanto invidiosi della sua bellezza facevano prima a dare al suo personaggio della fotomodella da salvare un nome e cognome più rappresentativi, tipo Giuly Vaoca ma piuttosto di quel nome così orrendo (Antaleva o Antavleva?) era sicuramente meglio Deborah Meladay. Uno dei cattivi del film (Orso Maria Guerrini) per dimenticare questo film al quale aveva partecipato interpretò un noto spot pubblicitario di una birra italiana alla gassosa mentre un altro (Giovanni Visentin) finì sempre come principale personaggio antagonista in un altro film di tutt' altro genere ma altrettanto brutto (leggi la recensione del film seguente) per poi riscattarsi interpretando un personaggio secondario nella serie televisiva Il Commissario Montalbano

 

  Il carabiniere speciale Alex l' Ariete (sarebbe stato meglio il Caprone) è talmente poco definito da far sembrare l' ispettore di polizia Nico Girardi di Tomas Milian un personaggio complesso e insolito. Dialoghi a dir poco "metafisici" come questi: "Fermilìerimanilaaà!!! - Aleeex!!! - Leva!!! - Che paura Alex! Ho sentito tanti colpi! - Avevo un giumbotto ma me lo son levato se no affogavo!"  Tutto chiaro? Il comico Gioele Dix, quello che imitava Tomba in televisione, non avrebbe fatto di meglio e un ex pugile suonato nel ruolo di un poeta non avrebbe recitato peggio di Tomba. Certe scene, come quelle della carrozzina con neonato che si muove da sola per decine di metri e l' irruzione di Tomba che urla mentre spara raffiche di mitra, sono da antologia del grottesco involontario ma più che "comico" è un film poliziesco paratelevisivo con due protagonisti incapaci e un cast di ignoti attori e attrici da spot che fanno quello che possono per tentare di "salvare" questo film maldiretto e peggio recitato dai protogonisti. Quando Tomba e la Hunziker recitano insieme si capisce subito che non vedevano l' ora di smetterla. Trama: In Italia una banda di criminali armati di mitra, capeggiata da un ceffo in giacca e cravatta che sembra il fratello brutto di Paolo Kessisoglu (uno dei due comici televisivi di "Camera Caffé") sequestra delle giovani fotomodelle per farle frustare a pagamento a bordo di uno yacht da crociera da un sadico dis-Onorevole che sembra Sgarbi con la barbetta e i baffetti, oltretutto noto come "Il Grande Maiale". Ma ci penserà il carabiniere speciale Alex Corso detto l' Ariete a sgominarla, liberando una bella donna presa in ostaggio perchè testimone di un omicidio commesso dalla banda.

 

    Pare che doveva essere il primo episodio di una miniserie televisiva ma anche sul piccolo schermo sarebbe sparito subito. Nei cinema sparì dopo una settimana di proiezioni nel periodo estivo. Nel manifesto del film e della copertina del dvd il personaggio di Tomba è addirittura paragonato al famoso agente segreto James Bond 007 anche se fa rimpiangere James Tont 001 con il fu attore comico Lando Buzzanca. Sicuramente è nettamente inferiore a certi film dello stesso tema poliziesco nostrano come "Il tenente dei carabinieri" con Manfredi e Montesano, "I Carabimatti" "Carabinieri si nasce", fiacche commedie e filmetti di barzellette. Se si vuole fare un paragone con dei precedenti film d' azione poliziesca americani, "Cobra" con Sylvester Stallone (al quale "Alex l' ariete" sembra molto malamente e vagamente ispirato) e "Codice Magnum" con Arnold Schwarzenegger sembrano dei film d' autore da Premio Oscar. La colonna sonora sembra simile a quella di un horror trash o di un vecchio videogame da bar. Indubbiamente oggi è il film più denigrato senza pietà sui canali video da alcuni studenti liceali sclerati, cinecritici dilettanti e maniaci della spazzatura cinematografica, indecente come il nome di quella marca di profumo da uomo promossa da Alberto Tomba con tanto di spot televisivo, allora subito ritirata dal mercato e oggi molto ricercata dai collezionisti di fetecchie. E' dunque questo il peggior scult trash Z-movie della storia del cinema italiano o non c'è limite al peggio? Citando un altra scena del film si può pensare: "Ma noooooooo!! Ràtàtàtàtàtà!!! Noooooo!!  Ràtàtàtàtàtà!!! Ouuuooooooooh!!... Ràtàtàtàtàtàtatà!!! Booooooh !!!" Forse questa scena tragicomica citata nei dialoghi di un Tomba più "impegnato" era un omaggio del regista al più "celebre"  e sicuramente meglio girato film  "La belva spara con il mitra e lo sbirro s' incazza" ? Sicuramente no. Giudizio critico: INDIFENDIBILE E INGUARDABILE.

Rilevanza: 1. Per te? No

Mutande pazze

  • Commedia
  • Italia
  • durata 99'

Regia di Roberto D'Agostino

Con Monica Guerritore, Eva Grimaldi, Barbara Kero, Debora Calì, Irma Capece Minutolo

Mutande pazze

Allucinante quanto delirante film satirico d' autore sulla tivù spazzatura italiana degli anni ottanta e novantaopera prima e unica di un allora noto critico cine-musicale-televisivo esperto in gossip mondano di quegli evanescenti anni di ostentata e voluta superficialità, girato soltanto per invogliare la critica e il pubblico a detestare un allora emergente professorino quattrocchi da salotto televisivo nemico dichiarato del regista, rappresentato con il suo tipico sorrisetto sadico "a culo di gallina". Trattasi ovviamente di Vittorio Sgarbi. Condiscono il tutto altre brutte copie di personaggi più o meno noti molto liberamente e molto malamente ispirati a Tinto Brass, Gianfranco Funari, Carmen Lasorella, la sorella disgraziata della Sora Lella sedotta e abbandonata dal "fratello sderenato" di Franco Califano, Cristiano Malgioglio e via scemando. Il film incomincia con l' esibizione di una sottospecie di presentatore di uno show televisivo d' ambientazione antico romana, un orrido incrocio tra Funari e Malgioglio (impersonato dal comico Sergio Vastano vestito peggio di loro) che fa frustare pugnalare per finta ma in modo realistico, una cicciona vestita di blu e una delle sue belle e giovani vallette in costume da bagno, per poi mandare il pubblico a vedere "Stò pacco de pubblicità" dopo aver presentato dei deodoranti in bomboletta spray al profumo di ortaggi vari. E continiamo a farci del male.

 

In questo zoo umano risulta del tutto assente, forse per lasciare molto più spazio agli altri animali televisivi rari, quel grande, grosso e barbuto giornalista-opinionista e parlamentare di facili costumi politici, all' epoca l' arbitro venduto dell' incontro televisivo truccato Dago VS Sgarbi, oggi esule dimenticato all' estero relegato a Parigi come professore universitario di giornalismo. Trattasi di un certo Giuliano Ferrara. Nel cast si nota soltanto un giovane Raul Bova, qui facile preda degli ardori della Grimaldi vestita da mistress sadomaso come testimonial pubblicitaria di un tubetto di maionese nello spot girato in una spaggia con dei fotomodelli muscolosi travestiti da gay sadomaso, con tanto di regista che grida alle comparse: "Forza con stì froci!"Contiene anche un messaggio promozionale di un libro di "filosofia culinaria" scritto da un amico gay del regista, poi finito dai salotti televisivi dell' anziana scrittrice Barbara Alberti a prendere il sole sull' "Isola dei dimenticati dal gossip". Nel film si esibisce sul palcoscenico e tra il pubblico completamente nudo ma con il suo ultimo libro in mano. E continiamo a prenderci per i fondelli.

 

Secondo il cinecritico Paolo Mereghetti quel famigerato "Prof.no tuttologo" risulterebbe in questo film addirittura "più odioso dell' originale" anche se nel film non stupra nessuna capra in piazza e, strano ma vero, non urla e insulta poco. Sempre secondo Mereghetti "Mutande Pazze non è un film". Ma allora cosa sarebbe? Sicuramente non è una commedia erotica, nonostante il titolo bizzarro. Secondo me è farsa satirica all' americana con un greve umorismo italiano da anni settanta-ottanta, più indigesta di una peperonata a mezzanotte. In mezzo a questo repertorio di squallidi personaggi, vengono rappresentate le noiosissime vicende di due giovani aspiranti soubrette (Deborah Calì e  Eva Grimaldi) intente a sedurre politici e registi oltre a degli altri soporiferi drammi di una conduttrice televisiva esaurita (Monica Guerritore) una tipa acida e arrivista male ispirata a giornaliste del momento come Lilly Gruber e Carmen Lasorella, che anche il marito abbandonerà, dopo averla tradita con una più giovane nella vasca da bagno di casa ma era più scandalosa la Gilda di Rita Hayworh. 

 

Forse per far riprendere coscienza al malcapitato spettatore ormai in coma profondo, esplode uno scontro finale fra "VIP" (Very Idiot People) e aspiranti puttanoni dello spettacolo cinetelevisivo con esplosione di tettone al silicone colpite da un bottiglione al ritmo di una nota canzone di Toto Cutugno dedicata al nostro Belpaesone. In questa mega rissa da discoteca e stadio, il noto critico d' arte televisivo se la caverà beccandosi una raffica di sberle provando persino piacere. In mezzo a tutto quel casino di culoni e tettone si intravede il regista scopritore di giovani posteriori femminili Nando Crass, che dopo aver preso un piatto in testa dalla sorella sfigata della Sora Lella si attacca alle chiappe di una tettona urlando "Viva il culo!". E meno male che in tivù quel vecchio regista veneziano si è visto molto poco. Scena finale: Le tettone della Calì che esplodono colpite da una bottiglia vuota lanciata da quella sottospecie di "fratello ubriaco" di Califano e Funari.

 

   Pochi anni dopo l'uscita di Mutande Pazze quel famigerato e prezzolato gangster da salotto mondano e tuttologo televisivo, in questo film così ben rappresentato fisicamente, divenne ancora più famoso, a differenza del regista di questo obbrobrio. Come si domanda la Guerritore nel film con in mano l'omonimo ortaggio c'è da chiedersi "Il finocchio fà male?". Forse il fine giustifica il mazzo che si fa lo spettatore nel vederlo ma quando un critico tuttologo esordisce come regista può anche fare di peggio dei più noti registi di cinepanettoni vari. L' unica domanda che sorge spontanea al malcapitato spettatore di questo film è se era proprio necessario buttare via sessanta milioni di estinte £ire (pari a 60.000 Euro) per rappresentare della gente così insulsa e dei luoghi comuni da "Bar dello Sport". L' unica risposta plausibile è che l' unico film dell' esordiente D'Agostino voleva essere la sua severa critica di così tanto squallido malcostume, esibito per molto tempo sui nostri schermi cinematografici e televisivi ma qui si tocca il fondo della peggiore pagliacciata da cinepanettone e della più noiosa soap-opera televisiva, che non diverte ne tantomeno fa riflettere.  Forse il Professor Sgarbi ringrazia ancora quel suo vecchio nemico per così tanta pubblicità indiretta anche se questo film fu subito e giustamente dimenticato, salvo per finire nelle classifiche del peggio del cinema. Giudizio critico: AAAHHHRRGG!!!... GGGGHHH!!... PLOF ! 

Rilevanza: -1. Per te? No

Paganini

  • Drammatico
  • Italia, Francia
  • durata 82'

Titolo originale Paganini

Regia di Klaus Kinski

Con Klaus Kinski, Deborah Kinski, Bernard Blier, Dalila Di Lazzaro

Paganini

In streaming su Infinity Selection Amazon Channel

Quando un ormai vecchio attore tedesco di origine polacca (nato nel 1926 vicino a Danzica) del genere caratterista antagonista si crede di essere anche un grande regista di "memorabili kolossal" come questo, probabilmente ispirato al più celebre e premiato "Amadeus" di Milos Forman, con delle ambientazioni buie oppure solari da spot dello spumante, in questo caso talmente lento nella narrazione da sembrare interminabile. Pare che il noto regista tedesco e suo amico Werner Herzog, quando lesse il primo soggetto del film di Kinski, un attore da lui già diretto in cinque film, lo buttò via subito. Il Niccolò Paganini di Klaus Kinski sembra piuttosto uno scimmiesco incrocio fra Alice Cooper, Mister Hyde e Iggy Pop con i dentoni finti, uno scopettone nero in testa e la voce di una vecchia befana tedesca (in questo film Kinski non è doppiato forse perchè i dialoghi sono ridotti al minimo ma il suo italiano stentato rivela subito la sua nazionalità diversa da quella del personaggio interpretato nel suo film).  

 

Più che un violinista italiano di metà ottocento é una via di mezzo tra un vecchio mandrillo scappato dallo zoo e un povero pazzo evaso dal manicomio dopo anni d'isolamento: Passeggia quasi sempre vestito di nero e tra un concerto e l' altro sodomizza senza pietà le ammiratrici ninfomani, lecca le tettone della giovane moglie nuda in mezzo ai campi, scandalizza in sua assenza una giuria di vecchi giudici in riunione per decidere il verdetto del processo che lo vede imputato per delle relazioni con giovani donne, fugge da gruppi di vecchi ammiratori, provoca a distanza degli intensi orgasmi alle sue giovani ammiratrici, si fà ammirare in posa da un gruppo di bambine curiose, degusta in carrozza dei formaggi con i vermi, striscia sui muri, fa il pediluvio con le scarpe ai piedi e infine ormai malato muore sputando sangue ma continuando a sviolinare davanti al figlioletto sconvolto. 

 

A parte questi particolari grotteschi, il celebre violinista italiano è rappresentato da Kinski come un libertino nevrotico che passa la vita a viaggiare in carrozza per andare a suonare e a trombare, trascurando la bella e giovane moglie e il figlio piccolo, pur essendo a casa un marito innamorato e un padre affettuoso. Ben confezionato il completo da becchino ottocentesco di Kinski-Paganini con un nero cilindro lungo un metro per farlo apparire meno basso. Alcune sue frasi memorabili: "Quando suono il violino il mio membro diventa eretto... Il violino è come un cuciolotto... L' Italia è il regno dellla musica e del foco... Devo andare in America e in Rusia". E' altrettanto probabile che il vero Paganini si rivolta ancora nella tomba per essere stato scambiato da Kinski per Casanova, il marchese De Sade e Von Masoch. Come fisicità non siamo lontani da certe rappresentazioni grafiche del vero Paganini, molto magro, con i neri capelli lunghi e un grosso naso aquilino, che sicuramente non era un ideale di bellezza maschile. Pare che fosse soprannominato "Il violinista del diavolo" più che per il suo aspetto sinistro per certe sue note sinfonie dai ritmi frenetici piuttosto insoliti per l' epoca, un innovatore della musica classica e non un personaggio da film erotico.

 

  Tipico esempio di falso capolavoro, in questo caso addirittura annunciato e presentato al Festival del Cinema di Cannes, in realtà un atroce melodramma musicale "erotico" e involontario film tragicomico con delle lunghissime sequenze al ralenti oppure traballanti ma tutte con il continuo sottofondo del violino del maestro Salvatore Accardo. Pur durando meno di due ore, il film di Klaus Kinski è così lento e noioso da essere paragonabile a un film di durata doppia, talmente inguardabile da far rimpiangere altri soporiferi e snobbati film storico musicali d' autore, compresi quelli sul giovane Toscanini e del leggendario pianista sull' oceano, visto che per molte scene senza capo ne coda sembra più adatto il commento fuori campo della Gialappa's Band e degli SquallorKinski fece una brevissima conferenza stampa sul suo primo film da regista in una sala semideserta per poi andarsene via subito insieme alla sua giovane compagna ventenne Debora Caprioglio, dopo aver dichiarato : "Le festival est triste, est terrible pour tout le monde, les enfants... Ma je ne parle plus pàs! Merdà!!!!....  Je suis fatiguè a venir ici! Cretièn!..Idioten! Analfabète! ... Mongolooide!". Ovviamente il suo film fu scartato subito dalla giuria ma pare che Kinski lo seppe per ultimo e s' incazzò di brutto. Forse era rimasto profondamente deluso dallo scarso interesse rivolto dai critici e dai giornalisti alla sua opera prima ma era più probabile che si trattava solo di una delle sue tipiche sfuriate lunatiche che oggi sono adirittura imitate da un comico televisivo tedesco come esempio di grottesco esibizionismo estremo.

 

  Pare che la "trama" del film sia molto più ispirata all' autobiografia di Klaus Kinski, un best-seller tedesco talmente pieno di balle da fare invidia al Barone di Munchausen ma il montaggio selvaggio fa dimenticare completamente ogni intreccio logico ed eccesso visivo dato che sembra girato da un "regista sperimentale" che non ha scartato nulla, nonostante il valido supporto artistico e tecnico. Secondo il cinecritico Morando Morandini "Kinski usa la cinepresa come un mitra e ricorre al ralenti come un ubriaco ricorre alla bottiglia". Se durante le riprese il protagonista e regista Kinski era sempre sbronzo non c'è molto da stupirsi. Un cinecritico dilettante lo ha recensito così: "Un ottimo regalo per il vostro peggior nemico".  Infatti fu un inevitabile insuccesso ignorato da tutta la critica e dalla maggior parte del pubblico, poi inutilmente distribuito in due versioni per l' home-video, una censurata in italiano e l' altra vietata ai minori in lingua originale. 

   

Finito anch'esso nelle hit-parade dei film più brutti della storia del cinema pubblicata sulla rivista "Ciak" insieme a film come la demenziale parodia western "Arrappao"  di Ciro Ippolito e l' assurdo horror "Nosferatu a Venezia"  di Augusto Caminito sempre con protagonista Klaus Kinski girato poco tempo prima, altrettanto brutto ma sicuramente più "logico" e guardabile se si fa il paragone con "Paganini", un film storico-musicale dalla trama quasi indefinibile e pieno di situazioni insensate buttate a casaccio. Tra le scene più "memorabili" quella in cui Paganini suona al violino l' inno nazionale tedesco "Deutschand, Deutschland Uber Alles" al posto di un piccolo violinista di strada per poi donargli le offerte dei passanti e dire a loro: "Signori, Paganini se ne va, andate a casa per la cena". Chissà se si riferiva anche agli spettatori, già in coma profondo dopo il primo tempo del suo film, che probabilmente è piaciuto veramente solo a lui, ostentatore di un gusto personale decisamente pessimo.

 

   Debora Kinski è in realtà una futura attrice italiana di Tinto Brass all' epoca compagna poco più che ventenne dell' oggi mal ricordato (sopratutto dalle figlie e da morto) "attore maledetto" (sopratutto da molti registi che lo hanno diretto, compreso il citato amico Werner Herzog). Nel cast compaiono anche il piccolo figlio di Kinski Nikolai, Dalila Di Lazzaro travestita da Lady Oscar, Furio & Furia (i cavalli selvaggi di Cicciolina che ovviamente s' ingroppano in una scena) e una nobile donzella di campagna (Beba Balteano) guardacaso somigliante alla più nota figlia Nastassia, anche lei sodomizzata con fuga dal maestro dell' archetto. Un altra scena involontariamente grottesca, con lei che lo supplica in ginocchio di rimanere mentre i suoi genitori inorridiscono al piano di sotto. Forse è stata l' unica volta che Paganini ha ripetuto. Tutto perchè il vero Paganini aveva la fama di donnaiolo ma come attendibilità storica siamo molto al di sotto di quella di registi più "esperti" come Carlo Vanzina e Franco Zeffirelli, tanto per fare un paragone che la dice lunga.

 

   Tra gli interpreti di secondo piano (due o tre battute ciascuno) due vecchi attori francesi che accettarono di prendere parte a questo sciagurato film nella speranza che fosse diretto da un regista talentuoso o almeno capace. Pare che sia stato l' ultimo film interpretato da Klaus Kinski e dall' attore francese Bernard Blièr, che sarà morto anche per la vergogna di aver partecipato a questo fiasco. Il mimo francese Marcel Marceau si nota ancora di meno perchè non parla. Sulle attrici del film (Debora Caprioglio, Beba Balteano, Tosca D'Aquino, Eva Grimaldi, Dalila Di Lazzaro e la cantante Donatella Rettore) è meglio togliere quei veli pietosi, essendo soltanto delle comparse o partner occasionali in brevi scene di sesso con il personaggio protagonista girate in maniera a dir poco amatoriale. Infatti nessuna di loro si nota, a parte la Caprioglio che nel ruolo della moglie del violinista dice qualche battuta.

 

   Pare che durante le pause delle riprese, il sedicente grande regista esordiente si chiudeva sempre a chiave con lei evitando qualsiasi contatto con la sua troupe, con la quale non voleva mai discutere ne accettare dei consigli. Impose alle comparse di non truccarsi per ragioni di realismo scenico e proibì l' uso del ciak durante le riprese perchè il rumore di quell' attrezzo lo infastidiva. Il film fu girato in Italia, prevalentemente in zone campestri deserte e isolate e in location particolari, come le antiche calli di Venezia e l' interno del Teatro Regio di Parma che il "neoregista" volle illuminato solo dalle candele, girando le scene con dietro un reparto di pompieri pronti a intervenire in caso d' incendio. Secondo la Di Lazzaro, Kinski spese una enormità per un film orrendo che poi andò malissimo, costringendo la troupe a compiere degli estenuanti spostamenti con carrozze e cavalli in località impervie e poco accessibili anche con i moderni mezzi di trasporto. In quel periodo non si trovava un regista e un produttore disposti a dirigere e tantomeno finanziare un film con Klaus Kinski, ormai sempre più pazzo e ingestibile come attore, sopratutto perchè essendo ormai vecchio era stanco di recitare dei ruoli più o meno simili da lui non graditi. 

 

   Kinski aveva già partecipato a più di un centinaio di film di vario genere, perlopiù drammi e gialli tedeschi oppure film di guerra e western italiani, con delle interpretazioni talvolta convincenti  o almeno accettabili ma come regista esordiente siamo ai livelli di un dilettante allo sbaraglio convinto di essere un genio della regia. D' altronde ripercorrere la sua lunga carriera è un viaggio nei bassifondi del cinema commerciale europeo a basso costo, salvo delle rarissime eccezioni. Relegato per molti anni nei ruoli di cattivo e di mostro in pellicole scadenti oltre ogni dire, Kinski non si sentiva mai realizzato e valorizzato ma piuttosto sfruttato male per ragioni economiche da registi mediocri, interpretando sempre dei ruoli secondari di antagonista che probabilmente non gli piacevano per niente. Ovviamente con quella faccia che aveva non poteva aspirare a ruoli da protagonista, tantomeno nei panni di un celebre artista o di un leggendario playboy del passato.

 

   Sulla sua inquietante presenza e pessima fama di pazzo lunatico Kinski ci ha pure speculato tanto, scrivendo delle compiaciute autobiografie piene di autoesaltazione mitomane, compiaciuta depravazione ed episodi traumatici inventati, tutte cose poi smentite dagli amici, dal figlio Nikolai e dai fratelli ma che invogliarono le due figlie attrici Nastassia e Pola, abbandonate dal padre in tenerà età, a sputtanarlo pubblicamente accusandolo di abusi incestuosi e pedofili dieci anni dopo la sua morte per infarto, avvenuta nella sua villa in California (USA) nel 1991. A scanso di equivoci, Klaus Kinski lasciò la moglie e le due figlie piccole per sposare a Venezia una fotomodella franco-vietnamita venticinquenne. Più o meno la stessa età della sua ultima compagna italiana, anche lei scelta anche per la sua vaga somiglianza con l' amata-odiata figlia più bella e famosa. Probabilmente questo assurdo film storico-musicale, pare ideato da Kinski già negli anni cinquanta ma da lui diretto e interpretato a fine carriera, abbia rappresentato, oltre che il capriccio di un sedicente divo incompreso, anche la sua premeditata vendetta personale contro tutti, spettatori compresi. 

 

  Un' opera prima e per fortuna unica vivamente sconsigliata a tutti gli appassionati di musica classica e di cinema in costume. Con questo e i pochissimi altri film dedicati a questa figura musicale storica italiana, compreso un altro orrore di film horror made in Italy ("Paganini Horror" di Luigi Cozzi) c'é veramente da chiedersi cosa avrà mai fatto di male in vita sua quel maestro genovese del violino, un famoso musicista dalla breve vita compromessa da gravi malattie allora incurabili... Assolutamente nulla! Forse anche per rimediare a questi deliranti oltraggi visivi, nel 2016 il regista inglese Bernard Rose girò in Germania un film biografico su Paganini che, anche se poco visto, è sicuramente più guardabile di quello del "mostriciattolo sacro" tedesco, consigliabile solo ai sadomasochisti visivi. Giudizio critico: UN DELIRANTE, INGUARDABILE E SOPORIFERO INCUBO CINEMATOGRAFICO PREMEDITATO DA UNA MENTE SCONVOLTA DA MAGALOMANIE E OSSESSIONI PERSONALI.

Rilevanza: -1. Per te? No

Arrapaho

  • Grottesco
  • Italia
  • durata 98'

Regia di Ciro Ippolito

Con Alfredo Cerruti, Daniele Pace, Totò Savio, Giancarlo Bigazzi, Tinì Cansino

Arrapaho

Assurdo filmetto a bassissimo costo del genere comico parodistico demenziale su due o tre tribù di improbabili indiani napoletani gay, playboy o falsi saggi ma sicuramente più scurnacchiati che arrappati, forse degenerata da troppi filmetti locali di canzuncelle d' ammore e sceneggiate melodrammatiche oppure dalle disco dance del genere "Commanceros!!! Commanceros!! Commanceros!" di gran moda in quei vuotissimi anni 80. Ma forse questa strana ispirazione risale a un più celebre e datato film parodia western americano, nel quale si era già visto un capo indiano Sioux con i tre colori verde, bianco e rosso in faccia e un marcato accento siciliano, il cui urlo di guerra era "Liimoonaroo!", interpretato dal regista Mel Brooks.

 

   Ultimo esempio di sottospecie di parodia in costume, incredibile ma vero, più visto nelle sale di altri film di registi e attori all' epoca più famosi (compresi Jean Luc Godàrd e Arnold Schwarzenegger) incassando ben cinque miliardi delle vecchie e scomparse £ire. Forse si tratta di una leggenda ma se questo film è rimasto delle settimane nei cinema di terza visione è già di per se un grande traguardo. Nonostante l'ambientazione western questo film si inserisce piuttosto nel sottogenere delle commedie sui cavernicoli preistorici (Da "Quando le donne persero la coda" con Giuliano Gemma fino a "Grunt!" con Andy Luotto). Un grande successo dato che è costato come una puntata di una sit-comedy televisiva e oltretutto le parodie degli ormai stravisti e dimenticati film western erano fuori moda da un pezzo, così come i tanti film comici nostrani a base di parolacce e gags volgari di moda alla fine degli anni settanta. Ma nel 1985 anche le più sofisticate ma spesso ripetitive commedie nostrane cominciavano già ad annoiare il grosso pubblico, sempre più attratto da film di tutt' altro genere made in USA. 

 

   Il più economico "Arrappao" venne girato fuori Napoli in un prato dietro a una collina vicino a un boschetto attraversato da un ruscello, "abbellito" da quattro capanne e un totem fallico, con la partecipazione saltuaria di una mandria di cavalli, poi integrato da alcuni brevi spezzoni tratti da un vero film western sugli indiani ("Soldato blu" di R.Nelson). Anni dopo venne inserito nelle classifiche dei cinquanta film più brutti della storia del cinema nell' appposita hit-parade pubblicata da una diffusa rivista mensile specializzata in film di tutt' altro genere e qualità. La storia d' amore, interrotta da finti spot e storielle d' altro genere, che termina con il muscoloso e abbronzato Arrappao che sposa a teatro Scella Pezzata, la bella della tribù promessa invano al brutto Cavallo Pazzo (il quale rimasto da solo si attacca al...la penna) è solo un pretesto per intrecciare a caso una serie di gags spesso e volentieri senza senso e riempire gli ottanta minuti scarsi del film. 

 

   I protagonisti: Urs Althaus (Arrappao) un ex calciatore e fotomodello africano nato nel cantone tedesco della Svizzera, imponente ed espressivo come un totem o un indiano di legno offrisigari del saloon - Tinì Cansino (Scella Pezzata) una fotomodella italogreca ritenuta da alcuni una falsa parente di Rita Haywort (vero nome Photina Lappa) che divenne poi nota per le sue forme altrettanto espressive esibite per alcuni anni nel popolare show comico televisivo Drive-In. Anche gli altri "nomi indiani" sono stati inventati al Bar Napoli: Barra Tragica, Cagna Rognosa, Capo di Bomba, Cornetto Solitario, Filumena Marturano, Latte Macchiato, Linguamatic, Luna Caprese, Mazza Nera, Palla Pesante. Gli altri attori sono comparse da discoteca gay e nosocomio-ospizio per vecchi. Cast femminile ridotto al minimo se si esclude la Cansino. Tra gli altri personaggi asolutamente fuoriluogo un pendolare che insegue il tram, un milionario che si becca per telefono gli insulti del figlio esaurito in vacanza a Rio, un televenditore di prodotti anticalvizie, i parenti della sposa venuti da Posillipo e un falso russo con il colbacco, la slitta e l' accento toscano. 

 

   Commento fuori campo da post-sbornia e dialoghi deliranti di rara demenza del genere "Supercazzola partenopea"... Per esempio: "E dove finirono le lacrime di Scella?.. In cima a stò cazz! - Dimmi figlio a chi vuoi più bene? A mammà o a papà? A Pippo Baudo! Mavaffangùl!". Secondo alcune indiscrezioni per le gags il regista si sarebbe ispirato alle scritte notate sui muri dei cessi delle scuole medie inferiori di Torre Annunziata. Infatti sembra di vedere un film "diretto" da un Pierino napoletano che vuol vendicarsi del professore che lo ha costretto a vedere un film western sugli indiani. Paragonate ad "Arrappao" le più stupide parodie western nostrane sembrano film di Woody Allen. Il finale del film non si svolge sulle montagne dell' Oregon e nemmeno sulle pendici del Vesuvio ma in un teatro durante la rappresentazione dell' Aida di Verdi. Per qualcuno è addirittura un coraggioso film antiomofobia politicamente scorretto ma piuttosto che vederci chissà cosa in questo film vale la pena citare quella celebre frase di un trio comico napoletano un tempo celebre in televisione: "Sarà... Ma a me ma pare nà strunzata!".

 

   Un film che comunque anticipa certi ridoppiaggi comico demenziali dialettali degli spezzoni di più famosi e apprezzati film, oggi visibili sui canali video web.  Colonna sonora di un gruppo locale folk-pop demenziale, meglio noto come Gli Squallor, consulenti artistici e musicali del regista, compresa la voce narrante di Daniele Pace, l' interprete dello scazzoso capotribù Palla Pesante, che "delizia il pubblico" con delle perle di scemenza o meglio pirlate e strunzate dette al  grasso figlioletto Capo di Bomba e a due giovani novelli sposi della tribù dei Froceienne. (Cornetto Solitario e Latte Macchiato, un duo da bar azzeccato) Alcuni dei titoli più rappresentativi dei titoli degli album degli Squallor: "Albachiava", "Anche i ricchioni piangono", "Cappelle", "Cielo Duro", "Manzo", "Pompa" e "Tromba" , titoli che la dicono tutta sui testi comici delle loro canzoni. Un complesso d' inferiorità demenziale e musicale che pochi anni dopo contribuì all' incredibile successo di cantanti come Jovanotti nella sua prima versione deejay-rapper americano e Francesco Salvi, un ex comico del Drive-In noto per il suo celebre pezzo"C'è da spostare una macchina!" in vetta alle classifiche per mesi.

 

    Non venne vietato nemmeno ai minori di dieci anni talmente era o' scemo più che osceno. La canzone O' tiempo se ne va non ha nessun riferimento con le vicende mostrate ma solo con la protagonista femminile e la sua parte più interessante. Su tutto risalta solo la Cansino nuda in una breve scena con quel sottofondo musicale ma spiace per lei sentirla dire certe battute come queste:"Cavallo Pazzo m' ha rotto o cazzo! Leccami stà capella!". Le altre scene sono tutte da recita scolastica delle elementari con attori che si sforzano di non ridere mordendosi le labbra. Nei ringraziamenti dei titoli finali compaiono nomi e cognomi di famose star e registi del cinema americano che ovviamente con questo film non hanno niente a che fare. Di recente il regista ha dichiarato che dopo il successo del suo film più famoso (si fa per dire) ha subito delle pesanti critiche e censure ma probabilmente solo da parte di qualche membro del cast.  Secondo il cinofilo (trashologo) virtuale Lord Auctòn Serlilàn, dietro la voce narrante fuori campo del film si celerebbe l' imitazione di un allora famigerato boss della camorra, oggi sepolto e dimenticato dalla maggior parte dei suoi concittadini dopo essere morto di Covid-19 in carcere, imitato dopo una striscia di bicarbonato e una siringa di segatura.

 

    In realtà questo film fece dimenticare tanti altri film Made in Napoli molto più seri, come i musicarelli con Nino D'Angelo e i film di sceneggiate "interpretate" e cantate da Mario Merola. Altrettanto dimenticati sono gli altri meno noti film di Ippolito, meno di dieci titoli che vanno da "Alien 2 sulla terra""Lacrime Napulitane", "Uccelli d' Italia" e "Vaniglia e Cioccolato". Sempre secondo il cinofilo-trashologo sopracitato pare che dopo aver girato altri film di vario genere più banali e meno fortunati il regista si diede alla ricerca e coltivazione di rare specie botaniche indio-partenopee come l' Erba dei Visconzi e gli Spini di Capro (cazzate sentite nel film quando la voce narrante non sa cosa dire). Sicuramente lo spirito di Buffalo Bill ringrazia ancora il regista, al quale dei veri indiani americani non gli ne poteva fregare un cactus. Giudizio critico: SARA'... MA A ME MA PARE NA STRUNZATA !!!

Rilevanza: 1. Per te? No

Pierino il fichissimo

  • Comico
  • Italia
  • durata 89'

Regia di Sandro Metz

Con Maurizio Esposito, Adriana Russo, Tuccio Musumeci

Pierino il fichissimo

Se pensate che il Pierino di Alvaro Vitali sia stato il peggiore di tutti i personaggi più volgari della commedia italiana del secolo scorso, guardatevi pure questa pessima imitazione interpretata da un tappo vagamente simile all' attore pasoliniano Ninetto Davoli, che visto oggi sembra soltanto un falsissimo bimbominkia. Tipico film bidone da cinema di terza visione, girato tanto per fare dei soldi facili sulla scia del breve successo di un personaggio da libro di barzellette volgari, senza impegnarsi e spendere troppo per un pubblico di bocca buona che riempiva le sale dei cinema di campagna e periferia soltanto per riposarsi dopo un pranzo in trattoria, roba per coppiette e ubriachi.  Battutine del genere: "Pierino cosè questo? Un nuovo robot? Come si chiama? - Si chiama Cazzinga e ci gioca tua sorella!"Il film si conclude con il falso Pierino che annuncia le ultime notizie mentre vende i giornali per la strada: "Pioggia di merda a Roma! Una vacca accecata da un tappo!". Ambientato non tanto nella solita scuola ma in una osteria frequentata da vari tipi da barzelletta: Camionisti, carabinieri, beduini, matti, sposini, ecc... Tra questi si vede anche un matto che si crede Napoleone e una brutta copia milanese di Fantozzi con una cuffia da piscina in testa. Colonna sonora da radiosveglia forse peggiore dei rutti e delle scorregge finali a volontà. Per quanto riguarda la "trama" ho già scritto tutto e sugli interpreti principali è meglio stendere un velo pietoso. L' attore protagonista finì in televisione a presentare dei programmi per bambini.

 

 Uno dei tanti sconosciuti quanto incredibili sottogeneri d' imitazione del cinema commerciale italiano da due soldi che in questo caso ha prodotto altri due film altrettanto pessimi: Uno con il comico toscano Giorgio Ariani, un grasso sosia cappellone di Ollio senza i baffetti e un altro al femminile con una nana quattrocchi dai capelli rossi intitolato Quella peste di Pierina (1982 di Michele Massimo Tarantini). Nell ' altra imitazione con il grasso clone maschile si sentono delle "battute" sui nomi dei cinesi tipo: Chicagapocofapocomoto e Ciòilfurgoncin. Più che all' osteria con quest' altro falso Pierino siamo all' asilo. Successivamente Ariani riscattò la sua carriera imitando Ollio in televisione insieme a Enzo Garinei nel ruolo di Stanlio. Il vero Pierino come regista non avrebbe fatto di peggio, dato che si tratta di maldestri scopiazzamenti da somaro della classe, ovviamente incluso questo film diretto dall' ex aiuto regista e sceneggiatore Sandro Metz.

 

    Ma non c'è da stupirsi più di tanto, dato che l' originale ha riscosso un discreto successo di pubblico mentre oggi l' ex Pierino Vitali si dissocia completamente da questi falsi fratelli minori. Se hanno imitato la più popolare coppia di Bud Spencer e Terence Hill con due controfigure protagoniste di qualche film da bancarella dell' usato in svendita, con quel personaggio comico molto meno dinamico sarà stato sicuramente più facile, anche se non sarà mai la stessa cosa. Strano ma vero, un film trash più brutto di tanti altri film da due soldi ma ancora oggi sconosciuto anche ai redattori delle classifiche dei film più brutti della storia del cinema, talmente è stato subito dimenticato dai pochi malcapitati che lo hanno visto. Giudizio critico: PRRRAAAMMM !!!

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Joan Lui - Ma un giorno nel paese arrivo io di lunedì

  • Musicale
  • Italia
  • durata 115'

Regia di Adriano Celentano

Con Adriano Celentano, Claudia Mori, Federica Moro, Gian, Marthe Keller, Sherri Anderson

Joan Lui - Ma un giorno nel paese arrivo io di lunedì

Il Vangelo secondo Adrian o meglio secondo Geppo il Folle. Dopo averlo visto gli spettatori e i cinecritici di qualsiasi area furono tutti concordi nello stroncarlo inesorabilmente.  Film musicale diretto, interpretato e scritto da Celentano con delle allucinanti coreografie trash post-atomiche (penose ma costate sicuramente moltissimi miliioni di vecchie £ire anche se sembrano costate quattro soldi) che fanno da sfondo ai minacciosi sermoni qualunquisti di Jesus Adriano Superstar contro capitalisti, politici e mass-media, questi rappresentati da due grandi testate nazionali: Il Corriere dell' Ovest (DC=USA) e Il Corriere dell' Est (PCI=URSS). Satana è rappresentato da un dark orientale (il Made in Cina o  soltanto un venditore di cravatte in quel de Milàn?) che si contorce vomitando alla vista del Messia Molleggiato e dei suoi fans. Quel demone orientale verrà colpito da un raggio deformante dopo che aver oltraggiato Celentano crocefisso diventando storpio ma verrà guarito dal risorto messia della musica leggera italiana con tanto di ferite sui palmi delle mani. Probabilmente solo gli atei ringraziano ancora Celentano per questo film.

   

   Se alcune canzoni di Celentano sono indovinate, certe coreografie trash del film commentate da quelle musiche, come quelle della scena della cacciata degli avventori del bar davanti al tempio, sono da antologia del pessimo gusto italofiloamericano più pacchiano che ci sia mai stato in quegli anni vuoti di idee nuove. Roba da far rimpiangere i balletti dello show televisivo "Fantastico". Scenografie e comparse da film d' azione avveneristico all' americana, con grandi elicotteri militari che svolazzano sopra a dei paesaggi portuali, ballerini e ballerine travestiti in divise di fantasia di ispirazione tedesco-americana o da avvenenti suore con pochi veli, guerriglieri alla Che Guevara e poliziotti armati di mitra, tutti in pose grottesche.

 

   Tra le discepole più interessate alle prediche ballerine di Joan Lui alias Adriano Celentano si notano la moglie Claudia Mori, l' ex promessa svizzera di Hollywood Marthe Keller e l' allora giovane Federica Moro. Tra gli altri interpreti più o meno visibili la futura moglie di Vittorio Cecchi-Gori Rita Rusic, Gian Fabio Bosco senza Ric e i comici del popolare Drive-In televisivo Gino Cogliando, Edoardo Romano, Francesco Salvi e Mirko Setaro. Alla domanda "Perché succede tutto questo?!" Gian si limita a dire "Sarà un discendente di Attila, guardi che tempo!". La stessa domanda se la sono posta anche gli spettatori del film. La morte in diretta  televisiva del Nuovo Messia di Se Stesso e del Pop-Rock  provocherà una tempesta divina che distruggerà le redazioni dei due giornali in un finale apocalittico che ricorda quello del più riuscito film satirico musicale religioso "Il Papocchio" di Renzo Arbore. 

 

   Ma Adriano sa essere anche modesto quando non parla, specialmente se ogni riferimento a quel più celebre film musical religioso americano (Jesus Christ Superstar) non è puramente casuale. Vada per lunatici playboy ma interpretare un nuovo messia della musica leggera e del qualunquismo sembrò a molti un tantino esagerato. Dopo aver visto questo film tante domande sorgono spontanee: Ma chi gli l' ha fatto fare a Celentano di interpretare questa inguardabile assurdità? Forse voleva un altra dura prova di assoluta devozione dai suoi fans? Magari la fedeltà di quelli che secondo alcuni pagarono per partecipare come comparse nel suo poco visto film musicale "Geppo il Folle" ? Cosa c' entrava Celentano con Gesù Cristo e la religione cattolica a parte qualche rarissima quanto breve apparizione in due commedie vestito da falso frate o da falso prete? Sarà stato solo un altro espediente per attirare l' attenzione su di sè. Altro esempio di falso capolavoro annunciato e inevitabile fiasco garantito che decretò il prepensionamento cinematografico dell' attore cantante milanese-pugliese e l' inevitabile ascesa della Madonna, ovvero dell' attrice e cantante pop star italo-americana Louise Veronica Ciccone. 

 

   Dopo questo disgraziato fiasco kolossal Celentano interpretò altri film di scarso successo ma senza nessun riferimento auto mistificatorio, tornando a rifare il personaggio dello scontroso finto cinico con bionda fotomodella al suo fianco nel film "Il Burbero" di Castellano e Pipolo ma il suo ultimo film ("Jackpot" di Mario Orfini) secondo molti fu anche più brutto e meno visto degli altri, compresi anche i film più assurdi della sua carriera come "Zio Adolfo in arte Fuhrer" (leggere, se interessa, la mia recensione). Visto oggi "Joan Lui - Ma un giorno arrivo io di lunedì" sembra il precursore di "Adrian", il più recente cartone animato di Milo Manara con protagonista il giovane Celentano nei panni di un giustiziere mascherato nella Milano del futuro, trasmesso in poche puntate e poi scomparso dai teleschermi per un brusco calo di ascolti da dieci a zero telespettatori. Un altro grosso fiasco autocelebrativo e qualunquista dell' ex molleggiato oggi denigrato e sfottuto senza pietà sui canali video da tutti i critici di opere visive da discarica. Pare che questo film sia piaciuto solo in Germania e in Russia. Giudizio critico: GOODBYE E AMEN ADRIAN !

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Bambola

  • Erotico
  • Italia, Francia, Spagna
  • durata 96'

Titolo originale Bambola

Regia di Bigas Luna

Con Valeria Marini, Stefano Dionisi, Anita Ekberg, Antonino Iuorio, Jorge Perugorría

Bambola

In streaming su Infinity+

Film accolto con sonori fischi, insulti e  grandi risate al Festival di Venezia alla vista della famigerata scena della Marini "violentata" con delle più espressive anguille da un calvo sosia spagnolo di Luca Montalbano Zingaretti (Jorge Perrugorìa... Un cognome che sembra la definizione spagnola di una malattia dei cani). Intervistata dopo la proiezione del film, tra fischi e urla in sala, la sorridente Valeria si domandò "Chissà se è piaciuto". C'è invece da chiedersi se le malcapitate anguille una volta usate in quella scena oscema, sono state poi buttate a mare o date in pasto alla troupe, così almeno sono servite a qualcosa di utile. A parte un brutto cameo della Ekberg (la mamma di Bambola, una truce vecchiaccia che trancia anguille e spara fucilate provocando esplosioni spettacolari tra una imprecazione e l'altra, morta nel film dopo questa sequenza) oltre alla Bambola i personaggi maschili sono delle grottesche macchiette del genere gay (Stefano Dionisi) criminali in calore (Jorge Perrugorìa) e idioti gelosi della sorellona (Antonio Iuorio). 

 

    Erotico come la mortadella del manifesto. Ambientazione nelle desolate paludi del Comacchio romagnolo per evidenziare meglio questi squallidi personaggi. I film di Tinto Brass e Rocco Siffredi impallidiscono di fronte a questo falso capolavoro erotico annunciato subito rivelatosi un involontario film demenziale d' autore. Dimenticabile la scena finale del brutale e sempre arrappato Perrugorìa che armato di pistola insegue per le campagne in accappatoio la tanto desiderata Bambola non contento di averla ripetutamente sodomizzata (o marinata?) con le viscide anguille urlandogli "Bamboolaaa!!! Starò qui fino a quando non mi funziona più la minkia!!! Troooiaaa!!!" per poi finire fucilato dal fratello gay. Secondo qualche critico recita meglio di tutti la capretta che la Marini si porta appresso nel film. Giudizio critico: ANGUILLATA PAZZESCA !!!

Rilevanza: 1. Per te? No

Il giustiziere della notte 3

  • Azione
  • USA
  • durata 96'

Titolo originale Death Wish 3

Regia di Michael Winner

Con Charles Bronson, Deborah Raffin, Ed Lauter, Martin Balsam

Il giustiziere della notte 3

In streaming su Amazon Video

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Film sulle ronde del Kansas City, con scenari apocalittici che ricordano piuttosto le deserte città del Medio Oriente distrutte da una interminabile guerriglia urbana che non la periferia di una metropoli americana, interpretato da un attore da tempo in età pensionabile, nato nel lontano 1921. Nella Los Angeles degli anni 80 un esercito di teppisti di varia origine armati fino ai denti con varie armi da guerra e guidati da uno spietato skin-punk dalla fronte pitturata con i pennarelli, domina le periferie minacciando e rapinando gli anziani abitanti mentre quei quattro incapaci della polizia locale se la fanno addosso, altro che il solito gruppetto di teppisti stupratori. Con l' aiuto di un ispettore di polizia e di qualche abitante del quartiere ci penserà l' architetto in pensione e giustiziere a tempo perso Charles Bronson alias Paul Kersey a farli fuori tutti, questa volta con una moderna pistola automatica cromata calibro 44 Magnum già usata dall' Ispettore Callaghan e una mitragliatrice della seconda guerra mondiale perfettamente funzionante, forse un ricordo di guerra di Bronson. 

 

   In meno di cento minuti di film settantacinque (75) morti dei quali una cinquantina uccisi dall' infallibile vecchietto dai baffetti bianchi tinti di grigio perla, compreso il calvo capo dei teppisti, disintegrato da un colpo di bazooka in un appartamento. I pochi cattivi scampati al massacro finale lasciano la scena del crimine con la stessa noncuranza e delusione di un gruppo di clienti di un supermarket arrivati tardi ai saldi di fine stagione. Nel quinto e ultimo capitolo Bronson ne ucciderà meno di dieci ma non nel cortile di un ospizio con un bastone da sparo. A proposito di quest' altro film il cinecritico nostrano Paolo Mereghetti consiglia lo spettatore di cambiare canale. Negli ultimi due capitoli della serie, al posto delle armi da fuoco l' ormai anziano giustiziere della notte userà dei mezzi più sofisticati, come vino alla nitroglicerina, cannoli al cianuro e un pallone esplosivo radiocomandato. 

 

   Come trama siamo più vicini ai film comici della serie "Scuola di Polizia" e a quella di un videogame sparatutto ispirato a Rambo 2 - La vendetta e film derivati con il solito inutile spreco di decine di stuntman spesso stanchi di rifare le stesse scene di cadute libere con urla. Se Chuck Walker Texas Ranger Norris era considerato il Rambo dei poveri nani il vecchio Charles Bronson sembra il presidente dell' associazione degli sceriffi del Far-West in pensione, ormai attaccato al quel ruolo come certi comici televisivi italiani alle figure di certi politici che non hanno mai fatto ridere nessuno, in questo e altri film costretto a rifare più volte quel tipo di personaggio più che altro per arrotondare la sua già consistente pensione di ex divo macho degli anni 60 e 70, fregandosene del soggetto del film, sempre quello. Già il secondo film della serie venne definito dal  cinecritico Tullio Kezich "Uno di quelli che fanno rivoltare nella tomba gli inventori del cinematografo" forse perchè da lui considerato un film portavoce di chissà quali logiche reazionarie della tolleranza zero nei confronti dei criminali. Chissà questo terzo episodio probabilmente destinato a un pubblico di campagna turbato da troppa cronaca nera metropolitana, che visto oggi sembra quasi una parodia demenziale talmente è irreale.

 

Dopo la sua uscita questo film venne stroncato sulle pagine di tutte quelle poche riviste italiane di cinematografia, dagli stessi critici che non si sono fatti dei problemi a denigrare gli altri action-movie americani interpretati da più giovani e acclamati divi del momento come Schwarzenegger e Stallone, allora fisicamente più credibili dell' anziano Bronson. Ma non è tanto importante cosa potrebbe trasmettere questo film (secondo me niente di nuovo) ma è cosa e come lo rappresenta malissimo. A questo punto è meglio cercare di vedere quel più modesto film comico italiano con Franchi senza Ingrassia intitolato "Il giustiziere di mezzogiorno". Giudizio critico: Una alternativa a molti film comici americani con momenti riusciti di involontario umorismo grottesco.

Rilevanza: -1. Per te? No

Horror Movie

  • Commedia
  • Canada, USA
  • durata 108'

Titolo originale Stan Helsing

Regia di Bo Zenga

Con Steve Howey, Diora Baird, Kenan Thompson, Desi Lydic, Leslie Nielsen, Kit Zenga

Horror Movie

IN TV TV8

canale 8 HD 508 altre VISIONI

Dove non sono arrivati registi e attori nostrani come Ezio Greggio con "Il silenzio dei prosciutti" e Jerry Calà con "Chicken Park" ci è riuscito questo film d' imitazione americano-canadese di "Scary Movie" o peggio un film con poche idee ma confuse, vagamente ispirato a delle orride parodie horror americane di serie Z come "Scriek! Hai impegni per venerdì 17?". "Trama": Durante la notte di Halloween, due coppiette di ventenni sono inseguite da altri giovani fulminati e mascherati e finiscono tutti a cantare in un bar-karaoke con Leslie Nielsen travestito da vecchia.

 

   Protagonisti un giovane commesso con il look di Hugh Jackmann versione Van Helsing e il cugino grande e grosso del piccolo Arnold travestito da Superman. Ultimo ruolo per lo scomparso Nielsen e condoglianze anche per questo film. Giudizio critico: Totale mancanza di fantasia al di sotto del nulla assoluto. Una tafanata galattica, tanto per citare il citato Greggio, talmente vuoto e insulso che non meriterebbe nemmeno tre righe di commento. Le due parodie italiane di Calà e Greggio sopracitate sono ovviamente due famigerati film parodistici di indiscussa bruttezza ma almeno rispetto a questo forse hanno qualche idea nuova e qualche raro momento divertente, specie se interpretati o girati da gente con un minimo di esperienza cinematografica sicuramente superiore a quella di questo ignoto Bob Zenga. Ennesima conferma che dagli States ci arriva di tutto, anche i peggiori film della stagione come questa pseudo horror-comedy per sbronzi del sabato sera sotto i vent' anni d' età. Giudizio critico: 0 , ZERO.

Rilevanza: -1. Per te? No

Yes, Giorgio

  • Musicale
  • USA
  • durata 113'

Titolo originale Yes, Giorgio!

Regia di Franklin J. Schaffner

Con Luciano Pavarotti, Eddie Albert, Kathryn Harrold

Yes, Giorgio

Lasciate perdere le solite banali mediocrità new-age di oggi e provate a guardarvi dall' inizio alla fine (se ci riuscite) questo datato film spot sulla grande e grossa figura di un fu celebre cantante lirico italiano ma rigorosamente Made in USA. Nonostante  il notevole aspetto artistico e tecnico questo film fu meno visto di un qualsiasi film musicarello napoletano con D'Angelo e Merola. Trama: Un affermato tenore italiano con problemi di voce ha delle insicurezze di fronte a una esibizione in un grande teatro americano ma con l' aiuto di una bella dottoressa riuscirà a cantare. Il regista di Yes, Giorgio non era un dilettante (Il pianeta delle scimmie e Papillòn) ma il protagonista non poteva fare a meno di cantare per non recitare nel suo primo e unico film da protagonista.

 

Comunque Luciano Pavarotti doppiato da Ferruccio Amendola recita sicuramente meglio di Alberto Tomba ma secondo alcuni qui sembra un personaggio comico meno convincente di quel Dom De Louise protagonista della famigerata opera lirica inglese "The Masked Ball" rappresentata a Londra davanti a Sherlock Holmes e al suo meno furbo fratello interpretato da Gene Wilder. Pare che questo falso capolavoro annunciato e inevitabile fiasco garantito venne poi inserito da una rivista nostrana di satira politica e sociale in una lunga lista di crimini del dopoguerra. 

 

Molti spettatori americani dopo la visione di questo film soporifero sono passati dalla lirica italiana ad altri generi musicali più moderni come il rap-psyco-ska-tekno. La protagonista femminile passò dai Dò di petto di Luciano Pavarotti ai nudi pettorali di Arnold Schwarzenegger nel film "Codice Magnum" un action movie sparatutto molto banale ma sicuramente per lei molto meno noioso del primo e unico film con il compianto tenore italiano. Giudizio critico: Ennesima banale e brutta rappresentazione degli italiani all' estero... Zzzz... Ronf!.. Zzzz... Ronf!.. Povero Pavarotti... Roonzzz... Tornerooo!... Canteròoo!... Vinceròoo!!... Magari al teatro liricooo!!!

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Cannibal Ferox

  • Horror
  • Italia
  • durata 93'

Titolo originale Make Them Die Slowly

Regia di Umberto Lenzi

Con John Morghen, Lorraine De Selle, Brian Redford, Zora Kerova, Robert Kerman

Cannibal Ferox

Signori e sopratutto signore! In questo film di denuncia sui comportamenti animaleschi di certi uomini e animali potrete vedere e ammirare: Un giaguaro che sbrana una bertuccia, un cannibale che mangia dei bacherozzi (grossi vermi) una giovane donna trafitta e appesa per le tette e un assassino psicopatico castrato, mutilato e infine in parte mangiato dai cannibali inferociti prima torturati da lui. Già che ci siamo perchè non includere anche un elefante che caga addosso a un cannibale o magari in testa al regista? Il tutto ambientato in tempi contemporanei al film nella ridente foresta amazzonica del Brasile. Morale del film: "L' Amazzonia è un posto di merda!" (frase ripetuta più volte nel film che peraltro non è da meno) ma il peggiore di tutti è sempre l' incivile uomo bianco che uccide il "buon selvaggio antropofago" e inquina la natura incontaminata anche con questi orrori di film horror.

 

Interpreti rubati al più normale mondo degli hardcore movies (film porno) di una storia che sembra tratta da un vecchio giornaletto da due soldi. Tra questi una attrice franco-inglese (Lorraine De Selle) già vittima di attenzioni di violenti criminali arrapati in altri film drammatici di serie B-Z come "Vacanze per un massacro" e "L'ultima casa in fondo al parco", qui nel ruolo di una neolaureanda in antropologia, tanto per cambiare. Alla domanda dell' amica sul perchè di questa pericolosa "vacanza fai da te" risponde che vorrebbe dimostrare che il cannibalismo è solo una invenzione dell' uomo bianco per giustificare il colonialismo. Uno dei suoi compagni di sventura gli risponde: "E tu credi a tutte le stronzate che pubblicano i giornali?" e lei: "Lo faccio solo per la mia tesi di laurea e poi basta con i cannibali per tutta la vita". Ma gli ultimi cannibali li vedrà veramente e per poco non finirà torturata e sbranata anche lei salvandosi fuggendo seminuda nella jungla per finire raccolta per caso da due cacciatori. Tornata negli Stati Uniti presenterà con successo la sua tesi ma si capisce che da quel momento si occuperà solo di vegetariani.

 

   Dai documentari da baraccone degli orrori esotici si è arrivati a questi film (si fa per dire) sugli Ultimi cannibali del Vacaputanga destinati ovviamente a un pubblico americano di voyeur sadomasochisti, girati con delle rozze tecniche semiamatoriali pseudo documentaristiche per far sembrare il filmaccio quasi vero come se fosse uno snuff-movie (filmati porno amatoriali con delle scene di violenza sessuale spesso finta). Amnesty International e la Protezione Animali non sono intervenuti inutilmente perche certe scene splatter sono ovviamente finte ma sarebbe stato meglio l'intervento della Protezione Spettatori Paganti. Altro orrore di film di serie Z che quando uscì al cinema non lo vide nessuno ma che oggi ha una schiera di fans virtuali che lo apprezzano solo per certe scene horror da macelleria messicana. Una fonte d' ispirazione per più recenti e costosi film horror splatter (sangue e frattaglie) made in USA come il grosso fiasco "Hannibal" (vedi la famigerata scena del cervello umano mangiato crudo). Film come questo possono far rivalutare dalla critica e dal pubblico altri "film antropologici" meno truculenti come "Arrappao" e "Grunt!" . Il manifesto del film ricorda le copertine dei pornofumetti horror da mille vecchie £ire ai quali si è sicuramente ispirato il regista.Sconsigliato ai deboli di stomaco e ai vegani più fanatici. Giudizio critico: MEGLIO UN VECCHIO E SANO HARDCORE (PORNO) MOVIE !!!

Rilevanza: 2. Per te? No

Salò o le 120 giornate di Sodoma

  • Drammatico
  • Italia
  • durata 137'

Regia di Pier Paolo Pasolini

Con Paolo Bonacelli, Giorgio Cataldi, Umberto Paolo Quintavalle, Aldo Valletti

Salò o le 120 giornate di Sodoma

Altro orrore di "capolavoro annunciato" d' autore, oltretutto ucciso da un drogato dopo la realizzazione di questo  film. Senza cercare chissà quali metafore socio-politiche il "Salò" di Pasolini è stato un film girato per provocare la reazione della censura italiana del periodo, ritenuta da molti registi intellettuali come quello particolarmente autoritaria, bigotta e repressiva anche se in quel periodo si stava allentando, anche grazie alle vicende di altri film sequestrati, dissequestrati e poi rigorosamente vietati ai minorenni, con una distribuzione nelle sale limitata ai cinema delle metropoli. Vada per le allusioni con parolacce e brevi scene di nudo femminile ma certe tematiche come le perversioni sessuali più patologiche, erano ancora dei tabù proibiti anche se pochi avevano certe curiosità morbose. Una trasposizione dei racconti del Marchese De Sade in uno dei periodi più bui e tragici della nostra storia. Il film mostra quattro pedofili sadici e rincoglioniti e quattro vecchie baldracche altrettanto rintronate che nel 1944-45 fanno sequestrare dalle SS e sorvegliare dalla milizia fascista e dalla Decima Mas un gruppo di ragazze e ragazzi e dopo averli sottoposti a delle perversioni sessuali estreme, li uccidono quasi tutti con delle torture medioevali nel cortile della loro villa sul lago di Garda, vicino a Salò.

 

   Il cast del film è composto da attori più o meno professionisti con delle facce di culo che potrebbero ricordare nella migliore delle ipotesi il tipico vecchio pedofilo delle caramelle offerte ai bambini al cinema. Bisogna però considerare che questo film era uscito in un periodo nel quale l'estremismo politico imperava anche nel mondo del cinema ma se voleva ribadire il suo antifascismo militante Pasolini faceva prima a mostrare Mussolini che sodomizzava un mulo e una pecora.

L' ultima degenerazione del regime fascista italiano è stata rappresentata meglio da altri registi. Nell' ultimo film di Pasolini sembra di vedere quell' orrendo fascista mantovano assassino e stupratore di vecchie e bambini del film "Novecento" di Bernardo Bertolucci e la sua degna consorte moltiplicati per dieci. Parlo di due personaggi antagonisti che nel lunghissimo dramma storico di Bertolucci si vedono raramente solo a metà film, due figure storiche più simboliche che realistiche che secondo quello che forse voleva far intendere il regista, consci del loro potere si fottono in tutti i sensi la borghesia latifondista e il proletariato contadino. Che ci siano delle attinenze storiche con il film del mal chiaccherato regista è molto relativo, dato che le vittime dei repubblichini venivano spesso uccise subito dopo la cattura e sicuramente gli antifascisti e partigiani di ambo i sessi non erano sicuramente le puttane e i puttani dei collaborazionisti nazifascisti. 

 

   Probabilmente anche Pasolini, che non era un appassionato di storia contemporanea, sarà stato anche lui suggestionato dalle lugubri storie delle "ville tristi" dove i collaborazionisti italiani dei tedeschi torturavano e uccidevano i partigiani prigionieri di ambo i sessi, spesso giovani ventenni. Se era indubbio che certi ambienti di entrambe le parti in lotta hanno attirato anche dei degenerati malintenzionati è anche vero che pederasti e stupratori non erano ben accettati neanche dai delinquenti riabilitati in divisa, specialmente in quel periodo. Aldilà del suo contesto storico e politico, la tematica di questo film di Pasolini sarebbe molto più ampia e simbolica. Le perversioni sessuali in esso mostrate sono uno strumento del potere messo in pratica dai suoi servi per sottomettere e uccidere, anche se il potere costituito, passato o presente che sia, ha usato ben altri mezzi più subdoli e sofisticati per dominare le masse e la mercificazione dell' individuo è una cosa che si comprenderebbe molto meglio se rapprensentata in un altro modo. In questo film si assiste solo all' annientamento dell' essere umano.

 

    Comunque si tratta di un film molto lento e prolisso, talvolta involontariamente grottesco, girato solo per provocare i cosidetti censori borghesi benpensanti e i neofascisti, questi ultimi allora più rari di una mosca bianca. Già il citato racconto di De Sade da cui è tratto il soggetto del film è oggi considerato da molti critici letterari un pesante mattone precursore dei romanzetti pornografici da due soldi. Certe scene di violenza sessuale e perversione estrema sono rappresentate con artifizi palesemente finti, come enormi peni di gomma, stronzi di cartapesta alla cioccolata, etc... Pasolini non era di sicuro un imitatore dell' horror americano come Lucio Fulci, un regista che si soffermava troppo su dei particolari ributtanti pensando di essere interessante. Comunque assistere a certe orrende umiliazioni a cui sono sottoposti ragazzi e ragazze è già di per se uno "spettacolo" poco edificante. Le altre scene sono soltanto tediose e involontariamente grottesche, come ad esempio quella del più basso dei quattro gerarchi nazifascisti che si masturba di nascosto dopo aver sentito una delle vecchie bagasce da salotto parlare di merda puzzolente come se fosse un cibo prelibato. Leggendo i pochi commenti di chi non si è fatto influenzare dalla fama del film e del regista, si legge che nessuno si è mai eccitato guardando questo film, ma probabilmente si sbagliano, dato che ci sono anche i sadomasochisti visivi.

 

   La qualità tecnica e artistica è a dir poco mediocre, tipica dei film precedenti dello stesso regista, con dei cast di non professionisti che recitano come possono, salvo qualche rarissima eccezione come il professionista Paolo Bonacelli, avvicinandosi a livelli dilettanteschi simili a quelli di Alberto Tomba. Si trattò di un gruppo di ragazzi italiani e ragazze tedesche (a scanso di equivoci: Tutti/e maggiorenni e consenzienti) scelti solo per la loro presenza fisica più o meno bella. Alcune delle attrici più carine, come Dorit Henke e Renate Moar, si rividero nude in altri filmetti erotici di basso livello, compreso qualcuno del genere nazisadoerotico, un sottogenere commerciale di basso livello artistico generato anche da questo film come da quelli di altri affermati registi come Liliana Cavani e Luchino Visconti. Gli interpreti maschili ebbero ancora meno fortuna recitando in pochissimi altri film di vario genere in ruoli di scarso rilievo. Uno dei più belli morì di overdose di eroina e uno dei più brutti finì impiegato in una banca di Roma con moglie e figli. Bonacelli alternò la sua carriera in parti minori in film di vario genere e qualità, compresi dei film televisivi e opere teatrali ma fu l' unico del cast a proseguire la sua carriera di attore. Per la cronaca l' ultimo film di Pasolini per decenni non fu molto visto dal pubblico italiano, grazie alla censura che fece sequestrare e dissequestrare il film più volte, facendolo finire nei circuiti contemporanei dei cinema d' essai francesi ed europei. Probabilmente sarà stato applaudito solo da quelli che per atteggiarsi a intellettuali da salotto, nei cinema d' essai fingevano di apprezzare anche dei film bulgari sottotitolati per poi correre a casa per buttarsi sul letto.

 

   Ovvio che con un regista come quello un film come questo, allora visto da pochi, si sia meritato una fama di “capolavoro maledetto” mentre oggi, se si escludono i giudizi della critica italiana, in questo caso spesso e volentieri scritti per sentito dire e in onore del regista scomparso, oggi per molti è soltanto un catalogo di orrori visivi dietro al quale si nasconde una mente sconvolta dalle proprie ossessioni personali, mentre per chi non piace per niente quel regista e se ne frega altamente della storia e della letteratura erotica, “Salò o le 120 giornate di Sodoma” ha poi contribuito a de-generare, insieme ad altri film d' autore di analoga ambientazione storica, un sottogenere cinematografico di film nazisado erotici girati a scopo commerciale da pessimi registi in cerca di facili incassi. Film di infimo livello che oggi possono sembrare solo un esempio del decadimento dei gusti di una fetta del grosso pubblico adulto, sempre più smaliziato dopo la maggior tolleranza della censura cinematografica dalla metà degli anni settanta in poi. Un sottogenere commerciale di breve durata rappresentato da filmacci da quattro soldi che non vale nemmeno la pena di citare o tantomeno di elencare, dato che siamo alla serie C-Z del cinema. In questa lista di incredibili schifezze su pellicola di vario genere, questo orrore di fim e falso capolavoro annunciato secondo me ci sta dentro benissimo e ho pietosamento ignorato quei film da esso derivati sopracitati.

 

   In un dizionario illustrato dei film pubblicato alla fine degli anni settanta, che lo elenca e lo descrive come "un catalogo di orrori dietro al quale si nasconde una mente sconvolta dalle proprie ossessioni personali", si legge: "Se è stato inserito in questo elenco di capolavori è solo perchè anche i record negativi hanno il diritto di essere citati" . Infatti comparve di recente nelle classifiche dei film più estremi e violenti della storia del cinema redatte da riviste di film cult e scult come "Nocturno Cinema",  gareggiando spesso con horror e film violenti di altro genere molto più commerciali e conosciuti come il qui recensito "Cannibal Ferox" film visti e rivisti solo per le scene di violenza efferata e tutto il resto sono balle. A questo punto per certa gente sono consigliabili i più normali film porno. Anche oggi molti si ostinano ad esaltare questo fin troppo sopravalutato falso capolavoro annunciato prendendo per verità assoluta e incontestabile tutto quello che i cinecritici hanno scritto su di esso magari senza neanche averlo visto, magari bollando ancora come bigottofascista e servo del potere chi osa criticarlo e denigrarlo. Ovviamente se "Salò o le 120 giornate di Sodoma" lo girava un altro regista meno noto lo avrebbero stroncato in centinaia e non oso immaginare a chi sia piaciuto veramente. Per quelli ci sono dei film dove si vede di più e di peggio. Ma se quarantanni fa c'era arrivato Fantozzi con la terribile "Corazzata Potemkim" ci arriveranno anche con questo film, ormai esaltato solo per sentito dire e allora girato da quel regista più che altro per compiacere se stesso e i suoi amichetti di certi ambienti particolari. Giudizio critico: ALTRO INGUARDABILE INCUBO CINEMATOGRAFICO DI UNA MENTE SCONVOLTA DALLE PROPRIE OSSESSIONI !!!

Rilevanza: -3. Per te? No

Compagni di scuola

  • Commedia
  • Italia
  • durata 118'

Regia di Carlo Verdone

Con Carlo Verdone, Athina Cenci, Eleonora Giorgi, Christian De Sica, Nancy Brilli

Compagni di scuola

   D' accordo che oggi imperversano solo volgari cinepanettonate vanziniane o più "sofisticate" pieraccionate e deluigiate varie, film girati per chi va al cinema una volta o due all' anno, ma questa commedia italiana di noto autore che si rifà a film come "Il grande freddo" è praticamente inguardabile. Una parata di squallide macchiette di rara bruttezza: Un cafone arricchito alla Califano-Funari-Previti, una brutta copia di Dario Argento, un Onorevole cocainomane e stupratore con la scorta armata, un finto paralitico balbuziente per scherzo e il suo amico complice, un ex cantante squattrinato pronto a giocare d' azzardo e a buttarsi per terra per implorare un prestito, un logorroico soporifero, una psicologa esaurita con amica pettegola dallo sguardo perfido...  In questo manicomio romanesco ci mancava solo un bergamasco alcolizzato molesto ma devo andare avanti ancora ad elencare altri mostri regionali?!

 

   In mezzo a questo zoo subumano si salva ovviamente soltanto Verdone nel ruolo di un ingenuo professorino imbranato detto "Er Patata" perdutamente innamorato della bella e giovane allieva "acqua e sapone" Natasha Hovey (Aridaje! Aò che palle!). I momenti più "comici" sono quando Christian De Sica, dopo aver capito che si tratta di una simulazione, attacca la carrozzina del falso paralitico (Alessandro Benvenuti) a una macchina in corsa oppure quando il professorino Verdone molla per sempre la moglie strega, una burinaccia da baraccopoli di borgata che gli urla dietro insulti mostrandogli le sue tettone moscie mentre il figlio piccolo delinquente cerca di bucargli le gomme dell' auto nonostante le suppliche del suocero, un vecchio puttaniere fedifrago che cerca inutilmente di salvare invano la tragicomica unione della figlia solo per interesse personale. Insomma gentaglia da film di Fantozzi nella solita rappresentazione grottesca di romanacci destinata a un pubblico di lombardo-veneti contenti di ridere delle disgrazie grandi o piccole dei terroni. Quelli che si notano meno sono solo dei medioman e mediowoman di scarso interesse. A me hanno fatto rimpiangere i soliti coatti cazzari degli altri film del regista romano, almeno quelli sono più umani di questi suoi ex compagni di classe.

 

    In mezzo a queste penose sceneggiate le più leggere storielle di belle donne corteggiate da bellimbusti di turno, come quella di Eleonora Giorgi con il fumettaro Piero Natoli o della bella moglie di un carabiniere con l' ex compagno di classe bello, sfumano verso l' amara conclusione che si tratta di un film girato solo per chi detesta quelle ormai fuorimoda riunioni di classe con quattro chiacchere ciascuno e pizzata finale per tutti, brevi esperienze personali vissute magari solo una volta sola nella vita, con la curiosità per qualcuno di vedere cosa e come è diventato quello e quella, ma dubito che il regista abbia frequentato una scuola superiore tipo "riformatorio aperto" di borgata. Per la cronaca frequentò e si diplomò in un vecchio liceo classico statale della capitale e quelli di questo suo film, considerando che tipi sono, nella peggiore delle ipotesi potrebbero essere ex allievi di mezza età di un liceo classico privato. Se mai Verdone ha partecipato a una riunione dei suoi ex compagni di scuola al massimo sarà stato infastidito da qualcuno o da qualcuna che gli ha chiesto un autografo e se gli faceva fare un provino per il suo prossimo film. Se questi sono stati i drammi della sua vita buon per lui e peggio per il suo psicologo. E' però vero che in questo sopravalutato film di Verdone certi attori e attrici, come Atina Cenci nel ruolo della fredda psicologa esaurita sull' orlo di una crisi di nervi, non hanno mai recitato così bene.

 

   Un film che invoglia lo spettatore con un minimo di buon gusto a rivedersi altri film che non il citato film di Kasdan, senz' altro più serio e realistico ma più noioso di questo, che sembra girato da altri registi del calibro di Carlo Vanzina, Enrico Oldoini e Neri Parenti. Qui siamo dalle parti di commedie più recenti come "Simpatici & Antipatici" di e con Christian De Sica, altro repertorio cinematografico di grotteschi e sgradevoli personaggi della "Roma de li burini magnaccioni", compreso un personaggio molto ispirato a Previti interpretato da Gianfranco Funari. Infatti questo film di e con Verdone non fu un successo, già brutto allora e oggi ormai inguardabile. Come manifesto generazionale, a giudicare dall' età media dei personaggi, dovrebbe essere degli anni settanta ma di quel periodo e tantomeno di politica non se ne parla mai e se doveva rappresentare gli anni 80-90 contemporanei alle vicende di questi uomini e donne qualunque è già di per se un film facilmente dimenticabile, esattamente come quei decenni insulsi e vuoti che secondo alcuni questo film vorrebbe rappresentare.

 

    Quando lo vidi in una sala semideserta del cinema di una grande città, notai che già dopo la fine del primo tempo alcune persone se ne erano già andate via dalla sala sbuffando dalla noia. L' ultracritico regista di nicchia Nanni Moretti lo ha commentato negativamente nel suo film "Caro Diario", anche se ovviamente si trattava delle brevi scene di un falso film identico a quello del suo collega concittadino, che probabilmente non può vedere a meno di cento metri di distanza.  

Ho notato che su questo cineforum molti utenti esaltano i peggiori film di qualsivoglia regista, compreso Verdone. Se la nuova cinecritica ha premiato degli "esempi di romanità monnezzara" come "Lo chiamavano Jeeg Robot" e "Dogman" non mi stupisco affatto che oggi ci sia anche chi apprezza film come "Compagni di scuola" anche se Verdone non è il Woody Allen italiano. Se volete mandare qualcuno a cercare oro nella spazzatura provateci pure con qualcun altro ma non con chi ha avuto la sfortuna di vedere dall' inizio alla fine certi film, magari pagando la visione. Un film da canale televisivo pubblico tipo Italian Cine Trash 34. Solo per i fans più ottusi di Verdone e per asociali, forse un "cult" solo per loro. Giudizio critico: ISTIGA ALLA GUERRA CIVILE ITALIANA !

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Dèmoni

  • Horror
  • Italia
  • durata 92'

Regia di Lamberto Bava

Con Urbano Barberini, Natasha Hovey, Fiore Argento, Nicoletta Elmi

Dèmoni

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Tipico orrore di film horror Made in Italy nella metà dei dimenticabili anni ottanta del secolo scorso, oggi spacciato per stracult dai soliti quattro falsi cinefili della tastiera e delle bancarelle dell' usato che vogliono mandare chi non l’ ha mai visto a vedere questo e altri bruttissimi film soltanto per fare un dispetto al prossimo. Trama ambientata di notte in un cinema tedesco in stile gotico-liberty, concepita da un regista con poche idee ma confuse ma con ancora meno mezzi. Più che un figlio d’ arte di un fu maestro nostrano dell’ horror e degli effetti speciali, questo Lamberto Bava, che come tutti i registi italiani di film commerciali d’ imitazione americana, si firmava con un nome e cognome inglesi (J. Old Junior o qualcosa del genere) sembra un regista di spot e videoclip, giustamente finito insieme ai suoi degni colleghi come Michele Soavi a dirigere delle fiction televisive fantasy come Fantaghirò e simili.

 

Cast di ignoti attori e attrici da telefilm, ballerini e stuntman da Drive-In televisivo, a parte una allora giovane Natasha Hovey che probabilmente dopo questa sua prima e unica esperienza horror sarà corsa a cercare Carlo Verdone. Tra le altre attrici si intravede all' inizio una bella e alta rossa che si fece notare molto di più in un telefilm scolastico di successo che in alcuni horror e thriller nostrani ma che poi mollò la carriera di attrice per fare la logopedista. Tra i personaggi più involontariamente ridicoli un demone tamarro truccato alla Terminator con la vernice argento su parte della faccia. Come effetti poco speciali siamo al di sotto di un qualsiasi horror di serie B americano contemporaneo al film e persino inferiore a certi vecchi horror degli anni 60-70 a parte il trucco dei demoni con il cerone azzurro tenebra, lenti a contatto, vene dipinte in faccia e delle protesi dentali da belve feroci con sopra della finta bava fosforescente da cani rabbiosi.

 

Molte scene sono fintissime e involontariamente penose e tragicomiche come quella del demone che balza fuori dalla schiena di una contagiata o dei demoni fracassati dalle lentissime pale di un elicottero precipitato nel palazzo del cinema. Le altre scene splatter (trucide) rappresentano solo dei particolari ributtanti tipici di certi datati film horror nostrani girati negli anni settanta-ottanta dallo scomparso Lucio Fulci e compagnia brutta, che invece di impressionare il pubblico disgustavano solo gli spettatori più sensibili. Ovviamente per un artigiano di Cinecittà come Bava Junior era molto difficile realizzare certe sequenze con dei truccatori da teatro e meno male che il padre del regista era stato il maestro del celebre effettista speciale Carlo Rambaldi, poi premiato più volte con l' Oscar.

 

Le scene finali ricordano quelle dei più recenti film e telefilm americani di apocalittiche pandemie di zombi ma in questo caso girate da un Romero dei poveri che cerca di imitare quei film con quattro soldi. Purtroppo per l' intelligenza dello spettatore medio questo film ebbe un breve successo di pubblico, anche se in quel periodo imperversavano solo gli horror Made in USA, invogliando il regista a girare un secondo episodio ambientato in un condominio. Per chi ancora non lo sapesse, a differenza degli spaghetti western alla Sergio Leone, l' Horror Made in Italy non ha mai prodotto, salvo rarissime eccezzioni, dei film originali e di successo e questo film non è che l' ennesima conferma. Quindi mi sembra assurdo quanto inutile raccontare delle balle alla gente. Nel seguito di "Demoni" si vede una giovane Nancy Brilli terrorizzata in casa da un orrendo demone nano e poi da un mostriciattolo di gomma. Anche in questo caso l' allora giovane attrice passò a dei film di ben altro genere con molta più fortuna. L' ancor meno visto "Dèmoni 3" non c' entra niente con gli altri due a parte il titolo ingannevole. Spero per chi mi leggerà di non essere stato troppo lungo ma dopo aver visto un orrore di film come “Demoni” di Lamberto Bava, sul quale in teoria non ci scriverei neanche due righe di commento, l’ ho recensito soltanto per salvare il prossimo da una eventuale visione. GIUDIZIO CRITICO: Ma andate al diavolo!

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