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Chronicles of Marcheshire - New England
di DARK LORY ultimo aggiornamento
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DARK LORY

DARK LORY

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Chronicles of Marcheshire - New England

Nell'accingermi a raccontarvi i fatti che hanno minato ormai del tutto irrimediabilmente la mia già flebile sanità mentale allorché decisi di intraprendere un viaggio seguendo le rotte tracciate dall'arabo errante Piri Re'is nel suo Atlante maledetto, mi rendo conto che proprio tali circostanze gettano un forte dubbio sulla loro veridicità. Tuttavia lascio questa testimonianza scritta affinché altri si guardino bene dall'avventurarsi in certi luoghi malsani e non debbano vedere quanto ha fatto sì che io rabbrividisca al solo calare delle tenebre e tremi ad ogni minimo rumore del vento sulle finestre o scricchiolìo di porte quando solo in casa attendo che da un momento all'altro vengano a prendermi....

Playlist film

Cimitero vivente

  • Horror
  • USA
  • durata 99'

Titolo originale Pet Sematary

Regia di Mary Lambert

Con Dale Midkiff, Fred Gwynne, Denise Crosby, Michael Lombard, Blaze Berdahl, Miko Hughes

Cimitero vivente

In streaming su Paramount Plus

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Risalendo le colline ad ovest dell'antica città marittima di Ankhon nella cui insenatura i Dori fondarono la loro più florida colonia, si trova un piccolo villaggio abbarbicato su di un pendìo che ha preso il nome dalla mitologica isola micenea di Kandiah in cui avevo saputo da una mia amica epistolare del luogo esserci un vecchio cimitero abbandonato. Ci volle poco a convincermi ad accompagnarla per un'escursione notturna in virtù della mia e sua propensione alle cose macabre che ci aveva fatti conoscere seppur prima di allora solo per corrispondenza, così una sera d'estate partimmo per la nostra meta. Già da subito mi accorsi di una certa irrequietezza nella mia compagna non imputabile all'eccitazione che pure avevamo all'idea della nostra impresa ed il fatto che continuasse a mostrarmi dei tarocchi che teneva in una borsa acuiva un senso di disagio verso i suoi modi di fare.
Una volta giunti al paesello mi stupì l'assoluta mancanza di essere umano in circolazione né di alcuna luce che filtrasse dalle abitazioni ma pensai ad un'usanza locale di coricarsi presto, quindi proseguimmo discendendo per una stradina di campagna buia e scoscesa per un tempo che sembrò interminabile e quando cominciavamo a dubitare dell'esatta direzione intrapresa ce lo trovammo davanti. Era come l'avevo immaginato, immerso nella vegetazione in avanzato stato di degrado, con il cancello dissestato che ci invitava a entrare; all'interno ci accolse una fila di loculi alcuni dei quali parzialmente o totalmente scoperchiati che destarono il nostro interesse morboso. Ora la mia amica era visibilmente agitata e parlava in maniera frenetica continuando a consultare i suoi tarocchi ma quando passammo davanti ad un loculo in particolare si zittì immediatamente e capii subito il perché: una folata di vento gelido che aveva un qualcosa di malvagio ci trapassò le ossa procurandoci un fremito dalla testa ai piedi e un rumore assordante scaturì dallo sbattere violento della grata dei fiori posta sotto l'immagine ovale seppiata di un austero signore con i baffi che ci fissava sinistro. D'istinto c'allontanammo da quel loculo ed il vento e il rumore cessarono di colpo salvo poi riprendere quando fummo di nuovo di fronte a quello sguardo inquietante. Pervasi d'angoscia per il ripetersi di quell'evento eccezionale anche in considerazione del fatto che era una calda notte d'estate proseguimmo la nostra perlustrazione verso l'ala più interna in cui delle lapidi sul terreno digradavano verso il basso dove nella penombra si stagliava maestoso in lontananza un grande albero dalle fronde rigogliose. Mano a mano che scendevamo inoltrandoci nel buio sempre più fitto avvertivo il crescente malessere in cui versava la mia compagna che ormai si esprimeva con frasi sconnesse e totalmente prive di significato tanto che più di una volta provai a farla desistere dal proseguire ma invano.
Quel che seguì fù talmente agghiacciante e repentino che ancora oggi dubito non sia stato solo un parto della mia immaginazione stimolata dal posto e dallo stato d'animo particolare in cui versavamo: quello che avevamo individuato da lontano come un secolare albero all'improvviso sembrò animarsi con le sue imponenti fronde che presero a mulinare in un turbinìo vorticoso verso di noi, io urlai di scappare e l'ultima immagine che vidi girandomi mentre correvo verso l'uscita fù quella della mia amica che scivolava verso quella imponente chiazza oscura trascinata per le gambe dalle sue spire malefiche, e nel trambusto generale mi sembrò di sentirla gridare "i tarocchi.... l'impiccato....", dopodiché l'unico rumore che udii per parecchio tempo fù quello dei battiti accellerati del mio cuore ed il violento ansimare mentre mi allontanavo a perdifiato da tutto quell'orrore.
Non rividi più la mia amica né volli sapere più alcunché di quel dannato cimitero sebbene tempo dopo mi giunse voce che gli abitanti di Kandiah fecero una petizione per far rimuovere tutte le tombe dal vecchio cimitero in seguito alla scoperta della sepoltura tra di esse di un famoso negromante del posto avvenuta nel XIX° secolo.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Il castello degli spettri

  • Horror
  • USA
  • durata 82'

Titolo originale The Cat and the Canary

Regia di Paul Leni

Con Laura La Plante, Creighton Hale, Forrest Stanley, Tully Marshall, Gertrude Astor

Il castello degli spettri

In streaming su Plex

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Ogni promessa è un debito. E quella che feci a Carla diverso tempo addietro era giunto il momento di mantenerla. Del resto mi sentivo in colpa in virtù dello stretto rapporto di amicizia e stima che da lunga data ci legava, per averle protratto più del dovuto quello che era sempre stato un suo desiderio talmente forte e insistito da rasentare il morboso. Perché la mia amica mi parlava continuamente della sua convinzione profonda di essere la reincarnazione della famosa Francesca da Riminum celebrata assieme allo sfortunato amante Paolo dal sommo Poeta Aligjieri nella sua Commedia, e si diceva sicura che se fosse riuscita a visitare la sua dimora ne avrebbe avuta la certezza.
Fù così che il medievale Castello di Graveyard Hara svettante dal suo promontorio ci accolse in tutta la sua maestosità al tramonto di un tardo pomeriggio d'autunno. La mia amica all'apice dell'eccitazione alla vista della tanto agognata meta aveva vinto non senza difficoltà la mia decisa riluttanza ad ottemperare al suo piano, che prevedeva di introdurci all'interno prima dell'orario di chiusura delle visite per poi nascondersi in uno dei tanti anfratti che una tale struttura architettonica forniva e trascorrere indisturbati tutta la notte nelle stanze che furono estrema dimora di colei che sentiva essere così legata a sé stessa, ed infine uscire mescolandosi ai visitatori la mattina seguente. E così ci trovammo all'interno di quelle possenti mura cintate nascosti in un angolo cieco fintantoché l'ultimo dei guardiani, terminato il suo giro perlustrativo, se ne fosse andato chiudendo a doppia mandata l'imponente portone in legno e ferro. Dopo un giro perlustrativo di tutto il palazzo alla luce di due candelabri che avevamo portato per ricreare meglio l'atmosfera dell'epoca, Carla volle subito dirigersi verso quella che sapevamo essere la stanza di Francesca: questa si presentava con un grande letto a baldacchino da un lato, un tavolo ad asse di coppe e delle sedie foderate con della tela damascata al centro e un grande camino dall'altro lato, il tutto incorniciato da diverse finestre e da due porte agli antipodi che conducevano nelle stanze attigue. Difficilmente mi è capitato di vedere una persona così entusiasta come la mia amica in quell'ambiente, si fece fare delle foto e volle stendersi sul giaciglio che fù dell'illustre donna del passato ma allorché vi si adagiò il suo umore cambiò drasticamente: tutta l'euforia di prima di colpo aveva lasciato il posto ad un'espressione attonita se non propriamente turbata e nessuno dei miei ripetuti tentativi di farla riavere riuscirono a scuoterla da quello stato catatonico in cui in maniera così inattesa e repentina era scivolata tanto da non sembrare neanche più la stessa persona vivace che avevo imparato a conoscere nel corso degli anni.
Quando iniziavo a disperare per le sorti della mia compagna ormai da diverso tempo distesa immobile e muta con in un feretro funebre accadde una cosa del tutto inaspettata: un rumore di passi incredibilmente pesanti e forieri di cattivi presagi si udì dirigersi in maniera lenta ma inesorabile verso di noi. D'improvviso Carla si rianimò e mi gridò "La botola!" mentre con il braccio teso indicava il grande tappeto adagiato ai piedi del letto. Quasi in risposta a quella perentoria richiesta mi precipitai ai bordi di quello splendido manufatto antico e sollevandone l'estremità scorsi con mio grande stupore l'effettiva presenza di un passaggio nascosto; non seppi mai come Carla fosse a conoscenza della sua esistenza ma incalzato da quell'incedere minaccioso di passi ormai prossimi all'ingresso nella stanza tirai l'anello di ferro posto nella sommità della botola che si aprì rivelando una fila sconnessa di scalini di legno che scendeva nel buio. La minaccia che udivamo stava ormai palesandosi alla nostra vista quando entrai nel pertugio e prima che potessi accertarmi che lo facesse anche lei, avvertii il portello chiudersi fragorosamente sopra di me e rimasi solo nel buio. A nulla valsero i ripetuti tentativi di forzarlo dall'interno, ero bloccato lì dentro senza possibilità alcuna di prestare soccorso alla mia amica ormai in balìa di quell'oscura presenza.
Atterrito da questo pensiero e dal senso di claustrofobia che un tale posto mi incuteva forzai la mia ritrosìa all'idea di inoltrarmi nel buio e cominciai a discendere quegli scalini malfermi per un tempo che mi sembrò infinito durante il quale nella mia mente si addensarono i peggiori incubi, finché giunsi ad un angusto cunicolo che con mio grande orrore fui costretto a percorrere strisciando. Ormai la disperazione stava impadronendosi di me quando scorsi in lontananza una luce fioca che mano a mano che procedevo aumentava d'intensità, tanto bastò per farmi proseguire con rinnovata foga e una volta giunto in fondo sbucai nella parte alta di un ambiente ampio e illuminato da un enorme candelabro circolare appeso al centro del soffitto e da numerose torce alle pareti. Quando gli occhi cominciarono ad abituarsi a tutta quella luce dopo tanta oscurità riuscii a scorgere una fila di gradini intagliati nella roccia che scendevano al suolo fiancheggiando la parete, li percorsi con impeto e quello che vidi una volta in fondo non potrò più dimenticarlo per il resto della mia vita: all'interno di quella caverna c'era una serie impressionante di strumenti di tortura tra cui tizzoni infuocati, argani di trazione e la famigerata Vergine di Norimberga, e al centro della sala una gogna dalla quale spuntava inconfondibile la testa incorniciata dai lunghi capelli neri di Carla, e dai buchi ai lati e sotto le sue mani e i piedi.
Un senso di terrore mi pervase lasciandomi paralizzato e lo straniamento aumentò allorché la sentii parlare in forma aulica e con una cadenza che non le avevo mai udito. Sarei rimasto così con la mente offuscata da una cotanta assurda situazione se non mi fosse giunto nuovamente il suono greve di quei passi riecheggianti in quell'anfratto infernale a ridestarmi prontamente, di colpo afferrai uno di quegli attrezzi diabolici e lo vibrai con furore sul grosso lucchetto che incatenava la prigionìa della mia amica e quando questo cedette di schianto potei estrarla da quel letale abbraccio. Il suono ritmico di quei passi in un ambiente così angusto mi martellava nelle tempie e si faceva sempre più prossimo quando vidi Carla dirigersi verso una delle pareti e, azionando una delle torce sul muro, scomparire in un'increspatura che avrei giurato non esserci prima, la seguii e mi accorsi con grande stupore che procedeva spedita attraverso una galleria fradicia e maleodorante che sembrava esserle del tutto familiare e in men che non si dica ci trovammo fuori all'aria aperta all'imbocco di un'insenatura nascosta nella boscaglia ai piedi della collina nella quale sopra di noi torreggiava sinistro il Castello. Finalmente sgombro dal senso di oppressione provato all'interno di quelle mura secolari e con una certa gratitudine nel cuore interrogai la mia amica che con mio enorme sollievo riacquistò la sua solita inconfondibile cadenza e mi ammise candidamente di non ricordarsi nulla di quanto accaduto dal momento in cui si stese nel letto che fù di Francesca, ne seppe fornirmi spiegazione alcuna di chi la chiuse in quella trappola o di come avesse fatto a sapere la via di fuga da quell'inferno.
Dopo quel giorno continuai a rivedere Carla ma non parlammo più della nostra avventura al Castello di Graveyard Hara, a parte quella volta in cui mi fece vedere le foto che le avevo scattato nella stanza di Francesca nella quale in ognuna si notava la figura evanescente di una donna alle sue spalle.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Dal profondo

  • Documentario
  • Italia
  • durata 73'

Regia di Valentina Pedicini

Dal profondo

In streaming su GuideDoc

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Se avessi raccontato a qualsivoglia persona con un minimo di senno l'orrore che trascende la comprensione umana provato all'epoca dei fatti cui mi resi partecipe, probabilmente ora sarei confinato in una stanza dalle pareti ovattate piuttosto che nella camera del mio appartamento nel tranquillo Rione della Fettina. Eppure solo io sò il terrore che mi attanaglia al solo pensiero di dover scendere in posti sotto il livello del suolo che ha fatto sì che da anni ormai eviti come la peste bubbonica luoghi come la metropolitana o le cantine!
Tutto iniziò ad una festa gotica in quella che fù, ironia della sorte, la Città della Fortuna, l'antica colonia romana lambita dal fiume Metauronic dove conobbi Marcella, una nobildonna delle Terre del Sud in cui la vallata si distende dal vecchio villaggio di pescatori adorno di palme fino alla Città delle Cento Torri ai piedi dei monti in cui trovò rifugio la famosa Sibilla. Quella GranDama d'altri tempi richiamò da subito la mia attenzione per la strabiliante somiglianza con la misteriosa donna che da diverso tempo ormai abitava come una presenza fissa i miei tormentati sogni notturni, e parlandoci ne ritrovai la medesima predisposizione ai temi alchemici ed esoterici che tanto mi avevano turbato nel suo alter-ego onirico. Cominciammo così un'assidua frequentazione durante la quale ebbi modo di apprendere rituali e formule divinatorie che ella utilizzava per ottenere infusi e pozioni dal potere inebriante e allucinogeno. In alcune delle nostre sedute sotto l'effetto di tali preparati Marcella mi accennò qualcosa del suo passato misterioso di cui non parlava mai e quel poco che riuscii a carpire gettava un'inquietante ombra oscura sulle origini e la reale essenza di quella donna.
Facevamo anche numerosi viaggi in luoghi perlopiù isolati e remoti e una volta mi propose di visitare le leggendarie Grotte di Kahmer-Anon la cui fama era giunta fino alle mie orecchie per via della loro inusitata estensione, così partimmo alla volta di quell'antico borgo situato nei pressi del Monte Komaros ai piedi del quale, nella splendida baia di Newport, in passato trovarono approdo sicuro pirati e avventurieri di ogni tipo. Una volta sul posto non ci volle molto a trovare una delle imboccature di accesso alle grotte in quanto esse si estendevano sotto l'intero perimetro della cittadina collegando gli scantinati delle sue principali case nobiliari, e proprio introducendoci con i favori della notte in uno di essi ci trovammo in poco tempo nel primo dei mille corridoi sotterranei di quel luogo così affascinante e misterioso. Da subito ci rendemmo conto dell'enorme difficoltà a districarsi in quel dedalo di passaggi che a volte svoltavano ed altre scendevano o salivano con una serie di gradini, perciò decidemmo di procedere segnando con un gessetto una freccia ad ogni cambio di direzione.
Camminavamo già da lungo tempo alla luce delle nostre torce in quei cunicoli stretti ed umidi e dovevamo esser scesi considerevolmente di livello rispetto al nostro ingresso stando alla temperatura notevolmente abbassata, quando iniziammo a scorgere incisi sui muri sporadici segni simili a geroglifici che andarono intensificandosi mano a mano che ci inoltravamo in quelle profondità. Avevamo provato a decifrarli ma né io né la mia compagna che pure era un'esperta in lingue arcaiche riuscimmo a giungere ad alcun risultato se non quello di escludere con certezza la loro appartenenza a civiltà passate quali quelle egizie o precolombiane. Notai però che quei simboli produssero un radicale cambiamento in Marcella che, come investita da una nuova consapevolezza, procedeva ora con rinnovato trasporto verso una precisa direzione e, dopo una serie di svolte e discese nella quale sembrava muoversi con destrezza come attirata da un richiamo ancestrale, all'improvviso ci ritrovammo dentro una grande sala circolare: questa aveva le pareti curve che si chiudevano a cupola totalmente tappezzate da quei simboli misteriosi e al centro della stanza, circondata da altari in pietra, vi era una grossa pozza viscida e scura che emanava un odore sulfureo. Come presa da frenesia isterica la mia compagna estrasse dallo zaino un libro in pergamena molto antico dal quale scorsi delle figure manoscritte molto simili ai geroglifici sui muri, e iniziò a recitare alcuni versi di quel testo in una lingua che non avevo mai udito. Quelle parole arcaiche e incomprensibili producevano una cantilena macabra che la particolare conformazione di quell'ambiente amplificava creando un effetto ipnotico e avvolgente e di colpo vidi le pareti prendere a vorticare intorno a me con i loro simboli maledetti che mi sfilavano davanti disegnando immagini blasfeme e inconcepibili, mi voltai a fatica verso Marcella che nel salmodiare quelle oscenità aveva assunto un'espressione delirante, e in quell'evidente stato di alterazione euforica la vidi salire su di uno di quegli altari e versare il contenuto di alcuni dei flaconi con le sue misture in quella pozza maleodorante. Stavo ancora cercando di dare un senso a quella situazione allucinante quando avertii, dapprima sommessamente e poi in un crescendo minaccioso, un tremitìo roboante che sembrava provenire direttamente dalle viscere della terra, pensai ad un terremoto ma quel che accadde poi è una cosa di fronte alla quale nessuna mente umana può mai esser preparata ad assistere: da quel bacino putrido cominciò ad uscire una massa mutaforme e gelatinosa che andava ergendosi al di sopra della mia compagna che a quella vista smise di leggere e iniziò a declamare.
"Il tempo è finalmente giunto!  Io, l'ultima discendente diretta dell'antica dinastia dei Custodi degli Dei degli Inferi accolgo il Vostro ritorno in superficie dopo secoli di oblìo durante i quali abbiamo pertetuato il culto preparandoci all'avvento secondo quanto predisposto nei Vostri messaggi onirici, e grazie ad essi è stato scelto questo umano che io Vi offro in sacrificio affinché possiate palesarvi in tutta la Vostra grandezza!" Come in risposta a tali invocazioni quella mostruosità si avventò su Marcella scaraventandola in quel buco melmoso e fetido, e io la vidi sprofondare lentamente mentre con gli occhi sgranati colmi di sorpresa gridava "Perché?!? Ho fatto tutto come avevate indicato! Io sono la Vostra umile serva..." e nel mentre veniva inghiottita in quell'abisso senza fine quella Cosa immonda andava espandendosi sempre più tanto da colmare ormai quasi del tutto lo spazio all'interno della cupola. Era ormai giunta a poca distanza da me quando il crollo di alcuni crepacci dalle pareti sature di cotanto abominio mi fecero ridestare da quello stato di trance ipnotico in cui ero caduto e durante il quale avevo assistito inerme al manifestarsi di un simile orrore indicibile. Riuscii appena in tempo ad uscire di lì mentre l'intera stuttura collassava sotto la pressione di quell'abnorme massa putrida che contorcendosi lanciò dei suoni la cui natura non è di questo mondo e che non potrò mai più dimenticare. Col terrore che mi attanagliava il cuore scappai attraverso quel labirinto rifacendo la strada in senso inverso grazie alle frecce che avevo opportunamente lasciato e solo quando giunsi in prossimità dell'uscita mi misi in ascolto per sentire una remota traccia di quanto accaduto ma tutto tacque come se quell'inferno sottostante non fosse mai esistito.
Non feci mai parola a nessuno di quanto visto in quelle profondità, finché molto tempo dopo andando in visita al celebre Pilato Lake non vidi la stele ritrovata al centro delle sue acque con i simboli che nessuno studioso è mai riuscito a decifrare che erano gli stessi presenti sui muri delle grotte di Kahmer-Anon, e quando all'interno del museo adiacente passai davanti ad una ricostruzione dell'immagine della famosa Sibilla vissuta in quei paraggi e vi riconobbi l'esatto ritratto di Marcella, mi decisi a rompere il silenzio e a lasciare questo documento scritto affinché altri sappiano cosa si cela al di sotto dei nostri piedi mentre noi in superficie viviamo tranquillamente la nostra esistenza ignari di quell'orribile minaccia.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

I vivi e i morti

  • Horror
  • USA
  • durata 79'

Titolo originale The Fall of the House of Usher

Regia di Roger Corman

Con Vincent Price, Myrna Fahey, Mark Damon, Harry Ellerbe

I vivi e i morti

In streaming su Amazon Prime Video

Stanno arrivando.... Non riesco ancora a scorgerli ma io lo sò che sono là fuori da qualche parte.... Presto mi troveranno e allora per me non ci sarà più scampo! Del resto non si può sfuggire al proprio destino ed il mio fù segnato irrimediabilmente dal momento che incontrai Giulia; eppure come mi appaiono lontani i tempi in cui pensavo a lei come a una benedizione mandatami da un qualche Dio misericordioso a lenire la mia oscura e solitaria esistenza... Adesso sò che quello fù solo l'inizio di un incubo angoscioso il cui unico risveglio sarà la morte.
Mi chiamo Lawrence Darker e per vivere mi occupo di libri antichi, il ché per lo più si traduce nel cercare testi rari per clienti facoltosi o fornire valutazioni e stime grazie alla fama acquisita in anni di studi e ricerche nelle biblioteche di mezzo mondo. In particolare mi specializzai nel settore dei testi esoterici in virtù del grande fascino e della forte attrazione che le tematiche macabre hanno sempre esercitato su di me fin da piccolo e che mi hanno di fatto causato un progressivo isolamento dal resto delle persone, in genere spaventate da quanto invece io sentivo così affine al mio spirito malinconico. Passavo gran parte del mio tempo immerso in quelle pagine antiche piene di sapere e avevo ormai tagliato i ponti definitivamente con il mondo esterno quando ricevetti una richiesta di consulenza da parte della Biblioteca comunale di Urhban in merito ad un ritrovamento di materiale insolito ed inspiegabile; ero risoluto ad ignorare quella come tutte le altre proposte che mi arrivavano in quel periodo se non fosse stato per la copia allegata di un antico documento nella quale scorsi specificatamente il termine "non-morto". Pungolato nel vivo decisi di accettare e in poco tempo partii alla volta di quella cittadina medievale adagiata tra le colline nella regione del basso Felt Mountain e gemella della vicina e più famosa Città Ideale che fù dei Duchi BadHead e Von Rohver.
Giunto sul posto entrai in contatto con il Direttore della Biblioteca che mi mise subito al corrente dei fatti accaduti per i quali avevano voluto avvalersi della mia esperienza: qualche mese prima effettuando dei lavori di smottamento nella zona retrostante una delle Chiese del borgo erano venuti alla luce una serie di cadaveri mummificati perfettamente conservati, non sapevano come abbiano potuto mantenersi in quello stato sepolti com'erano nella nuda terra né a chi appartenessero quei corpi finché tempo dopo non trovarono una cassetta in legno con dentro delle pergamene manoscritte molto antiche. Stimolato da un racconto così anomalo volli subito vedere quei documenti, perciò ci recammo in Biblioteca e una volta dentro fù lì che la vidi per la prima volta: in fondo al salone del Palazzo Ducale un'esile figura era ricurva su delle antiche carte posate in un tavolo, con la fluente chioma corvina riversa sul ripiano ad occultarne del tutto il viso. Giunti di fronte a lei il Direttore disse: "Giulia, questo è il signor Darker che ti affiancherà nello studio dei manoscritti inerenti le mummie, spero che insieme possiate giungere quanto prima ad una soluzione dell'enigma", detto ciò quella figura si tirò sù ed io mi ritrovai davanti a un viso di un pallore diafano intarsiato da due perle d'ebano che mi penetrarono a fondo mettendomi a disagio. Annuì senza proferire parola e così fece per il resto della giornata durante la quale ebbi modo di dare una prima vista ai documenti ritrovati nella cassetta rendendomi subito conto della difficoltà del mio compito in quanto le pergamene, visibilmente molto datate, erano scritte in corsivo in una lingua arcaica a me sconosciuta che però presentava alcune analogie con l'antico etrusco, inoltre c'era tutta una serie di postille a margine in latino di natura chiaramente posteriore.
Il giorno seguente ci ritrovammo presto per andare a visionare insieme le mummie all'interno della Chiesa nel cui terreno erano state rinvenute e una volta giunti all'ingresso scoprii con mio grande stupore che si chiamava Chiesa dei Morti, e già da ben prima di quello strano ritrovamento; questa aveva le fattezze di una piccola chiesa in stile gotico incastonata tra una fila di palazzi antichi, l'interno era di un'inusitata brevità per dare spazio ad una cripta posta dietro l'altare maggiore ben più ampia accessibile tramite una porticina, la superammo e dopo un breve corridoio quel che ci si parò davanti agli occhi fù uno spettacolo di morte di rara potenza: all'interno di nicchie in legno disposte in verticale a semicerchio una serie impressionante di corpi mummificati ci fissava sinistramente con un ghigno beffardo attraverso il vetro che sembrava essere l'unica ragione per cui se ne stavano immobili tanto erano vividi, avevano organi e apparati interni in vista essiccati, stracci logori di varia natura e in alcuni casi occhi, unghie e parti di barba e capelli, c'erano anche dei bambini e addirittura una donna in stato di gravidanza. A quella vista la giovane che mi accompagnava ruppe il silenzio tenuto fino allora che mi aveva indotto a dubitare seriamente sulla sua reale capacità di interloquire e sibilò con voce profonda "Finalmente!". Poi dopo aver passato in rassegna scrupolosamente tutte le teche ed il loro inquietante contenuto, mi si rivolse soppesandomi come se si fosse accorta solo allora della mia esistenza: "Perdoni il mio scarso grado di socialità, non sono solita lavorare con altre persone... Mi chiamo Giulia C****** e sono specializzata nella ricerca e studio di resti umani, sono arrivata solo ieri quì ad Urhban ma da quel che vedo dovrò restarci ancora per diverso tempo, lei di cosa si occupa specificatamente signor Darker?" Quella voce aveva un ché di arcano la cui cadenza mi ricordava certe inflessioni tradizionali dell'entroterra, "Sono un esperto di testi antichi e generalmente anch'io lavoro da solo ma a quanto pare stavolta dovremo avvalerci delle nostre reciproche conoscenze per venire a capo di questo mistero". "Sembrerebbe di si.... se comunque lei si occuperà del suo lavoro e mi farà fare il mio non vedo alcun problema, e sono anzi convinta che alla fine la nostra si rivelerà una collaborazione proficua per entrambi". E così fù.
I giorni seguenti lavorammo io sui documenti in Biblioteca e lei sulle mummie nella Chiesa la mattina per poi trovarci al pomeriggio a confrontare le nostre reciproche scoperte per tracciare un resoconto quotidiano, e dopo un primo periodo di diffidenza nei miei confronti con il passare delle settimane il nostro rapporto divenne più stretto e confidenziale tanto che, nonostante l'enorme interesse suscitatomi dallo studio dei manoscritti, la mia mente era costantemente assorbita dal pensiero di rivederla e attendevo con ansia sempre maggiore il momento del nostro incontro pomeridiano; ero attratto in particolare dall'estrema vitalità che un corpo così esile emanava suo malgrado e dal biancore stordente di quella pelle, simile alla porcellana di certe bambole vittoriane, che strideva con il nero pece dei capelli e degli occhi. Anche lei nonostante una radicata ritrosìa a parlare di sé si mostrava molto a suo agio in mia presenza, la vedevo affascinata dalle mie conoscenze esoteriche e spesso rimanevamo a parlare di antichi riti e leggende millenarie narrate in testi dimenticati nel tempo fino a notte inoltrata. Una tale armonia ben presto sfociò in una forte attrazione reciproca e senza neanche accorgercene ci trovammo avvinti da una passione incendiaria; ogni giorno era come vivere in un sogno ad occhi aperti ed io credetti di aver finalmente trovato un'anima affine con la quale poter condividere ogni mia più recondita gioia e paura.
Procedevamo spediti anche nello svolgimento del nostro compito, le carte che stavo analizzando erano di difficile interpretazione tuttavia grazia alla mia abilità etimologica avevano evidenziato l'esistenza di un'antichissima civiltà antecedente quella etrusca, dalla quale poi questi mutuarono una certa assonanza linguistica, che eseguiva una particolare ritualità per consacrare i morti e accompagnarli nella loro futura vita dopo il trapasso; c'erano poi menzionate tutta una serie di formule per agevolare una tale pratica liturgica e a margine di alcuni termini di cui ignoravo totalmente il significato, delle postille in latino che il più delle volte si riferivano a nomi di piante o di elementi chimici ma in qualche caso riportavano la dicitura "non-morto" che avevo già notato al mio ricevimento di alcune delle copie, o il termine francofono "revenant". Giulia dal canto suo in seguito ad un'approfondita analisi sui corpi mummificati era riuscita ad effettuare una loro datazione significativamente precisa che li collocava come vissuti alla fine del XIV° secolo, inoltre era pervenuta alla conclusione che la causa del decesso comune era da attribuirsi ad asfissìa da terra per via della sua presenza in grandi quantità nelle vie respiratorie di ognuno che in pratica stabiliva al di fuori di ogni dubbio che essi fossero stati sepolti vivi! Questo spiegava il ghigno sardonico presente nella loro espressione che altro non era se non il ghigno del terrore e della pazzia di chi è vittima di una morte così atroce ma lasciava irrisolta la questione sulla loro identità nonché le motivazioni e i responsabili di una tale aberrante fine. Secondo Giulia la chiave di tutto era racchiusa in quelle antiche pergamene perciò mi esortava ad impegnarmi nel portare a termine la traduzione chiedendomi di venire immediatamente aggiornata di ogni mio progresso, in particolare la vedevo molto interessata alla parte rituale e ad alcuni termini specifici ed io facevo del mio meglio pur di farle risplendere quella scintilla di eccitazione che le si accendeva negli occhi ogni qual volta riuscivo a svelare nuove parole. Una volta in un momento di intimità seguito a una mia nuova scoperta, si lasciò trasportare da un'euforia estatica e nell'abbandonarsi completamente tra le mie braccia le scorsi dietro la base del collo tre G tatuate che non le avevo mai visto prima nascoste com'erano dalla folta capigliatura, quando le chiesi cosa significassero la sentii irrigidirsi di colpo e mi rispose vaga che era un tatuaggio senza senso con l'iniziale ripetuta del suo nome.
Le settimane scorrevano veloci ed io avevo ormai praticamente terminato di tradurre gli scritti delle pergamene ma nonostante la presenza di Giulia ad allietare le mie giornate ero ossessionato da quei corpi parzialmente conservati e dal loro ghigno che sprigionava un ché di malefico e sentivo che sarei dovuto andare fino in fondo alla verità sulla loro natura, così decisi di intraprendere una ricerca tra le carte dell'Archivio storico cittadino partendo dal periodo a cui le mummie risalivano per scovare delle notizie che potessero in qualche modo essere messe in loro correlazione. Sfortunatamente l'Archivio non aveva un ordine cronologico ed io fui costretto a passare al setaccio tutti gli scaffali per diversi giorni, durante i quali notai che Giulia non si fece più vedere alle nostre riunioni serali ma non me ne rammaricai più di tanto considerando che così non avrei avuto alcuna distrazione seppur piacevole a rallentare la mia ricerca. Al settimo giorno di tentativi andati a vuoto però un senso di scoramento prese a pervadermi, tanto che cominciai a disperare di poter giungere a qualcosa di rilevante; ero ormai sul punto di desistere quando la mia attenzione fù attirata da dei segni tracciati a mano a me molto familiari che spuntavano da sotto un monte di fascicoli ancora da visionare e che riconobbi immediatamente: erano le punte di una stella pentacolare inserita in un cerchio universalmente nota come il simbolo di Satana. Trafelato scansai tutti gli incartamenti che la occultavano ed estrassi la cartella nella cui sommità adesso era ben visibile il famoso marchio diabolico vergato in un inchiostro molto ossidato, chiaro segno di una stesura tutt'altro che recente, sciolsi i laccetti che la chiudevano e all'interno trovai quello che con tanto accanimento avevo cercato.
In una serie di carte datate 1380 si narrava di una congregazione chiamata Confraternita della Buona Morte che a quel tempo operava ad Urhban con lo scopo di provvedere al trasporto e alla sepoltura dei cadaveri, ma che in seguito a degli insoliti accadimenti venne additata come la sola responsabile: sembra infatti che girassero voci su delle strane pratiche che si compievano all'interno della stessa Confraternita e c'era più di qualcuno disposto a giurare di aver visto delle persone che erano morte vagare di notte per le strade della città. Quando le dicerie divennero insistenti un manipolo di uomini tra i più rappresentativi della cittadinanza decisero di compiere una spedizione nella sede della Confraternita atta a far cessare per sempre quelle macabre illazioni ma una volta lì gli eventi presero una piega del tutto inaspettata: nessuno dei partecipanti alla spedizione volle mai dire in seguito quello che videro lì dentro quella notte ma il risultato fù che tutti i membri della Confraternita della Buona Morte vennero tacciati di essere imparentati con il diavolo e pertanto marchiati a fuoco con il 666 che è il numero della Bestia per poi essere uccisi brutalmente e seppelliti in terra sconsacrata, facendovi erigere davanti una Chiesa che fù chiamata dei Morti in memoria di quello sterminio. Le carte terminavano con un monito affinché in futuro non si abbia mai a disturbare il sonno di quei morti lasciando che la suddetta Chiesa faccia da custode in eterno a quelle anime dannate. Scosso dalle rivelazioni di quel racconto iniziai a ragionare sul fatto che finalmente si era riusciti a dare un'identità seppur non nominale a quei defunti ma restava un mistero come abbiano potuto conservarsi per così tanto tempo e che cosa aveva indotto la popolazione locale ad agire con tanta veemenza nei loro riguardi, inoltre sapevamo che essi erano morti in seguito alla loro sepoltura e non prima. Rilessi più volte quel resoconto cercando di comporre un quadro generale di quanto scoperto fino allora ma sentivo che qualcosa mi sfuggiva, c'era un dettaglio che mi girava in testa ma che non riuscivo a mettere a fuoco, se almeno avessi avuto Giulia al mio fianco a supportarmi con la sua presenza, a distendere i miei nervi tesi con quella pelle candida che solo quello strano tatuaggio senza senso violava nella sua purezza come fosse un marchio di...... NO!!! Mio Dio NO!  Non può essere..... Non Lei!  Con le tempie che mi pulsavano e la morte nel cuore uscii in strada e di corsa raggiunsi la Chiesa dei Morti, vi entrai trafelato e superata la porticina mi precipitai nella cripta dove una cosa mi lascio di sasso: le teche dove erano stipate le mummie ora risultavano completamente vuote, con i vetri che le chiudevano totalmente spalancati!
Eppure nonostante ciò sentivo di non esser solo lì dentro, avvertivo come la presenza di qualcuno che mi fissava, così mi voltai e vidi emergere dall'oscurità una spettrale figura avvolta in una vestale bianca che a stento riconobbi essere la giovane donna cui negli ultimi mesi avevo fatto dono del mio cuore. "Che cosa ci fai tu quì?" mi chiese Giulia con un'espressione ostile che non le avevo mai visto prima. "Dove sono finite le mummie? E perchè tu sei vestita in quel modo?" La sua presenza immobile con quella specie di tunica aveva un ché di funebre e minaccioso allo stesso tempo. "Quello che faccio quì dentro non deve riguardarti", In un altro momento questa affermazione mi sarebbe bastata e non avrei chiesto oltre ma non ora, non dopo quanto sapevo; ero stato cieco, obnubilato dall'amore che non mi aveva fatto vedere ciò che era così palesemente sotto i miei occhi, "Che cosa sono quei segni che hai sul collo?" Un lampo le si accese in quelle orbite profonde come laghi oscuri. "Giulia, quelle non sono le iniziali del tuo nome, sono tre 6 marchiati a fuoco che tu hai mascherato con un tatuaggio facendoli diventare tre G..." Un senso di scoramento e di disperazione mi attanagliava mentre lei rimaneva in silenzio a fissarmi, mi sentivo come tradito nel profondo. "Chi sei tu veramente?"
La sua voce come proveniente dall'oltretomba iniziò a parlare. "Non dovevi spingerti così in avanti... Avresti dovuto limitarti a tradurre le pergamene, l'unico lascito di quella nobile e antichissima civiltà cui lo stesso nome è precipitato nell'oblìo del tempo, io le ho cercate per un tempo infinito ma anche adesso che finalmente le avevo trovate non sarei riuscita a decifrarle senza il tuo aiuto, per questo quando ho capito che tu avresti potuto farlo ho sfruttato l'ascendente che avevo su di te per guadagnarmi la tua fiducia". Un turbine vorticoso di pensieri si stava agitando nella mia testa. "Ma  come sapevi dell'esistenza dei manoscritti? E perchè hai quel marchio infame sulla pelle?" Un ghigno malefico le comparve in viso. "Ancora non hai capito? Bene, soddisferò la tua bramosìa di verità che ti ha condotto fino a quì, in un certo senso te lo devo... Tanto tempo fà una setta di alchimisti in fuga da alcune remote zone dell'interno con l'accusa di stregoneria, decise di stanziarsi in quella che all'epoca era Urhban assumendo il nome di Confraternita della Buona Morte allo scopo di provvedere alla sepoltura dei morti ma in realtà per poter accedere ad essi liberamente e proseguire indisturbati i loro esperimenti segreti. Essi infatti erano riusciti a decifrare delle antiche pergamene di cui erano entrati misteriosamente in possesso dove una remota civiltà descriveva dettagliatamente con particolari riti e formule come infondere nuova vita nei defunti iniettando nei loro corpi un preparato alchemico a base di sostanze vegetali e minerali e così dopo numerosi tentativi riuscirono a rianimare un numero limitato di persone morte, solo quelle che avevano una forte motivazione per tornare dall'aldilà, ma quei bifolchi dei locali cominciarono a insospettirsi e in un'azione a sorpresa trovarono i membri della Confraternita assieme ad alcuni dei loro estinti VIVI! Credendo fosse opera di Satana quegli ignoranti sterminarono gli alchimisti e marchiarono a fuoco con il triplo 6 i non-morti, e non potendo ucciderli una seconda volta in quanto già morti, per esser sicuri che non ritornassero più li seppellirono assieme alle pergamene sotto un'enorme quantità di terra e lì rimasero, coscienti giorno dopo giorno per secoli, consumati dalla terra e dai vermi ma non del tutto per via del preparato che scorreva nelle loro vene che li preservò seppur parzialmente. Ed oggi sono riemersi tutti dal loro letto di eterna agonia, tutti tranne uno, l'unico dei non-morti che riuscì a scappare miracolosamente a quella barbarie e che per tutto questo tempo ha cercato la maniera di poter rianimare nuovamente i defunti e vendicarsi così di coloro che lo hanno costretto ad una non-vita solitaria passata a dover nascondere la sua vera natura di mostro e questo simbolo maledetto". A quelle parole la sua mano pallida scostò i lunghi capelli neri e nel chiarore tremolante delle candele apparvero nitidi i tre 6 incisi nella sua pelle.
Un senso di nausea e di vertigine mi colse sul baratro di quell'abisso di orrore che si stava aprendo di fronte a me e nonostante la mia mente si sforzasse di negarlo sentii la mia bocca dire "Ma allora tu sei..... MORTA!!!" Una risata macabra salì dal fondo di quell'abisso riecheggiando nell'angusto spazio della cripta. "Ecco chi è colei che fino ad oggi dicevi di amare e che con tanto trasporto baciavi e possedevi carnalmente.... nient'altro che un morto!"  "Ma tutto ciò non è..... possibile!!!"  "Oh si.... lo è stato tempo fà e grazie a te tornerà ad esserlo di nuovo... E finalmente non sarò più sola! Con quelle formule riporterò in vita un esercito di non-morti, così presto anche tutti voi sperimenterete cosa significa dover trascorrere un'esistenza costantemente nel gelido abbraccio della morte senza poter mai sentire neanche per un momento il calore umano scorrerti nelle vene... I morti sono cattivi perchè sono invidiosi dei vivi!  Uccidetelo!!! Non dovrà mai raccontare a nessuno quello che ha scoperto!"
Di colpo dall'oscurità dietro di lei iniziarono a materializzarsi i corpi tumefatti delle mummie che con dei movimenti innaturali a scatti stavano avanzando verso di me. Rimasi immobile come ipnotizzato dal procedere meccanico di quegli abominevoli simulacri di umanità e quando mi furono davanti e potei vedere l'odio sprigionarsi da quelle orbite vuote e sentire le loro falangi filamentose strisciarmi addosso, l'istinto di sopravvivenza ebbe la meglio costringendomi ad evadere con tutte le mie forze da quella stretta mortale e nel cercare la via di fuga, incrociai per l'ultima volta lo sguardo di colei che col suo fascino macabro mi aveva soggiogato e vidi che non vi era rimasto ormai più nulla di umano dietro a quegli occhi profondi come voragini dall'oltretomba.
Scappai a perdifiato da quella follia delirante cercando di mettere più distanza possibile tra me e quei mostri inumani, feci perdere le mie tracce a tutti rifugiandomi in un posto segreto e lì mi sono nascosto fino ad oggi sperando di poter restare celato alla loro sete di morte ma invano, ormai stanno venendo a prendermi e già mi sembra di sentire lo scricchiolìo delle loro ossa e di scorgere le loro sagome traballanti..........  sono quì............. sono dappertutto............  non toccatemi................  andate viaaaaa.........................................................................  Aaaaaaahhhhhhhhhhh!!!!!!

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