Ho di recente acquistato il nuovo Dizionario dei Film Mereghetti 2014, dopo una lunga attesa, un dizionario che ha accompagnato le mie scoperte cinematografiche e mi ha fatto scoprire moltissimi dei segreti della settima arte prima ancora di scoprire il sito di FilmTv. Ho sempre ammirato il coraggio di certe affermazioni e l'organizzazione delle recensioni e del giudizio, una scala da uno a quattro che ho sempre ritenuto la migliore perché minimale e capace di dare le perfette sfumature di giudizio con i mezzi punti. Dal 2011 poi ha inserito alla fine del volume M-Z i film "a quattro stelle", che ancora non sono riuscito ad esplorare del tutto. E dopo 3 anni in cui ho elaborato dei miei personalissimi giudizi su un cinema che ha sfornato piccoli capolavori e opere tra le più sopravvalutate della storia, ecco che mi ritrovo davanti la grande faccia del recensore, il volto di Redford e Newman in Butch Cassidy e tre enormi volumi blu e arancioni. Li apro con ansia, ho la lista dei film che ho visto di recente perché conservo gelosamente (e in maniera maniacale) i biglietti del cinema. Ma già le prime scoperte sono sgradevoli, abominevoli: mi sono sentito schiaffeggiato di fronte alle imperdonabili cantonate che il recensore ha preso. Ben venga il confronto con recensori e altri, ma vedere tutti insieme distruzioni e valutazioni così affrettate di film grandiosi o sopravvalutati è stato un disagio che mi ha attanagliato e spogliato delle forze vitali. Rimane un'edizione fenomenale (la lista delle quattro stellette è molto più ricca e piena di titoli sconosciuti e molto ghiotti), ma la sensazione finale è stata realmente distruttiva. Ecco i più grandi "errori" (punti di vista diversi, ma pure mal argomentati) che Paolo Mereghetti ha fatto negli ultimi tre anni.
Quattro stellette. Opera indubbiamente riuscita ma assai semplificata dell'opera di Méliès, ricca di rimandi qui appiattiti a favore di un film visivamente splendido ma assai povero all'interno. Ci vuole ben altro per "farci tornare bambini". Sconvolto, mi hanno consolato le quattro stellette ad Amour. Le tre stellette a The Artist però mi hanno ricatapultato nella catalessi.
Due stellette. Contro le tre regalatissime di A Dangerous Method. Spaventosa incomprensione di un film indimenticabile, chiave di lettura di un'epoca incompresa e raffreddata come il nuovo millennio, un enorme passo avanti per Cronenberg. Ma "i dialoghi sono invadenti tanto da primeggiare sulle immagini". Non ha colto, assolutamente no.
Due stellette e mezzo. Il "contro il minimalismo dilagante del cinema italiano" mi ha fatto ridere per mezz'ora. La sciattissima messa in scena di Tornatore (che già aveva accecato Mereghetti nel tre stellette Baarìa) sarebbe qui il percorso per arrivare a una verità scontata ma che non vorremmo ammettere perché grossolana, spaventosamente irritante.
Insieme a Solo Dio perdona una stelletta. L'avevo previsto, ma è assolutamente imperdonabile l'idea di Mereghetti, che siano film estetizzanti, il primo "incapace di far condividere l'eroismo rivoluzionario delle ragazzine", "videoclappato e leccatissimo" (è caduto nella trappola, purtroppo), il secondo "estetizzante" e vuoto. Poi il due e mezzo al simpatico Drive è stata la ciliegina sulla torta.
Con Volker Spengler, Janos Derzsi, Erika Bók, Mihály Kormos, Ricsi
Non sarà gravissimo, ma tre stellette. Per me ovviamente quattro piene. E ha fatto lo stesso "errore" con Faust e Carnage. Non c'è neanche bisogno di un commento. Mi ha rincuorato il tre a Le streghe di Salem.
Uno e mezzo. Uno e mezzo? Sì, uno e mezzo. Forse avrei dovuto pensarlo, per Mereghetti è stato un film solo per mettere alla prova lo stomaco dello spettatore. Il pallino deludente poi per Dream stava per farmi rovinare la copertina del dizionario. Ma lasciamo aperte le porte alle idee degli altri! Manca Pietà, molto strano.
Due. Avrei potuto perdonare il povero due e mezzo per La grande bellezza, ma in questo film di Sorrentino quella che è sfuggita è la straordinaria coerenza e lo splendido respiro che il cinema ha potuto prendersi, con immagini splendide e sottotesti assai potenti. Ma con un tre a The Tree of Life (poco grave) e a Vita di Pi (un po' più grave) siamo tutti più contenti. Sono molte, ovviamente, le belle nuove riflessioni del dizionario, e certamente deve passare più tempo perché possa trovare molte altre chicche e numerose notevoli riflessioni. Ma l'impressione generale, dopo due ore dall'acquisto, è stata che il cinema ha preso strade troppo nuove per recensori delle scorse generazioni (almeno nella maggior parte dei casi, perché fortunatamente non è sempre così), e che fortunatamente, è stato in grado di provocare e lanciare nuovi stimoli alle generazioni più recenti.
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