A dirla tutta vengono un'infinità di idee sulle scenografie più interessanti e a cui più ci si possa affezionare, nei film dell'intera storia. Spesso interessanti di per sé, spesso resi interessanti da una regia sconvolgentemente attenta, sono luoghi che rimangono nella memoria, che avevano una parte fondamentale nella trama dei loro film, che conferiscono quella sensazione di accoglienza e di ostilità che dà tono a un'intera pellicola. Gli spazi dei film sono fondamentali, specie se esplorati in lungo e in largo: ecco perché in questa lista metterò le opere che più si sono concentrate su un dato spazio, più l'hanno sezionato, più l'hanno analizzato. Sarà il caso di numerosissimi drammi da camera, di certi horror, ma anche di film che sono riusciti a dare uniformità agli spazi che magari in continuazione si alternano sullo sfondo, ma che agiscono in prima persona nelle vicende. Sicuramente ne scorderò molti (dagli sfondi equilibratamente caotici di Jacques Tati agli imperi della mente di Fellini e Lynch, da certe grandiose ricostruzioni d'epoca di Senso e Il Gattopardo a città vive o fantasma come le banlieu della Schivata e dell'Odio), ma istintivamente vengono in mente questi qui sotto, se bisogna cercare le più forti sensazioni negli spazi cinematografici.
Come non mettere uno dei capolavori di Billy Wilder, che ha come titolo proprio lo spazio più preso in analisi. Ciò non toglie nulla all'ufficio di Uno due tre!, alle cabine del treno di A qualcuno piace caldo e allo studio giornalistico di Prima pagina, all'aula di tribunale di Tesimone d'accusa, ma resta nella memoria e interviene in maniera fondamentale, un po' come faceva il bar di Irma la dolce.
Quel centro commerciale, il sogno consumistico dell'essere umano, un paradiso di solitudine moderna, ricco di futili tentazioni, inferno dove esplode la violenza più efferata. Ci sono anche la casa de La notte dei morti viventi e il bunker sotterraneo di Il giorno degli zombi, ma in nessuno degli altri film della saga zombesca di Romero il luogo di maggiore importanza non è stato assediato solo dagli zombi, ma da assurdi motociclisti-esseri umani.
Tentazione troppo forte: come non metterlo? L'Overlook Hotel è l'enorme microcosmo dello statuto familiare, destinato al crollo e alla violenza più opprimente. L'estesa claustrofobia delle immagini kubrickiane qui raggiunge proporzioni epiche, stringe ancora più il respiro delle trincee di Orizzonti di gloria, lo spazio di 2001, la città ricostruita del Vietnam di Full Metal Jacket, la giungla di Fear and Desire, la villa di Eyes Wide Shut e il bar di Arancia meccanica.
Sarà strano, ma la casa sempre più in disordine di Der Seibente Kontinent di Haneke mi ha sempre ricordato la casa sempre più in disordine di Possession di Zulawski. Sempre la realtà borghese (con intenti diversi) è entrata in rotta di collisione con una dimensione di maligna irrazionalità, e in Caché i luoghi sono ispiratori della malsanità del voyeurismo, minacciati dall'ignoto, destrutturati a partire dalla loro formale e geometrica regolarità, ancora di più degli spazi sconsolati di Amour, della casa sul lago di Funny Games e dalla camera in cui viene rinchiusa Juliette Binoche (per finta) in Code Inconnu. Haneke conosce gli spazi, li fa suoi, li riempie di inspiegabile terrore.
Con Silvia Pinal, Enrique Rambal, Jacqueline Andère, Claudio Brook
Dietro la casa di Un chien andalou, la festa de L'age d'or, la casa del Fascino discreto della borghesia e il gigantesco salone dell' Angelo sterminatore Bunuel ha sempre creato ulteriori labirinti, che complicavano la normale sprezzante semplicità, ha sempre nascosto e al contempo mostrato, ha sempre sottinteso e dichiarato esplicitamente, la volontà dell'essere umano è strozzata dall'essere umano stesso. Lo sapranno in tanti, come Polanski in Carnage.
Polanski trova nei luoghi la ragione della follia dell'uomo. La piccolezza della barca del Coltello nell'acqua, puntino nell'immensità del mare, era il fulcro delle tensioni relazionali; l'apocalittica villa di Cul-de-sac cingeva i personaggi di un disperato grottesco; la casa di Repulsion costringeva Catherine Deneuve a sregolate follie; l'appartamento di Rosemary's Baby celava le sue insidie sia dentro che fuori; il salone della Morte e la fanciulla era un luogo di tortura; la casa strettissima dell'appartamento di Polanski nell' Inquilino del terzo piano è confusione, sdoppiamento, paranoia.
Quasi un set teatrale, la tensione "è" la finestra, il pianoforte, la libreria, il divano, la poltrona, l'ingresso, la cassapanca..furore filmico eguagliato dalla doccia di Psyco, dal campanile di Vertigo e dagli appartamenti di La finestra di fronte. Sconvolgenti spazi regolari e maledetti.
Non ci sono nick associati al tuo profilo Facebook, ma c'è un nick con lo stesso indirizzo email: abbiamo mandato un memo con i dati per fare login. Puoi collegare il tuo nick FilmTv.it col profilo Facebook dalla tua home page personale.
Non ci sono nick associati al tuo profilo Facebook? Vuoi registrarti ora? Ci vorranno pochi istanti. Ok
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta