Richard Matheson è morto il 23 giugno 2013. Nato a Allendale, 20 febbraio 1926 è stato uno dei più grandi scrittori di fantascienza di tutti i tempi e sceneggiatore di film che sono diventati veri e propri cult. Stava a distanza eguale dall’ipertecnologia siderale di Asimov, come dalla fantasia pop dei marziani di Bradbury, benché nel 1980 avesse sceneggiato la trasposizione cinematografica del libro più famoso, Cronache marziane, dell’amico Ray. Incrociava lo sguardo con l’abisso dell’orrore ma si aggrappava ad una solida ironia che lo faceva rendere sempre credibile, leggero nei toni e profondo nel messaggio.
Autore di 26 romanzi ma anche di oltre un centinaio di racconti. Matheson ha contribuito a dare piena dignità al racconto o al romanzo breve, sempre visto come anticamera di qualcosa di più vasto e dotato di minore nobiltà rispetto al romanzo. In realtà è nella novella che lo scrittore ha condensato la sua arte visionaria nel suo stile essenziale e pulito. Ed è proprio nei romanzi brevi o novelle che Matheson ha costruito il proprio mito puntellandolo con tre capolavori divenuti per le caratteristiche universali che li compongono, archetipi del racconto fantastico che hanno dato vita a centinaia di epigoni.
Io sono leggenda (1954) ripescando un’idea di quando appena 17 enne aveva assistito al film Dracula. Ovvero come si crea un mito partendo da una pestilenza che trasforma l’umanità in vampiri e l’unico umano testimone vivente della sua trasformazione in mostro. Un capolavoro intramontabile. Tre millimetri al giorno (1956) Un uomo rimpicciolisce fino a scomparire alla vista degli uomini ma rimane , nella sua statura sub atomica un essere vivente inserito in un panteistico disegno naturale. Splendida e commovente apertura ad un sentimento laico di sopravvivenza in cui l’immensamente grande e l’immensamente piccolo coincidono. Io sono Helen Driscoll (1958) Matheson crea il fantasma che comunica con un recettore più sensibile degli altri. Il racconto ha la capacità di infondere reale paura , un classico del racconto di spiriti fuori da ogni simbologia gotica.
Ciò che ha sempre connotato l’opera di Matheson è che senza essere uno scienziato e quindi senza agganciarsi a teorie scientifiche, non ha mai delegato la straordinarietà degli eventi descritti nei suoi romanzi ad un fato o ad una bizzarria inspiegabile o ad una natura delle cose dalla statura favolistica, piuttosto ha sempre cercato di spiegare quanto più razionalmente possibile le trasformazioni e i prodigi in modo da dare al lettore una chiave di lettura contemporanea e comprensibile, coniugando l’incredibile con il possibile, compatibilmente al contesto storico nel quale questa chiave di lettura veniva formulata. Questo ha sempre permesso di trovare uno spunto di riflessione sulla società del tempo (la paura atomica, il progresso della tecnologia e suoi effetti sull’uomo, la trasformazione della società ecc.) dal punto di vista critico e etico, senza esacerbarne la morale in contesti propagandistici come la classica fantascienza anni 50, il cui pericolo maggiore era l’altro capo del mondo, l’ URSS sui cui veniva adagiata ogni metafora fantastica possibile.
Matheson non lasciava mai l’essere umano solo in balia delle sue paure. L’ immaginazione fervida partoriva fenomeni stupefacenti e la razionalità le riportava ad un livello per cui l’uomo, con la conoscenza, poteva sicuramente avere almeno una chance per imporsi su di essi, o almeno comprendere la natura e lo stato delle cose al di là del ristretto spettro di percezioni verso le quali egli si limita a regolare il proprio mondo. Le percezioni con Richard Matheson venivano amplificate, la meraviglia compresa, la paura esorcizzata. Credo che fosse per questa concezione umanistica della fantascienza che Matheson sia stato così amato e tenuto così in alta considerazione anche dalla macchina dei sogni, il cinema.
Si ricordano gli episodi de Ai confini della realtà (Twilight Zone) e il più famoso dei racconti Incubo a 20.000 piedi – il cui titolo è anche quello di una raccolta italiana (Incubo a 6000 metri) dei suoi racconti editi da Fanucci – nel quale un tizio su un aereo si accorge che seduto sull’ala un fantomatico personaggio sta sabotando l’aereo in volo. I film tratti dai suoi capolavori di cui sopra, Radiazione Bx distruzione uomo (1957) di Jack Arnold; nel 1964 adatta I ‘m legend per l’italiano L'ultimo uomo della Terra (The Last Man on Earth) di Ubaldo Ragona, girato con due soldi nel quartiere romano dell’EUR in un folgorante bianco e nero e con Vincent Price in stato di grazia.; nel 1971 Duel per l’esordio del grande narratore Steven Spielberg al lungometraggio e poi 1975:Occhi bianchi sul pianeta terra di Boris Sagal con Charlton Heston.
Ma è proprio con Vincent Price e Roger Corman che mi piace ricordare l’opera di sceneggiatura di Richard Matheson per i film tratti da i racconti di Edgar Allan Poe che fecero la fortuna della AIP negli anni sessanta. Ed è forse proprio per quella sua capacità di estrarre l’umanità dal contesto fantastico, impastato al gusto per lo spettacolo e l’ironia che stemperava le sue opere che permise a Price, il grande istrione , attore meraviglioso , capace di infondere nella stessa battuta drammaticità e ironia, insieme all’urgenza visionaria e ludica della messa in scena di Corman , di creare le più fedeli e felici trasposizioni dell’opera del grande scrittore di Baltimora.
Il ciclo di Poe di Roger Corman iniziò con la collaborazione di Matheson per il capolavoro I vivi e i morti (The House of Usher, 1960) e proseguì con Il pozzo e il pendolo (1961); I racconti del terrore (1962) perfetto mix di horror e comicità che contiene sequenze immortali come la gara enologa fra lo snob Vincent Price e l'ubriacone Peter Lorre ; I maghi del terrore (1963). In questi film la poesia decadente di EA Poe è fotografata dai colori acidi della dissoluzione, sferzata da un irridente senso dello sberleffo , ricondotta ad un umanissimo, ridicolo esorcizzare la morte in ogni sua forma. Mai un autore è stato rappresentato sullo schermo nel suo intimo sentire come nei film di Roger Corman dedicato a Poe e ridotti – è il caso di dirlo, visto la complicazione di ricavare un minutaggio accettabile da opere letterarie anche di poche pagine – in sceneggiatura da Richard Matheson. Omaggio tra scrittori divisi dal tempo ma non dal talento, l’essenza dell’anima di Poe fu estrapolata dalla capacità di comprendere l’uomo alle prese coi prodigi tipici di Matheson, e per questo fu reso immortale.
Le ultime opere cinematografiche di rilievo tratte dai racconti di Richard Matheson sono Echi mortali (1999) David Koepp con Kevin Bacon tratto dalla novella Io sono Helen Driscoll; Io sono leggenda (2007) di Francis Lawrence con Will Smith e The Box (2009) di Richard Kelly con Cameron Diaz tratto dal racconto Button Button), scritto per la seconda serie di Ai confini della realtà.
Duello sotto il sole. L’uomo contro la macchina disumana e il terrore dell’ignoto raffigurato come un’enorme autobotte assassina. Le cose più spaventose sono sempre le più semplici. Il miglior Spielberg?
Charlton Heston non diventà leggenda in questo film. Più post apocalittico e distopico che film sull’assedio, il film di Boris Sagal mostra tutti i limiti di un manico moscio. Peccato.
Ubaldo Ragona riprende le linee essenziali dell’EUR di Roma e le brucia in un calor bianco evocativo. L’essenzialità del racconto e il suo stile visionario sono quelli che si adattano meglio alla scrittura di Matheson, Vincent Price è già una leggenda e trasferisce al film il proprio carisma.
Button Button il racconto originale. Premi il bottone, qualcuno muore e tu intaschi un milione di dollari . Ma c’è il trucco, oh se c’è. Il film con un ottimo Frank Langella deturpato in viso regge per tre quarti e poi si affloscia.
Con Grant Williams, Randy Stuart, April Kent, Paul Langton
Eterno. Meraviglioso film di fantascienza di Jack Arnold capace di ricreare un universo in una cantina. Poesia allo stato puro la storia dell’uomo che rimpicciolisce sempre di più e cerca un senso alla propria esistenza. Senza dimenticare l’aspetto avventuroso, gli effetti speciali per l’epoca straordinari, e la battaglia con il ragno vero caposaldo del cinema fantastico.
Il serial killer della fantascienza d’autore mette le mani sull’ennesimo capolavoro e lo storpia senza ritegno, ci smorfietta sopra, lo banalizza come un videogioco di seconda fascia e soprattutto il criminale ne ribalta totalmente il senso finale. La sostituzione di una mitologia con un’altra più facile , comprensibile e controllabile è alla base dei totalitarismi alla 1984 di Orwell. Quello che sta facendo Hollywood con il cinema fantastico.
Non ci sono nick associati al tuo profilo Facebook, ma c'è un nick con lo stesso indirizzo email: abbiamo mandato un memo con i dati per fare login. Puoi collegare il tuo nick FilmTv.it col profilo Facebook dalla tua home page personale.
Non ci sono nick associati al tuo profilo Facebook? Vuoi registrarti ora? Ci vorranno pochi istanti. Ok
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta